Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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venerdì 22 dicembre 2017

F. P. Frontini e il cinema





Non tutti sanno che, il Maestro Frontini, curò e diresse l'accompagnamento musicale di vari film italiani.
Ne citiamo due: I promessi sposi del 1922 e La congiura di San Marco 1924.

   

> I Promessi Sposi kolossal...

I Promessi Sposi kolossal ritrovato cent'anni dopo

CONVOLANO a nozze i Renzo e Lucia di quasi cent'anni fa, in un kolossal del nostro cinema muto che si credeva perduto e ora, fresco di restauro in digitale, torna sul grande schermo. Succede stasera all'Oberdan dove la Cineteca presenta i ritrovati
Promessi sposi di Mario Bonnard, anno 1922. (...)


I promessi sposi (1922)

Il romanzo storico di Alessandro Manzoni I promessi sposi
 ( I promessi sposi ), pubblicato per la prima volta nel 1817, è uno dei 
romanzi più famosi e più letti della lingua italiana. È stato più volte 
adattato per il cinema in Italia. Nella quinta versione del film muto, 
I promessi sposi (Mario Bonnard, 1922), Emilia Vidali interpretava 
la protagonista femminile di Lucia, Domenico Serra interpretava 
il suo amato Renzo e Mario Parpagnoli era il cattivo don Rodrigo. 
Cartolina italiana di G. Vettori, Bologna, n. 181. Foto: UCI Emilia Vidali 
in I promessi sposi / I Bethrothed (Mario Bonnard, 1922). 
Cartolina italiana di G. Vettori, Bologna. Foto: UCI  Emilia Vidali  
in I promessi sposi / The Bethrothed (...)

***



* F. La Magna, L'uomo che inventò il cinema sonoro, "La Sicilia" CT 17.maggio 2015  

* Opere di Francesco Paolo Frontini (qui)


giovedì 5 ottobre 2017

"Gloria" Ouverture di Francesco Paolo Frontini. / Riduz.di T. Ishimura / Tokyo






"Gloria" Ouverture di Francesco Paolo Frontini. / Riduz.di T. Ishimura Ensemble Bianca Fiori 25th Regular Concert 2016.7.24 / Dai-ichi Seimei Hall, Tokyo, Japan Shooted by guitar no jikan http://biancafiori.com/ https://www.facebook.com/biancafioriweb




Gloria ouverture per orchestra







venerdì 26 maggio 2017

"DI UNA NUOVA RACCOLTA DI MELODIE POPOLARI SICILIANE" Eco della Sicilia 1883



                                 Mio caro Frontini,



Son degli anni parecchi che io, intrattenendomi con voi di canti popolari, vi esprimevo il desiderio che voi stesso, così profondo negli studi musicali come valente ne' letterari, vi applicaste a trascrivere quelle tra le melodie siciliane che per la loro grazia meritassero di veder la luce.
Le Melodie popolari siciliane che io misi in calce al II, volume de' miei Canti popolari siciliani mi avevano sempre più persuaso che molte di esse sono preziose e per l'arte musicale e per quella scienza che oggi tutti conosciamo col titolo inglese di Folk-Lore. Vedete, dunque, con che piacere abbia io accolta la notizia dell'incarico affidatovi dalla benemerita Casa Ricordi, di preparare la Raccolta, che ora fortunatamente pubblicate, e di cui avete avuto la gentile premura di farmi vedere le ultime prove di stampa. (• Questo scritto doveva precedere l'Eco della Sicilia; Cinquanta Canti po-polari siciliani con interpretazione italiana raccolti e trascritti da F. PAOLO Frontini. R. Stabilimento Ricordi. Milano [settembre, 1883). In-4*, pp. 148; ma non giunse in tempo, e perciò viene qui pubblicato come introduzione e complemento dì quel libro).

Le cinquanta melodie di questa Raccolta sono, per lo più , scelte con giudizio, e trascritte con la fedeltà voluta in così fatti lavori. Tutte meritano la qualificazione generale di siciliane, perché son nostre e perché l'elemento orientale dell'Isola non prevale nè sopraffa in esse 1' elemento meridionale ed occidentale. L'aver voi arricchito delle più caratteristiche tra le suddette mie cantilene la vostra raccolta, fa si che essa rappresenti non solo il canto etneo e messinese, ma anche il trapanese ed il palermitano, che son tanta parte della Sicilia.
Capite bene, egregio maestro, che io parlo non di quella melodia che nacque ieri, ed è l'espressione più o meno felice di un uomo, che con la grazia della sua ben trovata nota seppe scendere nell'animo del popolo; ma bensì del canto veramente tradizionale, della melodia qualche volta aritmica, e non di rado indocile d'un ritmo esatto e ben figurato, con la quale s'accompagna la ottava siciliana a rime alterne detta canzuna, e quegli stornelli, che volgarmente s' appellano ciuri, (fiori); tipi veri del nostro canto popolare. I nn. 9, 13, 20, 27, 28, 31, 32, cioè Mi vótu ' e mi rivótu suspirannu; Mamma, nun mi mannati all'àcqna sula; Amici, amici, chi 'n Palermu jiti; Giustizia, giustizia, mè signuri ! Cori, curuzzu: Amuri, amuri,chi m'ha' fattu  fari,'Nta sta vanedda, sono esempi genuini delle nostre cantilene; checchè possa esservisi intruso o commisto. Ed è a notare che anche i vari mestieri vi hanno la parte loro, i carrettieri, i campagnuoli, i fornai, le tessitrici. 
Sarebbe non pur curioso ma anche utile il ricercare , ciò che non potrebbe aver luogo in queste poche e fugaci linee, se e fin dove si estendano nel mezzogiorno d'Italia gli echi di queste cantilene, perchè io dubito non se n'abbia a riscontrare qualcuna nella vicina Calabria.
Certo è, però, che le nostre canzoni hanno un carattere speciale che si allontana dalle napolitane stesse.
La melodia della canzone ad ottava è, per avventura, la più divulgata e, vorrei dire, la melodia indigena del nostro popolino. Ma essa non trova sempre e dappertutto il favore di cui in certi luoghi ed occasioni gode l'aria o arietta. Là dove l'amante creda la canzone roba troppo antica, o non efficace abbastanza perchè faccia intendere alla sua bella che egli si spira per lei, l'aria è il canto preferito. Ed eccolo :

Pri tia diliru e spasimu
Cridimì, armuzza mia :
Riduttu su' fantasima,
Bedda, p'amari a tia.

La notti, o sia lu jornu,
Sempri pinsannu a tia,
Giru limura 'ntornu,
Bedda, p'amari a tia !

