Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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martedì 29 maggio 2012

COSA É IL FUTURISMO ? Commento al decalogo di Gesualdo Manzella Frontini (1910)


COSA É IL FUTURISMO ? Commento al decalogo di Gesualdo Manzella Frontini



I. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità — Il coraggio l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
E perciò, o signori critici, nessuna impennata: in ogni caso quest'affermazione è restrizione del mondo poetico non già allargamento di confini.
Senz'essere futurista la buon'anima di Tirteo piantava gli acuti speroni ai fianchi dei muscolosi guerrieri spartani cantando l'amor del pericolo e della temerità: l'abitudine all'energia erasi assimilata e s'esprimeva nella bellezza plastica di quei corpi, che il ginnasio aveva foggiati, mirando lontano ad un ideale di forza bella.
O gli speroni acuti del canto bronzeo volante di Tirteo.
O gli Hypothékai, o gli Embatéria.. pulsanti e forti di temerità !
Ma la critica non à il dovere di saper leggere le intime relazioni e le mutue rispondenze che trascorrono tra i balzi del tempo, legandolo in anella possenti e sotterranei la corona delle esistenze, ed in onde il mare agitato dei commovimenti umani.

IILa letteratura esaltò fino ad oggi, l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febrile il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
Meritatissimi schiaffi e meritatis-simi pugni, o pacifici borghesi, che avete condannato l' anima a far le pulci entro la berlina aperta agli scaracchi del primo venuto! Poi avete riso al Poeta che osava ribellarsi con incomposti movimenti ed impetuose scosse e divincolamenti, con la scusa ch'era ridicolo.
Per tutti i capelli di San Pietro, meglio, assai meglio il verso che avesse l'agilità d'un salto mortale, la sonorità d'uno schiaffo, la velocità appena percepibile d'una corsa e la persuasione.... d'un buon pugno alla Johnson, che la putrida velma verminosa d'un sonettaccio contemplativo, laudativo, inneggiante... alla cocolla o al panno chiazzato d'una qualunque bimba di clorotica salute!
Ed ora l'avete anche con me! Badate alla pesca e alle adunche branche dei granchi... (che serie di gruppi... gutturali-nasali) !
Io  non sono un avvocato futurista! Figuratevi che il Marinetti ad un
certo punto del suo proclama dice: « Ci opponete delle obiezioni?.. Basta! Basta! Le conosciamo... Abbiamo capito!.... La nostra Bella e mendace intelligenza ci afferma che noi siamo il riassunto e il prolungamento degli avi nostri. Forse!... Sia pure ! Ma che importa? Non vogliamo intendere!....
Guai a chi ci ripeterà queste parole in faccia!... » 
Ebbene io tante volte gli ò ripetuto in faccia quest' accusa ed ancora ritorno ad accusarli... Quindi non sono sospetto di... partigianeria.
Il   secondo comma del decalogo però mentisce: signori critici, e cosa mai cantava l'Unico, l'enorme, l'irriducibile Pindaro?
Inni, peani, ditirambi, epinicii! Eternità del Kallinicos, consacrata dalle ampie volate delle strofi palpitanti!

Voi, signori, che non avete osato parlare del Futurismo mentre dall'imo fegato la bile per la via dei polmoni v'urgeva irruenta alla gola, conglobata in triviali insulti, in fulminanti parolacce pesanti come un poema rapisardiano, voi, signori, avrete naturalmente inteso che gli epinicii di Pindaro esaltavano il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto... il lancio del disco, la lotta violenta corpo a corpo....
E allora anche Simónide e allora Pindaro furon futuristi?
Tutto ciò non potrà magari piacere al Marinetti, ma i signori critici non dicano che ò torto....
In tutti i casi si difenderanno, che ne àn diritto, distinguendo futurismo da futuristi! Io per tanto son con loro: Non tutti gli spartani eran valorosi e coraggiosi allo stesso modo; ne tutti i poeti di Italia àn cantato una Divina Commedia!...

III. — Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una nuova bellezza: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa, col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
Questioni di gusti. È stato forse determinato da alcuno, che ne abbia avuto formale incarico dall'Umanità, l'ambito entro cui la ispirazione dell'Artista s'abbia a contenere? Non può forse la fantasia del Poeta sferrare per l'eccelse plaghe dei cieli intentati ?
Un solo monito ed una sola legge: Seguire ed imporsi un sogno di bellezza. Allora quando sentirà intensamente ed in egual misura saprà riprodurre le  sue sensazioni, l'Artista à creato opera vitale, e gli uomini avranno da Lui preteso non ingiustamente e non oseranno chiedergli oltre.
Massimo Bontempelli elogiava l'automobile e la sua donna scalmanata nella corsa, quando ancora il futurismo non aveva proclamato i suoi diritti; ed il maltrattato Monti — or è molti anni — tesseva una sua classica ode al signor di Mongolfier, speranzosa e profetica, come tutto ciò che s'abbandona con fiducia al futuro.
Ciò non pertanto la Vittoria di Samotracia resterà a significare l'espressione d'uno stadio di bellezza oltrepassato, non condannato, nè irriso, e maraviglioso. Si deve per ciò incancrenire ed immarcire la energia nuova con innesti anacronistici? Non crediamo.

IV. — Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la terra, lanciata a corsa,  essa pure, sul circuito della sua orbita.
Bella ed efficace figura retorica per dire che tirate le somme pànta réi! Tutto scorre, si muove, agisce; che la dinamica par sia per sostituire, nella esatta concezione dell'universo, la statica, Energheia: ecco la decima Musa. Non è forse la filosofia bergsoniana che tanta fortuna solleva in Europa, poggiata sulla mobilità del reale ? E perchè solo ai futuristi, contro i cui petti luccicano occhi sgranati di sdegno e di irrisione, s'à da reclamare il foglio di via della loro origine?
Ma lasciate che gli episodi della vita si compiano, senza intralci: niente è più sacrilego ed infecondo che il sopruso e la violenza perpetrata a danno dell'entusiasmo.

V. — Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sforzo e munificenza, per aumentare l'entusiastuo fervore  degli  elementi primordiali.
Né alcun passatista, come direbbe il Marinetti, negherà l'approvazione a questo numero.... del proclama.
Infatti l'Artista è come certe ruote d'ingranaggio, le quali ànno un congegno tale da centuplicare il primitivo impulso e restituire una forza attiva, avendo ricevuto l'urto con l'energia latente. Egli elabora con ardore la materia grezza ed aumenta il fervore dell'elemento primo.

VI. — Non v'è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
Tutte le consorterie sono esclusiviste: il futurismo come tutti gli aggruppamenti letterari, che in buona fede credono d'avere risolto il problema estetico, é una consorteria, intesa nel senso benevolo ed originario della parola. Epperò io — il quale sono una quantità come un'altra, forse negativa per molti — sarò futurista quando il Marinetti avrà dichiarato esplicitamente le sue vere intenzioni nell'atto di dettare il proclama, or mai celebre, e quando per conseguenza avrà risciacquato nel puro lavacro originale l'unica etichetta che — in questo caso solo — avrebbe una ragione d'esistere, futurismo: cioè negazione di tutte le etichette, scuole, cenacoli, accademie, consorterie.. Proclama di grandi verità, benissimo sintetizzate in una felice, semplice e vecchia frase.... fatta: l'Arte è la Vita, per dire fra l'altro che il Passato anche glorioso non è la Vita, ma l' antitesi di essa.
Quando poi il carattere aggressivo imposto dal futurismo all'opera d'arte perchè possa essere un capolavoro, avesse avuto nell'intenzione dello scrittore significato di intensità suggestiva noi sentiremmo la verità alzar la voce a suo vantaggio: nè alcuno potrebbe dar torto.

