Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo

domenica 30 ottobre 2011

"Vicolo delle belle" commedia di Saverio Fiducia con commenti musicali di F.P. Frontini (1930)

Catania, Vicolo delle Belle 

Commedia in un atto. 

Rappresentata la prima volta, la sera del 31 maggio 1930, all'Anfiteatro Comunale di Catania, dalla Com pagnia diretta da Turi Pandolfini. I commenti musicali sono di P.P.Frontini, e la scena venne dipinta da 
E.Fanìa, scenografo del S.Carlo.
Personaggi
ZACCARIA                              35 anni: amante di
ANNUNZIATA                        30 anni, padrona della "casa".
LUCIO RAFFADALI               studente ventenne.
RAFFAELE                              servo. Nano alla Velasquez; "innocente" alla francese. Età imprecisabile; forse venticinquenne. 
LINA                                        cioè. Carmela,
OLGA                                       cioè Teresa,
EMMA                                      cioè Francesca e
AGRIPPINA                             ancora tale; "inquiline".
DONNA ROSA                        madre di Annunziata; cinquanta.
ONOFRIO e COSIMO            amici di Zaccaria.
DUE SUONATORI                  del "guarda e salva", uno dei quali cieco. 
IGNAZIO                                 operaio: frequentatore della "casa"; 23 anni.
VENDITORE                           di arancie.
VOCE di una venditrice di piselli, Coro dei mandolinai. -Oltre voci delle strada.
--
L'interno di una casa di tolleranza di infimo ordine.
Salone squallido. Sofà sgangherati; un tavolo; delle sedie; uno specchio in cornice alla parete, contornato di carte da visita. In fondo un usciuolo che dà nell'interno della casa, e l'entrata principale , dal la quale si scorge la scala sudicia e buia. A destra finestre chiuse da gelosie inchiodate, e un àndito celato da una tenda a fiorami. A sinistra porte che danno nei camerini.
Penombra greve, umidiccia, maleolente; malgrado fuori sia maggio. Manca poco a mezzogiorno, dalla strada salgono rumori di opere, voci di venditori ambulanti, gridi di bimbi che giocano al sole, richiami di mamme.
- Epoca: sul finire del secolo XIX, in una grande città Siciliana.

Nello stesso anno, nel mese Febbraio, F.P. Frontini aveva scritto altri commenti musicali per la commedia "U Spirdu" di Russo Giusti.












venerdì 7 ottobre 2011

Gian Pietro Lucini - una breve nota biografica.

 Gian Pietro Lucini è attualmente considerato precursore della neovanguardia ed importante innovatore della poesia italiana. Questa è una breve nota biografica scritta direttamente dall'autore pochi giorni prima della morte. Riportiamo per intero le righe che Lucini scrisse per l'Antologia a cura di Mario Puccini (Carabba, Lanciano 1917): 

«Sono nato il 30 Settembre 1867 a Milano, nella stessa casa e camera, Via San Simone, in cui pur nacque Cesare Correnti. Quella casa è oggi distrutta dal piccone del rettifilo, e la Via San Simone si chiama da quell'illustre a sangue freddo.
Continuo e conchiuderò una famiglia che non fu mai né muta né reticente nella storia lariana. Per le azioni delle arti, della guerra, della chiesa e del foro, svolse, per lunga serie di secoli, le proprie prerogative. Né meno l'episcopio ha saputo coprire in noi le determinazioni ghibelline, come nell'Arcivescovo di Magonza. Como è ripiena delle nostre memorie, che sono sempre di carattere liberamente solista ed espansivo.
Mi laureai in leggi il '92, col massimo profitto di avermi fatto comprendere la inutile menzogna delle medesime, che contrastano dal Codice alla Vita sì che imparai a maneggiare le armi anche fisiche per distruggerle. Mi compiacqui di medicina e di matematica.
Ma se è vero che l'Arte è rifugio e consolazione delli ammalati inquieti, in cui la salute del cuore e dell'intelligenza contrasta colla morbosità degli altri organi, all'Arte mi affidai come alla sposa ed alla madre, che non tradiscono.
Ho avuto ragione. Il mio atto di Vita d'allora in poi si è sempre confuso colla mia espressione d'Arte; la mia Azione è la mia Letteratura. Ogni anno vissuto da me dopo il ventesimo, è postillato da un nuovo successivo volume, e là dove tu riscontrerai miglior sofferenza, l'Arte sarà maggiore.
La revisione delli Uomini e dei Libri avvenne tra i Libri dal letto e dal lettuccio. Non sono tanto desto se non quando mi sorprendono in dormiveglia. Contrasto spesso con tutti: in questa antitesi si aumenta giornalmente il mio orizzonte. Le mie avventure cerebrali furono enormi e sconosciute: un eco sola ne vibra, a chi sa intenderla, dalle mie pagine.
Ma ciò che più mi soddisfà è d'essere in pace e contento con Me stesso, perché fui severissimo con Me ed indulgente ad altrui: il mio maggior titolo è di essermi sorpassato; li altri vaglieranno quelli tangibili del mio lavoro.
Eppure non prosperai, né prospero: mi avvisò Carlo Dossi che mi mancava l'arte del Ciarlatano. Non me ne dolgo. Il mio pensiero rosso, la mia candida onestà sono virtù negative in un mondo dove il grigio è pregiato sui colori pieni e non equivoci. Oggi, non uomo finito, posso anche riposare, perché so di aver compiuto il mio dovere, cioè sono sicuro di non essermi tradito, ed ora non desidero che di morir presto.
Milano il 1 di Giugno 1914
G. P. Lucini
»