La canzone non ha i titoli di nobiltà dell' aria, e quando si vuol riuscire a qualche cosa di buono non si rinunzia alla attrattiva di tenere un notturno o una serenata d' amore, nella quale i migliori canti sieno di arie. La ragione di questa preferenza è tutta nel componimento, fattura non ispontanea di persone di lettere o mezzo letterate, le quali disdegnano la canzone come troppo umile a celebrar l'amore e le varie sue vicende. Novanta su cento arie riconoscono quindi un'origine meno modesta, meno oscura delle canzoni; e voi, caro Frontini, sapete che tra le arie popolari dell'Isola vi sono anacreontiche scritte dal celebre ab. Giovanni Meli, e messe in musica dal compianto vostro concittadino Giovanni Pacini, l'uno e l'altro imitati da una schiera di giovani poeti e di maestri siciliani.
Non occorre aver molte conoscenze d'armonia per vedere che dove la melodia delle arie e delle canzonette corre libera del  fren de l'arte » e dei legami di una successione armonica, abbandonandosi solo al sentimento che la ispira, essa e espressione genuina di popolo. Il cantore che ignora le regole dell'armonia, con due o tre accordi di chitarra o di sistro, o di scacciapensieri, o di piffero, secondo che si canti in città o in campagna, scioglie tutte le questioni d'arte e di scienza(Saggi di melodie pop. romane di A. PaRISOTTI, nella rivista di Letter. pop., fasc.III.  p.   190.).  A questa non volgare origine ed al carattere stesso delle melodie che arie rivestono, io non son lontano dell'attribuire la modernità e la limitata popolarità di queste melodie medesime, le più antiche tra le quali non saprei riportare  di la dagli ultimi del secolo passato; ed antiche, relativamente parlando, sono per me quelle dei nn. 1,  3, 5, 7,  15,  34 ecc.  La Rosa; La Ficu; l'amanti cunfissuri; La figghia di lu massaru; Pri tia diliru e spàsimu; 'Bedda mia, lu tempu vinni ecc.   Ed intanto , notate  differenza di gusti e di giudizi ! più la melodia è antica, e più per un cultore di tradizioni popolari è pregevole come cimelio d'arte o come documento dello spirito umano; più la melodia e le parole di essa sono moderne o recenti, e più sono gradite a' cantatori ed a' dilettanti di chitarra, di sistro, di scaccia pensieri, amanti di novità.
Io non so da chi, dove e quando sieno nate quelle che nella vostra Raccolta portano i titoli: Lu 'ngui; Ciccina e D. Cocò; Cum-mari Nina; Sunnu li fimmini; Cu la chitarra, e che formano i numeri  14, 19, 30, 37, 44, ecc. ma io le credo, e forse non m'inganno, recentissime; anzi la 39, Sunnu li fimmini, è una imitazione d'una non originale poesia dell'aretino Antonio Guadagnoli, dove son questi versi di satira, (cito di memoria):
In fin le femmine,                                                         
O belle o brutte, 
O vecchie o giovani,
Mi piaccion tutte;

e nella vostra questi altri versi:

O bianchi o niuri, 
O pallidetti,
Si sù brunetti
Pincunu cchiù.

La  17" da voi trascritta dalla bocca del popolo:

O bedda Nici,
Scuma di zuccaru,
E chi ti fici
Ca 'un m'ami cchiù ?

poesia, come sapete, del Meli, è composizione di A. Romano, col cui nome venne anche pubblicata o ripubblicata dall'editore signor Salafia nella Raccolta di Canzoni siciliane in chiave e voci diverse, con accompagnamento di pianoforte di diversi autori. La 40" dello stesso Meli, Lu Labbru;

Dimmi dimmi, apuzza nica, 
Unni vai cussi matinu? 
Nun cc'è cima chi arrussica 
Di lu munti a nui vicinu.

cosi cara, così dolce a tutti noi, è si del Pacini, come voi notate; ma gioverebbe vedere perchè altra ben diversa ne corra dello stesso maestro pubblicata prima d'ora nella cennata raccolta del
Salafia. Scrissi: davvero il Pacini l'una e l'altra ? ovvero ne scrisse, come io credo, una sola? E se così è, quale delle due è del Pacini?

L'elemento satirico è quello che più dà a divedere l'arte si del poeta e si dell'autore della musica, se pure versi e musica non sono d'una stessa persona.  Ma !a satira non è la più felice tra le composizioni popolaresche siciliane, perchè è quasi sempre occasionale, e, cessate le ragioni per le quali fu fatta, cessa la sua esistenza.   Sono soltanto le composizioni d'amore che trovano eco nell'animo di tutti e, come espressione d'un sentimento comune, hanno lunga vita in ogni tempo e in ogni luogo.

Per lo studio delle melodie popolari gioverebbe vedere se nelle cinquanta canzoni di questa Raccolta ve ne siano di non siciliane. Mi pare che qualche nota del Continente sia nel n. 46. Mi pozzu maritari, che richiama ad una canzone simile dell'Italia meridionale, e nel n. 45 di Messina, Catarina, Catarinella, che mi fa ricordare di una maliziosa canzonetta palermitana, da me ripetutamente udita quand'ero fanciullo, nella quale un calzolaio va a provar la scarpina nuova ad una sua cliente, con quel che segue...: ragione di velleità pornografiche, che io allora non capivo.
È risaputo, del resto, che molte delle canzoni nuove, le più vivaci, le più allegre ci vengono di fuori.senza nulla detrarre alla produzione naturale della Sicilia, e fanno il giro di tutta l'isola rimanendovi per degli anni nella forma originaria delle parole, riconoscibili sempre sono le mentite spoglie dialettali assunte saltellando di bocca in bocca siciliana. Ma sono canzoni d'amore, nè entrano mai, o rare volte entrano, a rallegrare le malinconiche serenate dei nostri contadini e dei nostri popolani, né restano lungamente nel repertorio del canzoniere siciliano.

Un'ultima parola e basta.

A voi che con tanta intelligenza vi siete occupato di musica popolare, non sarà sfuggita un'osservazione d'un certo significato. Fra le canzoni che nascono in città e quelle della campagna qualche differenza corre; nelle une prevale la tonalità minore, e non maggiore, come parve ad alcuno; nelle altre ha base la tonalità maggiore, e si cantano a coro. Se non che, la tonalità non ha regola fissa, cambiando a seconda di quello che deve esprimere; ma il minore campeggia sul maggiore, almeno per quel che è dato vedere su questi saggi. Quali ragioni psichiche e forse anche etniche concorrano a questi fatti, io non sono in grado di giudicare per ora; ed e a desiderare che qualche valente ingegno, intendente molto di arte musicale e di studi demografici, vi si applichi con intelligenza ed amore.

Tornando alla vostra pubblicazione, lasciate, caro Frontini, che io mi rallegri con voi, ed abbiatemi con affetto di stima Palermo, 26 settembre 1883.
Tutto vostro G. PITRÈ.





domenica 2 aprile 2017

PITRÈ, LA MUSICA POPOLARE E IL CARTEGGIO INEDITO COL MAESTRO F. P. FRONTINI





Nell'autunno del 1883 il giovanissimo Maestro catanese Francesco Paolo Frontini assolveva l'incarico, avuto un anno prima dalla Casa musicale Ricordi, di preparare una raccolta di melodie popolari siciliane.
La raccolta, formata di cinquanta canti corredati di « interpretazione » italiana, uscì col titolo Echi della Sicilia e recò dedica di « affetto e riconoscenza » « all'Illustre Professore Cav. Giuseppe Pitrè », cui, difatti, l'autore, dando inizio al lavoro, si era manifestato bisognoso di consiglio e di aiuto:  « Mi troverei in un mare di confusione — aveva scritto da Catania il 4 ottobre 1882 — s'Ella col suo più che valevole appoggio non volesse aiutarmi ».
Per spiegarci il coraggio, la confidenza sia pure rispettosa, onde il Frontini si rivolgeva a studioso celebre qual era già il Pitrè, dobbiamo ricordare ch'egli lo aveva avuto professore di lettere nel Collegio di musica — oggi diciamo Conservatorio — della capitale siciliana, presso il quale aveva compiuto i suoi studi. Di recente poi si erano incontrati a Catania dove il Pitrè era stato in visita con la moglie.  La preghiera di aiuto non era rimasta nel generico, anzi, in quella stessa prima lettera, si era concretata in richieste precise: al Frontini occorreva da una parte il seguito di alquante arie, di cui con le melodie aveva trovato il testo della sola prima strofe nella raccolta dei Canti siciliani, dall'altra l'intero testo di canti di cui aveva trascritto personalmente la musica. 
I problemi, però, come suole, si moltiplicarono, nascendo si può dire l'uno dall'altro, cosicché, non appena il Pitrè (sul momento impedito da motivi di salute) potè rispondergli, soddisfarlo in quanto possibile nelle richieste, assicurarlo della sua volontà di cooperare, il dialogo epistolare fra i due studiosi divenne così ricco e, in particolare da parte del Frontini, così frequente, da apparirci oggi fonte di vivo interesse per la storia retrospettiva degli studi di musica popolare in Sicilia, come pure per la ricostruzione del ruolo avuto in essi dai personaggi di cui ci occupiamo.