VII. — Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perchè dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell' impossibile? Il tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
Questa mia è opera di divulgatore ed illustratore, cerchiamo perciò di ridurre in più democratica forma il pensiero dei miei illustri amici : né conto d'interpretare esattamente quello che àn voluto dire....
Noi siamo sul promontorio... cioè: Noi siamo il risultato di una somma d' esperienza tale da permetterci  un atteggiamento di superiorità innanzi alle vicende della specie. Noi abbiamo superato le possibiliià umane e ci avviamo energicamente a scassinare le porte dell' Impossibile, per trafugarne il mistero... Frattanto siamo l'assoluto onnipresente, cioè oltre la storia ed oltre... la Terra: nessun colore di tempo né di razza impronterà le nostre concezioni.
O io mi sbaglio, ed allora ò torto, o non mi sbaglio, allora non ò ragione, poiché m'è saltato sul naso il grillo di discutere anche questo.... degli articoli il più spurio, così come certi numeri di programma dai quali l'impresario s'aspetta un trionfo e vi cadono ch'è un piacere.
Qui i miei amici scattando sull'acciaro dei loro muscoli corsero per afferrare la mosca bianca da collocare sul làbaro e si trovarono d' aver colto un pappo.

VIII- —Noi vogliamo glorificare la guerra—sola igiene del mondo — il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
Sia gloria alla guerra... patriottica quand' essa si trascina dietro anche il militarismo, così leggero del resto in grazia delle corazzate di Terni ; sia laude al libertario che sul formidabile ordegno d'una macchina infernale pone il fiore rosso della propria vita per il più rosso fiore dell' Idea esaltata ; siano prodighi i Poeti di canzoni a chi muore per un sogno fantasioso...
Epperò — e vorrei scriverlo con tre p — permettete, o Marinetti, che entro l'alone d'un bel gesto io possa, e con me, le retroguardie del Futurismo, scorgere la linea incerta della concreta bellezza, la figlia prediletta dello spirito dell'uomo. E se di quest'uomo voi mi fate un clown che ridicolosamente vi balli sopra un filo di ferro per divertivi... la folla, questa è azione da dilettante, da snob, non da Grande Poeta, quale io sento che voi siete. Credete ch'io vi predichi morale?... Bel pulpito la sconfinata mia coscienza per una predica!...
È ch'io non capisco l'incomposto arrabbattarsi d'una falange geniale per un frivolo istinto di rappresaglia. Chè la vostra guerra — igiene del Mondo — ed il vostro militarismo mi sanno di tendenza antisocialista lontano.... molto lontano!
E credete voi sul serio che una scuola letteraria — come vi piace chiamare il futurismo—possa concretarsi su basi, le quali non abbiano nelle profondità dell'essere il primo e più forte piano? La sincerità, ecco la sola   igiene del mondo! tranne non vi sorrida una   umanità  che  sia  la  resultante degli invalidi, dello scarto delle leve e di vecchi e di donne..... Delle quali pare ci si debba guardare come dalla... spinite: del resto è caso tipico in cui la causa per l'effetto calza, e come calza. Scherzi a parte sotto certi aspetti il futurismo l'à piantata giusta sull' affare della donna.
I belati, i piagnucolamenti, i deliqui e gli svenimenti ci àn rammollita un pò la colonna vertebrale, ed è tempo che l'uomo ritrovi il midollo della sua naturale vigoria maschia di propulsore e dominatore, specie quando una innumere turba di suffragettes à imposto alla tradizionale serietà britannica una veste da camera mostruosa, per arrivare più svelta, in mutandine, a carpire l'arma micidiale e sovvertitrice: il voto!... E l'à carpita!
Nè centro dell'universo, nè macchina da far figli, e s'intende non a torto oggi dal futurismo messa alla gogna, quando s'inveschia a farla da pepe in ogni minestra... la più spiccia della mensa politico-sociale.
Dice il futurismo: meno carne e più... nerbo. E sia!