REVOLVERATE

• Da: La canzone del Giovane Signore.
«............................
Io sono tutto qui, o Signori, vi esprimo;
fiero protezionista ed uomo d’ordine,
non vado in chiesa e pregio la Santa Religione;
vanto il liberalismo del Corrier della Sera vescovile,
e mi reggo col soldo, colla legge e la truffa:
calo la buffa nelle lotte civili per non farmi conoscere;
uso de’ prestanomi in losche società.
Desidero morir, come conviensi,
paralitico osceno, salvando la morale,
l’occhio spento, le mani rattratte,
cencio d’uomo sbiancato e miserabile,
a pubblica e lodata edificazione,
colla assistenza estrema dell’estrema unzione
e magna pompa di funerale.
............................................
Riavvolto nelle pieghe del gonfalone,
il volto glabro, pallido d’emozione,
ben pettinato e biondo d’acqua ossigenata,
prezioso ostensorio, per antonomasia,
vero Padrone,
sono il campione dell’italianità.
La mia tuba risplende come per gemme rare
col triplice riflesso dei moerri:
porto la tuba come una tiara, meglio di una corona,
nelle permesse dimostrazioni
al patrocinio armato delli sgherri».

Canzone, compiaciti, accogli il Peana.
Ama, riamato, questo signore.
L’estetica si gode de’ baffi provocanti,
dell’adipe compressa e castigata dai panciotti bianchi,
dai financiers sapienti lusingatori,
come nei cimiteri ai bei sarcofaghi,
che serran le carogne, si compiacciono i fiori.
..............................................
Bada e rifletti, Canzone, in cortesia;
ripeti sempre la palinodia:
«Il Galantuomo viva della propria onestà:
dopo di noi il diluvio! Sarà quel che sarà!.»


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Lucini, nato a Milano nel 1867, è considerato tra gli innovatori della poesia italiana per la  sua continua ricerca di una lirica sperimentale che lo avvicinò prima alla Scapigliatura, poi al Simbolismo ed infine al Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti. Proprio Marinetti lo fece esordire nel 1905 sulla rivista “Poesia” che poi, nel 1909, pubblicò la sua raccolta di poesie più celebre: Revolverate. Ma il suo carattere anarchico, antiborghese e antimonarchico lo fecero allontanare sempre più dal Futurismo. In Antimilitarismo Lucini esaspera ulteriormente i toni polemici e satirici delle sue Revolverate  per dichiarare  tutto il suo disprezzo e il suo risentimento contro la guerra. Proprio un suo articolo, apparso sulla prima pagina del quotidiano “L’Italia del Popolo”, determinò l’intervento del Tribunale di Milano che  considerò il suo scritto “oltraggioso nei confronti dell’esercito regio” e ne dispose l’immediato sequestro. Da questo episodio e dal conseguente iter processuale parte Antimilitarismo che inizia con questa ironica dedica: “Signori uomini d’importanza, di sussiego e di vanità, che, promossi in procacciati uffici, da quelle poltrone più in vista, che non meritate, dal favore delle vostre penne vendute, di là, andate blaterando sui benefici della nuova guerra libica, – la quale ha fatto grande Italia dei Savoia – : questo libretto non è per voi”. Lucini dimostra  di essere stato un pacifista che alle bombe incendiarie ha avuto l’intelligenza di preferire le molotov d’inchiostro. Parole che, però, lo isolarono dalla società civile e intellettuale del suo tempo. Perché, come scrisse, “A noi non giovano né i concetti degli antimilitaristi per tornaconto, né i rumori dei guerra-fondai per necessità”. Tratto da SATISFICTION #6 – GIAN PIETRO LUCINI, UN NO GLOBAL ANTE LITTERAM.

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"La solita canzone" di Gian Pietro Lucini, critica di Gesualdo Manzella Frontini - 1910