Diciamo intanto che il carteggio, nello stato in cui è giunto a noi posteri, è, purtroppo incompleto, come prova l'assenza di lettere esplicitamente ricordate in quelle possedute. Serba, tuttavia, il meglio e l'essenziale e questo può mitigare il rammarico di ciò che è andato perduto o disperso.
Le lettere del Frontini, in numero di 22, vanno dal 4 ottobre 1882 al 1° ottobre 1891 e sono custodite nella Biblioteca del Museo Etnografico « Pitrè » alla Favorita di Palermo; quelle del Pitrè, 9 soltanto (e tra esse alcune sono cartoline), vanno dal 6 novembre 1882
al 2 gennaio 1915 e fanno parte dei carteggi del Maestro Frontini posseduti dai figli a Catania.
Il Pitrè, felice di vedere che l'antico discepolo si fosse accinto a fare ciò che « tante volte (ve ne ricordate? ) » aveva raccomandato nelle conversazioni letterarie al Collegio palermitano, rispondeva ai vari quesiti. Pel caso prospettatogli, di una melodia di canzone ad ottava mancante del testo, suggeriva di supplire con quella di altra ottava: « la melodia è una per mille »; si dichiarava in grado di fornire qualche altra aria popolare, « ma — chiariva con semplicità — io non so scrivere le note » e le sole parole non avrebbero gran che interesse. 
Con calore consigliava di non occuparsi della romanza Supra 'na navicella, ch'era un'imperfetta importazione estera, ossia di voler dare « una raccolta di arie genuinamente siciliane, caratteristiche ». Questo il contenuto della prima lettera del 6 novembre 1882. A giro di posta, l'8 novembre, ringraziando vivamente, il giovane Maestro motivava la sua insistenza nel desiderare altre strofe dei canti di cui possedeva le melodie con le esigenze del « canto in sala », il quale, se di brevissima durata, delude; consentiva in pieno nella necessità di pubblicare « vere arie e canzoni popolari siciliane » e pertanto chiedeva ansiosamente se le canzoni da lui raccolte fossero « siciliane o sicilianizzate », infine sollecitava consigli.
Purtroppo noi non potremo commentare qui, una per una le lettere; diremo che il lavoro del Frontini, febbrile come fu, giunse piuttosto rapidamente alla fine. Al termine del gennaio 1883 egli inviò al Ricordi le prime venti canzoni raccolte, alla metà di febbraio ne mandò delle altre raggiungendo il numero di trenta ( tutte, sperava, genuine siciliane) e, pur desideroso di poterne raccogliere altre ancora, giudicò venuto il momento di procurarsi un autorevole presentatore. E chi più autorevole del Pitrè?
Senza esitare, misurando i « vantaggi immensi » che gli avrebbe arrecato la condiscendenza di colui al quale si rivolgeva, lo pregò « caldamente » di volere scrivere « due parole di prefazione ad essi canti » allo scopo di rendere interessante la « piccola raccolta », di farle « acquistare un merito » che — diceva con sincera modestia — pel momento non aveva. 
L'indugio della risposta non lo disarmò. Recatosi a Milano ai primi di maggio di quell'anno 1883 per seguire da vicino il lavoro di composizione tipografica e di correzione delle bozze, il giorno 6 replicava la preghiera accompagnandola con quella di volere accettare la dedica che si era permesso di fargli dell'opera.
Perchè, vien fatto di chiedersi, tanto ritardo da parte del Pitrè?