IXNoi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.
La bufera degl'improperi s'è avventata contro l'innocente grido di rivolta, quado classicisti degni dell'umanesimo— e valga uno per tutti Ettore Romagnoli, mio illustre maestro—già da anni non pochi, s'armano dell'acuta amara satira, densa d'attico sale, per colpire la turba degli accademici, musoni topi miserabili, tignole bibliofile....
Dice: È la forma, il modo che offende !... Non li credete ! È che àn trovato da far bene il lor gioco su quattro audaci, audacissimi, ma giovani e di questi, alcuni ribelli per istinto, perché inesperti di.... materiale storico (ahi! quanto... materiale!) e ci si son messi col silenzio agghiacciante, coll'ironia sboccata e col ridicolo....
Ah, in quanto a questa positura di guerra benedetto tre e quattro volte e anche sette il futurismo del più irresistibile ed imponderabile futurista... Servirà anche dal suo canto a sbarazzarci la via troppo ingombra di materiale... 

X Noi canteremo le grandi folle agitate dal  lavoro, dal piacere o dalla sommossa ecc. ecc.
Cantate, cantate, o ardenti cicale, di questa estate rossa, purchè non veniate a schiacciarci innanzi le tignole raccolte fra i palinsesti o i codici adespoti e a gabellarci quell'esercitazione poco pulita per... un dattilo acatalettico in flagrante furto d' una sillaba!...
*Critica al Manifesto del Futurismo - Le Figaro - 20 febbraio 1909

***
(Critica...)
romanzo africano



Avendo finito di leggere, la mia grande curiosità gelosa s'era rilasciata in una stanchezza d'esasperazione.
Non ci si avvicina ad un libro d'un uomo d'ingegno, specie se quest'uomo è un nostro amico, con serenità né tanto meno con indifferenza. Anch'io ò creduto spesso alla cara illusione d'una critica impersonale, ma oggi più che altra volta, mi son trovato uomo di parte, chè se l'irritazione prodottami da «Mafarka-el-Bar» il romanzo futurista di F. T. Marinetti, mi fosse venuta da altri e per l'altra via, son certo che non avrei scritto queste note per paura dell'art. 295 del C. P.
Curiosità !
Io volevo sentire la prosa di romanzo del Marinetti, ma non potevo concepire fino a che punto possa trascinare il fanatismo d'una idea fissa o la coscienza della propria magnifica sostanza intellettiva, ed il Marinetti ch'è un milionario non avrebbe dovuto sprecare tanto fior di sangue e di nervi per colmare le mani, non piene mai, di coloro che àn bisogno esca onde dar fuoco alla paglia fumosa... soffocante.
D'un altro avrei forse detto che s'era sbagliato a suo mal grado, ma per il Marinetti ò la presunzione di affermare che Egli à scritto un libro per èpater le bourgeois (scandalizzare la borghesia).
Che si possa discutere un'opera di arte dal punto di vista della sua significazione etica e sociale, sebbene ancor oggi lo si pretenda e quel ch'è peggio lo si faccia, io non credo.