In verità il Frontini gli aveva chiesto due parole di prefazione, ma il Pitrè non era uomo da prendere la cosa alla lettera, stendendo qualche riga affrettatamente. Onde quando scrisse giustificando il ritardo e mostrandosi ben disposto ad accogliere l'istanza del suo giovane amico, la prima cosa che fece fu quella di chiedere dilucidazioni su ciò che la prefazione avrebbe dovuto contenere o forse sul modo della sua impostazione; ci esprimiamo dubitativamente perchè la cartolina che avrebbe dato il testo genuino, manca e della sua esistenza e contenuto desumiamo notizia dalla risposta del Frontini in data Milano 20 maggio.
Da questa risposta comincia una fase nuova, forse la più importante, del carteggio in esame per la quale ci troviamo anche più sensibilmente a contatto di due competenze distinte che collaborano sentendo indispensabile questa collaborazione, determinandone il raggio.
A volta di corriere il Frontini precisava non essere necessario entrare a parlare minutamente di ogni canzone, di ogni cantilena, di ogni melodia, lavoro lunghissimo; bastava « far rilevare che le nostre canzoni hanno « un carattere speciale che si allontana dal lombardo e « dal napolitano, mentre si avvicina moltissimo allo spagnuolo e all'arabo, e come infatti in Mineo si cantano « delle cantilene che in origine sono arabe, e che io — « diceva — ho poste nella raccolta ».
Proseguiva dissertando da tecnico sulla differenza di tonalità che passa fra le canzoni che nascono in città e quelle delle campagne. « Nelle prime predomina la « tonalità minore, (e non la maggiore per come taluno « ha voluto dire », forse per l'influenza del clima o delle « vicende politiche, e sono per lo più canzoni erotiche e « satiriche, mentre nelle seconde ha quasi base la tonalità maggiore, fatte poche eccezioni, e si cantano in « coro ». 
Faceva però notare che « la tonalità, nelle nostre canzoni [e qui non è chiaro se « nostre » equivalga a « siciliane » oppure si riferisca alle canzoni raccolte], non ha una regola fissa, cambia a secondo di « quello che debba esprimere, ma il minore campeggia « sul maggiore, almeno da quanto ho potuto vedere ».
Faceva successivamente notare che poesie e musiche di autore comprese nella raccolta erano bensì di autore, ma dal popolo erano state fatte proprie; suggeriva di avvertire il lettore che se nella raccolta avesse mai rilevato la presenza di qualche canto sicilianizzato ( ossia non proprio siciliano ), la colpa non era tutta di chi aveva raccolto: « i veneziani cantano la Ciccuzza di Napoli, « i lombardi il Mastru Raffaele, i romani la Rondinella amabile dei lombardi; intendo che la musica è l'istessa, « ma le parole sono cambiate ».
Infine accennava all'interpretazione, alla traduzione cioè in italiano delle cinquanta canzoni pubblicate, traduzione — spiegava — voluta dall'editore « per avere maggiore sviluppo nella vendita ». Mostrando bella sensibilità in materia, diceva a proposito di essa: « comprendo benissimo che perdono molto di quella poesia « caratteristica, di quei vocaboli che racchiudono centomila parole, ma lo scopo è di far conoscere la musica, « e poi, posso assicurarle che la traduzione non è maluccia ».  Tale sua assicurazione cadde nel vuoto. Allorché nei primi di luglio, essendo egli sempre a Milano, ebbe alfine dal tipografo le prime prove di stampa della raccolta e si affrettò, il 7 luglio, a spedirle al Pitrè pregandolo: di correggere quanto di erroneo avesse trovato nella grafia siciliana, di comunicargli le sue impressioni sulla musica e sulla traduzione italiana, di mandargli il testo della prefazione; una cartolina di risposta lo mise in grave inquietudine. L'impareggiabile intenditore di poesia popolare siciliana e sincerissimo amico, preannunziava sì, una prefazione sotto forma di lettera, prometteva un articolo che sarebbe comparso nell'« Archivio delle tradizioni popolari », ma nella maniera più esplicita si mostrava scontento della « interpretazione » per la quale usava addirittura l'epiteto di scellerata. Tutto ciò si deduce dalla risposta (28 luglio) del Frontini, datata da Catania: la cartolina del Pitrè (che oggi manca nel carteggio) gli fu rinviata colà, essendo giunta a Milano quando egli ne era già partito. In quella risposta il Frontini si affrettava a manifestare la sua costernazione, a richiamarsi di nuovo al fatto che la raccolta doveva essenzialmente servire a far conoscere la musica delle canzoni siciliane, soprattutto a scongiurare di non far parola dell'« interpretazione » nè nella lettera-prefazione nè nell'articolo ideato per l'« Archivio », senza di che grave sarebbe stato il danno suo e dell'editore.
Dalle lettere successive di agosto e settembre — ce ne sono rimaste tre del Frontini, una del Pitrè — ricaviamo che sull'argomento la discussione continuò incalzante. Il Frontini (lettera del 1° agosto) si indusse a confessare che le traduzioni appartenevano non a lui raccoglitore, bensì a « diversi giovani suoi amici » i quali godevano della stima del paese; che a lui in principio di carriera, premeva serbare la stima del Ricordi, acquistata con le fatiche del « povero suo giovane ingegno »; a ribadire che la raccolta non doveva essere considerata cosa letteraria, nata com'era per fare conoscere le melodie.
« Ripeto — diceva — che la interpretazione ai canti popolari è un pretesto, direi quasi una polvere gettata « negli occhi per fare invogliare le persone a comperare la raccolta. È mia idea che tutti coloro per i quali « il dialetto siciliano è lingua araba, poco si cureranno « se l'interpretazione è orribile, è scellerata — prova ne « sia la raccolta dei canti napoletani che hanno avuto « un'accoglienza festosa — come ancora i siciliani poco si cureranno delle parole italiane, cantandole in « dialetto ».
Occorrerà appena far notare che il maestro catanese era stato più felice quando aveva affermato l'impossibilità di tradurre bene quei vocaboli che racchiudono in sè « cento mila parole ». Ma ora il caso si era quasi fatto personale e quindi comprendiamo perchè il principio teorico, fondamentalmente giusto, subisse una attenuazione, venisse subordinato in certo modo allo aspetto pratico del caso stesso.
Il Pitrè mandò finalmente il 3 agosto la lettera-prefazione — sette e più pagine della sua minuta caratteristica scrittura — e la accompagnò con un proscritto rassicurante:
« Ricevo or ora la vs. del 1° corr.
« Resto inteso. Vedete se v'ho contentato. Scrivetemi subito, e ditemi che vi pare di queste paginette. « Fatemi poi rivedere le stampe di esse ». E il Frontini, nell'esprimere il giorno 14 la sua profonda gratitudine, prometteva l'invio delle bozze, senza lontanamente sospettare che l'editore non avrebbe acconsentito a pubblicare lo scritto perchè troppo lungo e avrebbe obbligato lui a scrivere su due piedi alcune parole di presentazione (lettera Frontini 22 settembre 1883).
La rapida presentazione premessa ai testi spiegò il proposito dell'autore: « intendo solamente dare un « saggio delle più caratteristiche fra le canzoni dell'isola » e prevenne con appropriate spiegazioni eventuali dubbi o critiche del lettore: « Epperò, è da notare, che « se qualche melodia del continente si riscontra fra quelle da me raccolte, non è da farmene una colpa.
« È risaputo, come molte delle più briose ed allegre canzoni del napoletano e dell'Italia meridionale, « vanno e fanno il giro dell'isola con delle false forme « dialettali; e così si dica anche di qualche patetica ed « amorosa cantilena siciliana, che va nel vicino continente — da ciò, il facile inganno di crederle del paese « ove si cantano ».
Il nome del Pitrè figurò non solo nella dedica riconoscente, posta, come dicemmo, in fronte all'opera, ma anche nelle ultime parole della presentazione che rinnovavano l'espressione della « più affettuosa riconoscenza » per l'illustre professore di Palermo « che tanta parte ha speso al completamento della mia raccolta ».
Alla sua volta il Pitrè gradì molto sia la dedica sia il dono del libro e, « sensibilissimo a tanta bontà ed affetto », il 23 settembre scriveva: « Certo, Voi non avreste potuto farmi cosa più gradita di questa, che porta « il Vostro nome ed offre documenti preziosi al Folk-lore « siciliano ». Soggiungeva, con fare conciliante e cortese: « Nessun male che la mia prefazioncina non sia andata. « Essa, in forma di articolo, andrà nell'Archivio per le « tradizioni popolari, rivista autorevole, per la quale il « Vs. libro verrà conosciuto in tutta Europa ». Pertanto chiedeva gliene restituisse il testo per poterlo inserire, con lievi modifiche, nel fascicolo del periodico che era in corso di stampa. Prometteva altresì un annunzio dell'opera nel « Giornale di Sicilia », il più autorevole dei giornali siciliani che « in questi giorni si tira ( incredibile, ma vero) a 14 mila esemplari! ».
Il fatto che però gli scottava era quello doloroso della interpretazione italiana: « non vi dissimulo — diceva — che Voi vi siete accollata una grande responsabilità tacendo che essa non vi appartiene. Leggete il « fasc. II, anno II, dell'Archivio, e vi troverete un mio « articolo severissimo pel De Meglio. Come potrò comportarmi nel fase. Ili a proposito della interpretazione, alla quale dovete far da Cireneo? Io metto la faccenda nelle vostre mani, specialmente per questo precedente creato da me senza volerlo. Qualunque cosa « però possa recarvi dispiacere, intendiamoci caro Frontini, io non la farò ». Al che il Frontini rispondeva in ansia il giorno dopo, 24 settembre: « che dirle? pensi « che comincio or óra, a fare i primi passi colla casa Ricordi, ed un articolo fulminante, mi manderebbe a « gambe per aria. Però, quanto Lei farà, sarà ben fatto ».
Invece dell'originale autografo, che volle trattenere per « pregiato ricordo », egli ne mandò al Pitrè una copia, sicché l'originale, rimasto fra le carte del Frontini, ci mette in grado di determinare l'entità delle modifiche apportate al testo rispetto a quello definitivo pubblicato nell'Archivio. Tralasciando piccoli ritocchi formali, diremo che esse consistettero da un lato nel taglio di qualche esempio e di un passo riguardante poesie e melodie di autore dal Frontini raccolte dalla bocca del popolo, dall'altro nell'aggiunta metodica del rinvio ai canti e melodie della raccolta cui veniva riferendosi nel corso della trattazione. Una nota apposta nella prima pagina chiari che lo scritto, destinato primieramente a precedere il lavoro del Frontini, non essendo giunto in tempo (ma ormai sappiamo che la causa fu un'altra ) veniva pubblicato quivi « come introduzione e complemento » del medesimo.


Non sembri superfluo che ora, benché a disposizione di tutti nella stampa, si riferisca l'inizio di questa « introduzione » che recò il titolo: Di una nuova raccolta di melodie popolari siciliane (« Archivio », II, fasc. III, lug.-sett. 1883, pp. 435-440). 
 « Son degli anni parecchi che io, intrattenendomi con voi di canti popolari, vi esprimevo il desiderio che voi stesso, così profondo negli studi musicali, come valente ne' letterari, « vi applicaste a trascrivere quelle tra le melodie siciliane che per la loro grazia meritassero di veder la luce ». L'esordio, interessante per questo richiamo ai colloqui palermitani, introduce acute considerazioni intorno alla musica popolare tradizionale, ai problemi connessi con la raccolta e lo studio della medesima. Onde fa meraviglia che lo scritto appaia quasi del tutto dimenticato anche in questo nostro tempo in cui l'esigenza di raccogliere le melodie della poesia popolare è stata autorevolmente caldeggiata da tanti studiosi, e apposite istituzioni sono sorte anche presso di noi, oltre che all'estero, per soddisfarla col ritmo più sollecito e nel modo migliore.
Tornando al tema, cioè al contenuto dell'importante scritto, vediamo che il Pitrè, mentre gode del fatto che una sua antica viva aspirazione cominci a divenire realtà, si compiace della fedeltà di trascrizione di quelle cinquanta melodie siciliane presentate dal Frontini e anche della felice scelta fattane rispetto alle aree di provenienza, in guisa cioè che l'elemento orientale dell'Isola non abbia sopraffatto quello meridionale e occidentale; che, col canto etneo e il messinese, siano anche rappresentati il trapanese e il palermitano.
Nel giudicare della bontà e genuinità delle melodie, dà molto peso all'origine, al tempo, alla tradizione:
« Capite bene, egregio maestro, — diceva — che io « parlo non di quella melodia che nacque ieri, ed è la « espressione più o meno felice d'un uomo che con la « grazia della sua ben trovata nota seppe scendere nell'animo del popolo; ma bensì del canto veramente tradizionale, della melodia qualche volta aritmica, e non « di rado indocile d'un ritmo esatto e ben figurato, con « la quale s'accompagna la ottava siciliana a rime alterne detta carmina, e quegli stornelli che volgarmente si « appellano ciuri ( fiori ) : tipi veri del nostro canto popolare ».
Via via, conversando con l'antico discepolo, problemi d'interesse più generale, gravi interrogativi sulla genesi, la provenienza, la cronologia, la diffusione di queste cantilene popolari sembrano risorgere nel suo pensiero e, cercando di risolvere quelli, di rispondere a questi, viene fissando, senza averne l'aria e, anzi, conservando il tono semplice di amichevole conversazione, i criteri fondamentali che, secondo il suo modo di vedere, debbono presiedere alla scelta e trascrizione della musica popolare.
Fin dalla sua prima edizione dello Studio critico sui Canti popolari siciliani (1868) il Pitrè, ben lo sappiamo, aveva affermato: « Il canto, o meglio la parola « non isposata alla melodia, non è l'espressione intiera « della poesia veramente popolare. La melodia ha un « grandissimo ufficio nel canzoniere del popolo: senza « la quale il canto è un puro ed ozioso esercizio. Ecco « perchè s'incontrano gravi difficoltà nel raccogliere e « copiare de' canti con la sola ripetizione orale di chi li « sa, e perchè volendoli avere nella loro interezza bisogna fare che il cantatore associi la melodia alla « poesia ».
Nuovi spunti di meditazione, pur fra concetti magari discutibili oggi, la lettera-prefazione può offrire, dunque, a chi ne legga per intero il testo.
Intanto è notevole che la melodia tradizionale, per quanto riguarda la Sicilia, egli la trovi, oltre che in quella onde si accompagnano la canzuna e lo stornello, in quella anche cui danno ispirazione i mestieri, i carrettieri, i campagnoli, i fornai, le tessitrici, sebbene la più originale, tipica, « indigena del nostro popolino » rimanga quella della canzone ad ottava; molto più notevole il suo osservare che le « arie » usate per un notturno o per una serenata, novanta su cento riconoscono un'origine moderna e meno oscura; che numerose sono le anacreontiche del Meli musicate da valenti maestri arrivate al popolo; che, anche senza molte conoscenze-d'armonia, è facile riconoscere le melodie genuine del popolo dalle altre in cui è palese il « fren de l'arte ».
Il cantore di popolo, lo aveva fatto osservare il Parisotti (studioso delle melodie popolari romane) con due o tre accordi di chitarra, o di sistro, o di scacciapensieri, o di piffero, secondo che si canti in città o in campagna, scioglie tutte le questioni d'arte e di scienza. L'elemento satirico giova più d'ogni altro a fare riconoscere il poeta e il musico di popolo da quelli d'arte, ma — notazione acutissima questa — la « satira non è la più felice tra le composizioni popolaresche siciliane, perchè è quasi sempre « occasionale e, cessate le ragioni per le quali fu fatta, « cessa la sua esistenza ».
Di qualche sfumatura napoletana in qualcuna delle melodie presentate dal Frontini, egli diceva non doversi fare meraviglia considerato che da Napoli appunto venivano da vario tempo molte delle canzoni nuove, le più vivaci, le più allegre; esse però non si diffondevano tra i contadini, né restavano a lungo nel repertorio del canzoniere siciliano.
Con le ultime righe egli toccava l'argomento tecnico delle tonalità maggiore e minore, dicendosi sicuro che il fatto, degno di rilievo, non sarà sfuggito a chi « con tanta intelligenza » si è occupato di musica popolare. Secondo lui, non sono estranee ad esso ragioni psichiche e forse anche etniche; ma quali fra esse, almeno pel momento, non sa. Nella stesura manoscritta vediamo espresso in proposito il voto che qualche valente ingegno, esperto così di arte musicale, come di studi demografici, si applichi con intelligenza ed amore a risolvere il problema; in quella a stampa non se ne trova cenno, forse per delicatezza, perchè non suonasse tacita accusa di incompiutezza al lavoro del Frontini; e nulla affatto si dice, tanto nell'una quanto nell'altra, della famosa « interpretazione » italiana, proprio come quest'ultimo aveva ardentemente desiderato. Nella sua consueta probità, il Pitrè mantenne, infatti, la promessa di non volere far nulla che potesse recargli dispiacere.
Nonostante l'interesse dimostrato pel lavoro del Maestro catanese, nonostante la serietà scientifica del contenuto delle sue lettere e, in particolare quello della lettera-prefazione, la suggestiva ipotesi di un Pitrè conoscitore di musica non può menomamente farsi strada. Fin dal primo incontro epistolare, egli aveva detto con franchezza al Frontini che le note musicali non sapeva scriverle; le melodie pubblicate a corredo dei suoi Canti popolari furono per lui trascritte da tal Carlo Graffeo; il Tiby, pubblicando nel 1957 il Corpus di musiche popolari siciliane del Favara ha parlato come di cosa notoria di un Pitrè profano di musica (p. 4, nota 1 ). Maria D'Alia Pitrè, del resto, a una mia domanda sull'argomento, rispondeva esplicitamente: « Mio padre non conosceva la musica, non si occupò in modo particolare e diretto di nessuno strumento. Ma amò molto la musica » (cartolina da Roma, 10 febbraio 1952).
Che per la lettera-prefazione il grande demologo si avvalesse e, in qualche caso ripetendo alla lettere le sue parole, di nozioni fornitegli dallo stesso Frontini (mi riferisco al passo sulle melodie, maggiore e minore), che qualche problema posto fosse lo sviluppo di uno spunto offertogli da lui ( accenno alle cause della prevalenza della tonalità minore sulla maggiore), non sono fatti che oscurino il suo merito o la sua dirittura. Con estrema semplicità egli seppe sempre apprendere da tutti, come con immensa modestia seppe sempre ricambiare elargendo i frutti della sua dottrina, del suo meraviglioso sapere.
Al Frontini continuò « a dare »; e come, uscita la raccolta, gli aveva fornito nomi di studiosi stranieri ai quali riteneva utile farla conoscere ( lettera 23 settembre 1883 ), così, poco appresso, apprendendo con piacere vivissimo che l'antico discepolo si proponeva di continuare lo studio delle « nostre » caratteristiche cantilene, forniva quante notizie poteva di bibliografia sull'argomento. Erano notizie non seccamente informative, ma criticamente orientative. In Italia non era stato fatto gran che, (in Francia invece era uscita un'opera in due volumi, della quale, momentaneamente, non riusciva a ricordare l'autore): la raccolta del Salafia, per altro di prezzo esagerato, non aveva alcun valore per gli studi demologici. Assai buono appariva un articolo di Alessandro Parisotti sulle melodie popolari romane; da rintracciare un vecchio opuscolo di Mariano Grassi da Acireale sulle melodie popolari siciliane. Prezioso eventuale consigliere avrebbe potuto essere per lui il Maestro Marchetti di Roma, a parere suo « il più intelligente raccoglitore di melodie popolari in Italia ».
L'interessante lettera del Pitrè cui ci riferiamo è del 25 gennaio 1884 e fu spedita a Sesto S. Giovanni, da dove il Frontini gli aveva scritto ( e inviato il proprio ritratto ) essendo tornato in Lombardia per le sue nozze con la signorina milanese Matilde Moroni.
Qualche anno dopo, ecco un episodio significativo della stima che il palermitano nutriva per il Maestro catanese. Questi gli aveva chiesto il 21 dicembre 1886 un articolo di usi e costumi di Natale e Capodanno per un Numero unico ideato da alcuni suoi amici. Di fronte a un margine di tempo così ristretto, altri si sarebbe schermito o addirittura rifiutato. Il Pitrè, invece, ad appena cinque giorni di distanza, spediva quanto chiestogli con l'accompagnamento delle seguenti poche parole: « Ho fatto per voi quello che non fo da un pezzo « per nessuno, sofferente come sono per gli occhi e sopraffatto da brighe d'ogni genere. Vi mando pochi appunti, informi, come vedete, perchè... perchè..., ve « l'ho a dire? siete stato molto crudele nel chiedermi « uno scrittarello sul Natale proprio alla vigilia di Natale ». Rimbrotto pienamente meritato; dal tono semicordiale, però, reso paterno e quasi amabile nella sua pur evidente fondatezza.
Seguirono anni di silenzio, ma di indefessa operosità pel Frontini che veniva preparando una raccolta musicale dei canti natalizi siciliani. L'11 settembre 1890, appunto per avere in proposito qualche consiglio pertinente, ne scriveva al Pitrè scusandosi di non essersi fatto vivo « per tanti anni » e accennando all'interesse che riteneva avrebbe avuto la pubblicazione, dato che fino allora nessuno aveva pensato di farne una del genere. Fu un lavoro lento, amoroso, attentissimo che, quando uscì, alla fine del 1893, in bella edizione per pianoforte e canto, a cura della Casa Giudici e Strada di Milano, suscitò la più sincera ammirazione nel grande palermitano il quale, ringraziandolo del dono, il 1° gennaio 1894 gli scriveva così:
« Tra gli artisti e compositori dell'Isola voi siete, se non il solo, uno dei pochissimi che comprendono la bellezza e la grazia delle melodie del popolo. Pur componendone di belle e di graziose, Voi sapete apprezzare queste vaghe e dolci reliquie d'un passato che non « ebbe storia, e serbate a durevole monumento, delle note piene di sentimento squisito e di candore verginale. Altri non penserà neppure a ringraziarvi dell'opera patriottica da voi compiuta; io Vi ammiro ». Parole, sentite e quasi solenni.
L'ultimo scritto del carteggio è una breve cartolina del 2 gennaio 1915 con la quale il Pitrè ringraziava con effusione l'amico di un gentile telegramma (riteniamo di rallegramenti per la nomina di Senatore ). Diceva fra l'altro: « Mi fa poi tanto piacere di sapermi ricordato da Lei! ».