Infatti se, ad esempio, la Patria lontana del Corradini, di cui ò parlato, è stata posta allo strazio della discussione, anche da giovani di alti criteri d'arte, non è avvenuto già perchè la Patria lontana intenda combattere una battaglia, ma perchè il suo autore più che al titolo d'Artista, di cui d'altronde è degnissimo, tiene a quell'altro d'uomo d'azione.
Ed è per queste mie speciali vedute che io non indendo condannare a priori « Malarka », ma è pur troppo dalle stesse ch'ei vien condannato. Mi spiego.
Se un libro dovesse rispondere del corso ch'esso si compiace di assegnare ai valori della vita, e se dovesse subire lo strazio d'una inchiesta, ordinata a rivederne le alterazioni, nessun artista potrebbe dislacciarsi dalle strette tòrtili. L' artista crea, e la sua, ch' è in fondo una rievocazione dalle più scure ed insondate profondità dello spirito, è opera sacra, già che a volte parla strane voci per i mortali sensi degli uomini, mentre è in Lui una corrispondenza ideale con le forze occulte della natura.
Chi non à inteso ripetere almeno una volta nella sua vita che non è prudente richiedere all'Artista donde venga e a che miri ? Eppure c'è tanta gente la quale facendosi un dovere di appellarsi alla tradizione condanna le opere d'ingegno, cancellando ed insultando quella tradizione alla quale si appiglia perché la ignora, e vituperando d'immoralità tutto quanto non risponde ad una misura stabilita.
Ingenuità delle ingenuità, direbbe uno scrittore biblico, ma non è naturale che le opere d'arte siano tutte amorali se vogliono rispondere ad solo fine, all'Arte? E intendiamoci: amorali nel senso più comprensivo; vale a dire logiche nella loro logica fittizia, naturali nella loro artifiziosità di luci, di scorci e di profili per cui ne risulta una illusione di realtà più vera della verità stessa, poi che non suscettibile di decadenza; etiche nella loro etica opportunistica. Ma prima e sopra tutto pervase da quel senso di indefinibile e complessa elevazione ch'è nell'opera d'arte, cioè la bellezza.
E così non preoccupandomi della balorda ed imponderabile accusa di oltraggio al pudore, per cui il libro del Marinetti è stato sequestrato dalla Procura Generale di Milano, ritorno al mio pensiero: il romanzo del Marinetti non à ragione d'essere poi che non è opera amorale, ma tende sin dalle prime pagine ad una esaltazione che è poi una tesi.
Ripeto non ò il diritto di preoccuparmi della tesi, ma ò quello di sviscerare il valore quantitativamente, in ciò ch'è la sua ragione d'essere, la ragione estetica.
* *  *
Gran poema di barbarie, ove le parole son  orde  selvagge di negri, che rispondono al ritmo d'un fragoroso rombo di tuoni per lanciarsi nella mischia fulminei, sui cavalli sfrenati, il « Mafarka » nella sua prima metà, sarebbe bastato alla gloria d'un poeta primìparo. Infatti senza le posteriori volute avremmo dimenticato le inopportune fila della tesi esposte sin dall' inizio.
Procede il romanzo per grandi quadri non altrimenti d'un poema, epperò un sol pensiero di quella vita intensamente fittizia cui accennavo poco fa, troppo spesso mal frenato, mal chiaro entro il bronzo del periodo, traluce.
Bisogna oltrepassarsi per poter fissare tutti gli strati inferiori della vita senza rimpianti, e nessun mezzo migliore di temprare questa volontà di elevazione, che il rappresentare la bétise degli uomini, crudamente, nella sua debolezza e nella sua istintiva irruenza.
Questa la  sintesi  del  romanzo,  e questa io penso la ragione delle frequenti imaginì lussuriose e delle scene carnali e della macabra, maravigliosa tregenda fallica, Lo stupro delle negre, degna di chi à concepito Re Baldoria, vale a dire del poeta più imaginoso, visionario, originale contemporaneo.
Egli à mezzo di contrapporre cosi' la granitica tagliente volontà di dominio e di purezza, alla molle flessibilità di schiena degli esseri inferiori che s'armano di verga e per essa vivono battendo i fiori sanguigni delle due bocche femminee.
Intorno a « Mafarka », al fratello suo Magamol, che finisce miseramente con la promessa sposa Ourabelli-Charchar per essere stato morso da un cane idrofobo, intorno a Coloubbi, che pretende essere stata la madre e l'amante del figlio di Mafarka Gazourmah, poi che lo stato dionisiaco, in cui Egli concepì il mostro alato e lo fuse e gli die moto, pretende Coloubbi d'averglielo essa prodotto con un suo sguardo possente, s'agitano le turbe schiave di Mafarka e del suo rivale condottiero di negri Brafane-el-Kibir.
O, le arse e spasimose cavalcate pel deserto dietro un'ombra o dietro un sogno del Marinetti, truccato da re barbaro!.... O, le onde di sabbia infoncata che morde le carni lucide, l'ansito caldo dei petti larghi, le grida strazianti dei feriti, o i gemiti delle negre stuprate in un'orgia titanica! Pagine di impeto e di concezione superiore.
L'estetica del futurismo è puramente e semplicemente dinamica, ma nel suo condottiero assurge alle irrequietezze più folli dell'azione.
E può parere un controsenso che in questo romanzo del Marinetti manchi proprio l'azione del senso più elementare.
Vi manca infatti una linea di svolgimento, quando invece attorno a Mafarka tutto vive una vita intensa. Egli vuole, sa ottenere, s' oltrepassa ma non ci persuade, già che la sua volontà d'elevazione sconfina dal senso umano di visione del mondo. Almeno sino a quando non sarà più ridicolo pensare ad una ideale umanità che faccia dei figli « sans le secours de la vulve! » tranne che non si voglia pensare ad una serie d'esperienze ultravulvari....
M'ero proposto di non discutere il romanzo nella sua tesi.
Mafarka enuncia una sua serie di affermazioni, e nel discours futuriste arriva a questa conclusione « Il est possible de pousser hors de sa chair, sans le concours et la puante com-plicité de la matrice de la femme, un géant immortel aux ailes infail-libles! » Date a questa idea delle premesse e sottoponetela a conseguenze e troverete l'uomo-areoplano, l'uomo-macchina.
Per questo fine, solo per questo fine, ch'è il punto ultimo dalla vita mortale, l'eroe Mafarka-el-Bar acumina l'acciaio delle sue membra e lo stile della sua volontà di dominio sulla cute ossea delle schiene umane.
Gl'istinti primitivi della specie ricondotti alla espressione di una razza eroica: potremmo magari discutere sino a che punto gl' ideali della nuova società democratica si possano e si debbano anzi accordare con questi istinti: la loro contraddizione appar-rebbe meno irriducibile di quanto si pensa. Ma non sarà mai lo sforzo della gente universa teso alla conquista d'un sogno poetico ultra-umano, contro natura.
Belle le sante battaglie dell'ideale, ma fino a quando avranno premesse e finalità umane, come quasi tutti i capisaldi del movimento futurista, ma quando trascendono e danno un balzo a capofitto nell'irrisorio, quale il figlio inorganico di Mafarka,  allora non   entrano   nemmeno   nel   mondo delle visioni.   
E per questo e per ragioni meno fondamentali, ch'io non son uso apportare quando parlo d'un'opera d'ingegno non comune, Mafarka-el-Bar non è un libro riuscito.