Prima di concludere gioverà dire che altre missive di argomento vario non mancano nel carteggio, fra le quali due di condoglianze per la morte delle rispettive madri, datate quella del Frontini 1° ottobre 1891 e quella del Pitrè 29 novembre 1908, come pure non mancano nel corso delle lettere accenni ad amici comuni, per esempio, in quelle dei primi tempi, al Canonico Castorina di Catania, o anche riferimenti a fatti di vita ordinaria, e così via.
Ma ciò che qui interessa e dal carteggio scaturisce chiaramente, è l'influenza determinante che, negli anni della sua formazione al Conservatorio di Palermo, ebbe sul Frontini l'incontro col Pitrè, l'uomo dotto e generoso che, intrattenendosi a ragionare con lui di canti popolari, gli comunicò succhi vitali pei suoi orientamenti futuri. Prova di ciò sono le ben sei raccolte di melodie lasciate dal catanese, tutte riguardanti la Sicilia, e il loro alto valore scientifico, senza dire del libretto di Malìa, il capolavoro, musicato su testo di Luigi Capuana, in cui l'ambiente, caratterizzato da canti popolari, stornelli a risposta, danze, trovò, in un compositore spiccatamente congeniale alla poesia di popolo, un interprete di eccezionale merito e sensibilità.
                                                                 

sabato 18 febbraio 2017

FRANCESCO PAOLO FRONTINI Nel 50° anno della sua attività artistica

Profili   d'artisti  catanesi :


Quando la sera del 31 marzo 1881 fu rappresentata al nostro Teatro Comunale (allora Massimo) l'opera in tre atti Nella di F. Paolo Frontini, fu un' delirio di pubblico, e un trionfo per l'autore. Il pubblico ebbe subito la sensazione di trovarsi a contatto di un musicista capace di donargli melodie e motivi che travolgono 1' animo degli ascoltatori per la loro intima forza di commozione dovuta al temperamento passionale dell'autore che ha il dono di saper presentare sotto un'eletta forma artistica voci ed aspirazioni dello spirito nostro : voci ed aspirazioni che vagano fluttuanti e indecisi nei precordi dello' spirito umano, e che trovano finalmente, per opera di una mente superiore, il mezzo di liberarsi e di tradursi pienamente in atto con uno sviluppo di motivi ricchi di forme e di ritmi, di toni e di colori capaci di imprimersi nella mente dell'ascoltatore con tale forza da poter essere ad ogni istante rievocati e  più  intensamente  gustati.
Ma lasciamo la parola al critico teatrale del « Plebiscito» giornale dell'epoca: «Quel giovanetto appena ventenne, magro, smilzo, asciutto, bruno e con due baffetti nascenti ; quel giovanetto dallo sguardo ardito ed intelligente, che sino a ieri pochi conoscevano, ieri sera era l'oggetto dello entusiasmo di un popolo acclamante, oggi è l'argomento di tutte le conversazioni 
Perchè — voglio dirvelo subito — prima di parlarvi dell'opera, sento il dovere di rendere omaggio all'ingegno non ordinario, alle preziose attitudini, alle rare doti di un giovanetto, poco più che un ragazzo, che già ci riempie di lietissima meraviglia, mostrandoci altezza di intelligenza, robustezza di componimento, profondi e severi studi ! E' più che una premessa : è una ferma assicurazione di un avvenire splendido e di cui la Patria sarà orgogliosa.
La Nella è un tentativo — scritta due anni fa! — ma è un tentativo di gigante! ».
« Il Corriere di Catania », « La Gazzetta di Catania », « Il Piccolo Catanese», il « Don Pancrazio » e tutti i giornali artistici della penisola scrissero sullo stesso tono, giudicando il successo del giovane catanese. E da quel giorno comincia l'ascesa del giovanissimo maestro, che già nel 1880, aveva ottenuto, alla Esposizione Artistica-lndustriale di Cremona, una medaglia per una Ouverture a grande orchestra, ed ave-va completato un'altra opera in un prologo e tre atti: « Aleramo », rimasta sempre inedita.

Nel 1882 scrisse per incarico del municipio di Catania, una « Azione lirica » in tre parti dal titolo : « Sansone » che venne eseguita nell'agosto dello stesso anno, in occasione delle feste agatine.  Anche questo lavoro ottenne un successo lusinghiero di pubblico e di critica. 

E' in quest'anno che il maestro Frontini riceve l'incarico dalla Casa Ricordi di raccogliere in un volume i canti popolari della Sicilia. Un onore grandissimo per un maestro ventiduenne, una vera consacrazione per il suo nome se la più importante Casa Editrice musicale italiana lo include fra quelli già di sicura fama.
La raccolta di 50 canti siciliani dai titolo « Eco della Sicilia » fu la prima a far conoscere al mondo artistico e al gran pubblico la pura e genuina vena melodica di questo meraviglioso popolo che attraverso i secoli ha saputo mantenere intatto un inestimabile patrimonio musicale, tramandandolo da una  generazione all'altra. 

  
Il  Frontini ebbe il merito grandissimo di mantenersi fedele alle fonti sia nella trascrizione della melodia, come nella elaborazione dell accompagnamento per il quale egli ebbe sempre presenti tonalità, accordi e cadenze genuinemente siciliani. Ciò che non sarebbe possibile dire per la più recente raccolta fatta dal Favara ed edita altresì dal Ricordi. Il Favara ha voluto fare sfoggio di qualità contrapuntistiche le quali hanno falsato spesso il carattere della canzone accoppiando ad una melodia fresca, sincera, squisita ed ispirata, accompagnamenti fatti di accordi artificiosamente elaborati astrusi, dando luogo a contorcimenti armonici che tolgono alla pura melodia tradizionale la sua bellezza naturale.
La raccolta del Frontini fu accolta col più vivo interesse anche e sopratutto da chi si occupava allora di folklore. Giuseppe Pitrè in una lunga lettera diretta al Frontini e pubblicata su l'Archivio per le tradizioni popolari (Palermo 1883) gli diceva fra l'altro: le cinquanta melodie di questa Raccolta sono, per lo più scelte con giudizio, e trascritte con la fedeltà voluta in cosiffatti lavori ».

Nel frattempo il Frontini, instancabile e di facile vena, pubblica con la stessa Casa Ricordi belle e squisite romanze da camera, che conquistano rapidamente tutti i salotti d'Italia e dell'estero. I critici musicali, con a capo il Filippi e il D'Arcais, non esitano a riconoscere in lui qualità spiccatamente personali che lo pongono senz' altro accanto ai rinomati Tosti, Rotoli, Denza che in quell'epoca erano celebrati in tutti i salotti.
Le romanze del Frontini sono innumerevoli, circa un centinaio, ma le più belle, dove all'originalità della frase si accoppia una elevata ed elegante armonizzazione, sono : Paggio e regina, Folchetto, Alla luna, La cieca, Canto di Mignon, I baci, Le nuage, Viole bianche, Povera mamma! Senza baci, Baci mortali, e tante e tante altre che sarebbe lungo enumerare.
A proposito della romanza Le nuage, su versi di Emilio Zola, il celebre romanziere francese scriveva al Frontini :
« Monsieur,
« J' ai enfin recu votre morceau de musique, et je vous envoie tous mes remerciements et toutes mes felicitations.
« Votre melodie est charmante et d'un ca-ractére élevé, qui emporte trés haut les médio-cres vers de ma jeunesse.
« Veuiliez agréer, monsieur, l'assurance de mes meilleurs sentiments.
Médan, 12 novembre 1884
Emilio  Zola ».

Per queste pubblicazioni il maestro ottiene una medaglia alla Esposizione Internazionale di Musica di Bologna nel 1888.

Ma ecco ancora un'altra raccolta che mostra nel giovane maestro il grande amore per la sua Sicilia, ch'egli vorrebbe più conosciuta e più amata attraverso l'incommensurabile tesoro delle sue melodie. Egli riunisce in un volumetto le nenie ed i canti che il popolo siciliano fa rivivere ogni anno davanti al caratteristico presepe durante le feste del Santo Natale che, col mese mariano, è la festa alla quale l'animo devoto del nostro popolo maggiormente si ispira. Così vien fuori il « Natale Siciliano » (ed. A. D. Marchi - Milano, 1893) che conferma sempre più lo spirito di comprensione che anima il temperamento dell'artista, capace di sentire come nessun altro la bellezza e la eternità della vena melodica popolare. Tutto un passato senza volto e senza precise determinazioni trovò nel Frontini un realizzatore ispirato ed abile che lo fermò definitivamente per la gioia dei posteri.

Intanto era stato dato l'annunzio di Malìa, un'opera in tre atti.
L'attesa è insolita e, per una serie di circostanze volute o casuali, l'opera del maestro che esplica tutta la sua personalità di musicista nell'ambito della tradizione classica italiana, vien data proprio a Bologna nel maggio del 1891 nel teatro Brunetti (oggi Duse); Bologna era allora una città tutta presa di Wagner; non è a dire quindi con quanta diffidenza il pubblico si accostasse ai tre atti del maestro catanese. Eppure il successo fu grande e, nonostante certa critica alimentata da princìpi e teorie wagneriani, l'opera ebbe numerosissime repliche e segnò un vero trionfo per il maestro. A Catania, a Milano, a Torino e in altre città ancora il lavoro riscuote sempre maggiori applausi e consensi. Il nome del maestro diventa popolarissimo, la sua musica domina per un certo tempo il gusto e l'animo degli appassionati: Malìa si chiama la nuova opera per cui Luigi Capuana aveva scritto il libretto dietro invito del maestro, suo amico carissimo, nonché concittadino. Erroneamente si crede che il Capuana abbia tratto il libretto dalla sua famosa commedia dialettale. Anche Ugo Fleres (Uriel), che nel 1892 si occupò di Malìa, mentre appunto l'opera passava di trionfo in trionfo per i teatri d'Italia, ebbe a scrivere sul Folchetto di Roma :
«Il Capuana, tuttavia un po' stupito di aver collaborato a un'opera musicale, ripigliò l'idea di quel libretto, la maturò e la sviluppò finchè ne uscì una commedia : Malìa.
« Il caso di un melodramma nato da un dramma è più che ordinario; basta rammentare l'Ernani, il Rigoletto, la Lucrezia Borgia e tante altre opere italiane e francesi. Il caso contrario, cioè di un melodramma, o meglio di un libretto che partorisce un dramma, o più propriamente una commedia, credo sia del tutto nuovo, o almeno straordinario».

Ugo Fleres intanto finiva anche lui col determinare un caso straordinario: non avendo a sua disposizione un ritratto del Frontini, donde trarre un clichè, si trasformò in disegnatore, riuscendo a ritrarre le sembianze dell' amico aiutandosi con la sola memoria che in verità fece fare miracoli alla mano non adusata a simili fatiche. Lo schizzo a sanguina di Ugo Fleres fece il giro di molte riviste dell'epoca che trovavano interessante far conoscere questo caso rarissimo di uno scrittore che s'improvvisava — e con successo ritrattista e contribuiva nel frattempo render popolare la figura del giovane maestro mentre Malìa teneva il cartello per ben sedici sere a Milano e a più riprese veniva data a Catania, a Trapani, a Siracusa e in vari teatri del continente.

Il soggetto verista, di ambiente siciliano e ispirato al Capuana — siciliano anche lui e grande assertore del verismo nel romanzo e nella novella — dall'avere ascoltato i canti popolari siciliani raccolti dal Frontini, aveva provocato nell'animo del musicista maggiore intensità d'ispirazione e una moltiplicata possibilità costruttiva. Dal '95 comincia per il Frontini un periodo di intenso fervore creativo. Mentre prepara l'opera « il Falconiere », pubblica numerosissime romanze di fine gusto e di squisita fattura dove l'arte tutta personale del maestro sente di una elaborazione appassionata e intensa che maggiormente serve a mettere in risalto il suo fondo lirico inesauribile.
Il poemetto lirico « Medio Evo »  riesce proprio un piccolo lavoro di musica da camera. Il già celebre Massenet scrive così al maestro Frontini : 
« ...je suis ravi de vos oeuvres : ravi! Bravo de tout coeur! »
« Medio Evo » fu cantato dalla celebre Corelli in diversi teatri e sale, ottenendo sempre pieno successo.
Nel '99 si rappresenta al Teatro « Pacini » di Catania l'opera in tre atti:  « il Falconiere ».
Questa nuova opera affermò sempre più il nome del maestro ancor giovane, che si univa alla schiera dei valorosi operisti della « giovane scuola ». La critica ufficiale salutava finalmente senza alcuna discordanza il nuovo astro del melodramma italiano.

Ma ecco che la sorte l'abbandona, la fortuna gli volge le spalle: muore l'editore che progettava una tournée in America, fallisce la Casa Editrice e le opere cadono nell'oblìo.
Sopraggiungono tempi tristi per il giovane maestro, che non resiste ai colpi dell'avverso destino e si chiude nel silenzio più angosciato, A nulla valgono gl'incitamenti degli amici il poeta G. A. Cesareo gli scriveva nel novembre del 1901 :
« Caro e illustre amico.
Io non l'avevo punto dimenticata, caro maestro, e fra la musica che mi piace di riudire sovente c'è pure la sua: anche l'altra sera ho fatto sentire a una bella signora il suo « Paggio e Regina », e subito ella ne divenne entusiasta.
Avanti, avanti, caro Frontini: Lei è ancor giovane, ha ingegno e può molto. Io son certo che, s'Ella vorrà, potrà raccogliere la corona di Colui che scrisse la Norma, e rivendicare il prestigio della  musica schiettamente nazionale.
Coi più affettuosi saluti
Suo G. A. Cesareo ».
Passano  ancora cinque anni ...  e  finalmente
l'artista non resiste più al divino richiamo che urge in fondo al suo petto.
La letteratura pianistica che tende ad atrofizzarsi nella vecchia formula del pezzo alla Be-cucci e alla Acton, della sonatina alla Graziani Walter o alla De Crescenzo trova nel maestro Frontini il rinnovatore, che darà a questa specie di composizione l'impronta neo-classica che renderà celebre il nome del maestro catanese. Fin dai primi dieci pezzi che gli Editori Carisch und Janichen di Milano (oggi A. & G. Carisch & C.) lanciano in una volta, la critica musicale delle più grandi nazioni del mondo s'impadronisce di questo nuovo nome e non si stanca di esaltarne loriginalità dei pezzi, la sincerità, l'impronta prettamente italiana. Le serie si susseguono incessantemente. Anno per anno il maestro affida ai suoi editori nuove serie di pezzi. Tutta la stampa musicale della Germania, della Francia, dell'Inghilterra, della Russia e dell'America si occupa dei pezzi musicali di Francesco Paolo Frontini.

Il catalogo speciale delle opere di questo maestro cresce anno per anno di volume.
Nel 1920 una sincera ammiratrice dell'Italia, nota cultrice di musica, dopo una sosta a Catania scrisse del Maestro Frontini sopra una grande rivista di  Boston.  L'articolo fu riportato da diversi giornali italiani, anche da una rivista catanese dell'epoca. L'autrice dell'articolo, Amalia Viola Sedley diceva fra l'altro: Egli vive da tempo appartato dal mondo, pur non avendo mai cessato di lavorare. E il suo valore non poteva non trionfare, ed oggi il suo nome è familiare a un numero infinito di persone che hanno avuto la fortuna di gustare la bellezza della sua musica. Durante le mie lunghe peregrinazioni per il mondo, da Boston a San Paulo del Brasile, da Parigi a Milano, da Berlino a Roma, da Londra ad Atene, ho avuto continuamente l'occasione di osservare quale godimento procuri  nel  pubblico la musica frontiniana.

Oggi moltissimi fra gl'innumerevoli pezzi del maestro Frontini sono penetrati in tutti i salotti, ovunque si faccia musica italiana, ovunque risuoni una radio, un grammofono o un'orchestra.
Cinquant'anni di geniale attività hanno assicurato al maestro catanese una fama che non tramonterà certamente con la sua vita. 

Sappiamo che nella grande manifestazione che Catania prepara al suo genio musicale Vincenzo Bellini, per il prossimo mese di dicembre, si vorrebbe far rivivere la freschissima Malìa, come attestato di riconoscenza verso il Maestro che in cinquant'anni d'indefesso lavoro ha apportato al suo paese onore e vanto, testimoniando che la vena melodica catanese è sempre viva.
Non sappiamo da chi la gradita e doverosa idea sia partita, ma è certo che sarebbe un bell'esempio e una bella arditezza dimostrare alle altre città d'Italia come noi sappiamo onorare, senza bisogno di attenderne il trapasso, coloro che per forza d'ingegno o di genio, lasciano un'orma presso i posteri.

Sovratutto grati saranno i giovani della recentissima generazione che educati alla tradizione, potranno vedere in Francesco Paolo Frontini uno dei rari conservatori della inestinguibile melodia italiana.

Comune di Catania 1931. n2 anno III