***
Vedi anche:  

LA VERA STORIA DEL FUTURISMO, la parola a Gesualdo Manzella Frontini 


"Volare - Il tema della sfida allo spazio aereo attraverso il volo meccanico, con le relative opportunità che essa offre di avventura umana e di sogni imperiali, viene aggiudicato nella collana della Bemporad al poeta futurista Gesualdo Manzella Frontini. Il quale ha tutti i titoli, come futurista, anche se nel corso degli anni Venti viene prendendo le distanze da certe radicalizzazioni dei giovani compagni di strada e viene sottoscrivendo le riserve critiche degli ex futuristi fiorentini, Papini, Soffici, Palazzeschi, ma anche come fascista della prima ora, come reduce della Grande Guerra, come portatore di una fantasia estrosa e generosa, per confrontarsi con questa prova."
G. Manzella Frontini e Carlo Carrà

sabato 28 agosto 2010

LA VERA STORIA DEL FUTURISMO, la parola a Gesualdo Manzella Frontini

-Futurismo e Passatismo -
Per quanto riguarda l'appartenenza di Gesualdo Manzella Frontini al movimento futurista, bisogna risalire a quando lo scrittore, ventenne, aderisce ai motivi e alle forme di quella generazione irrequieta che sotto il Consolato austriaco grida “Viva Trento e Trieste”, generazione, inoltre, carica di una certa insofferenza per tutto ciò che andava determinandosi del tramontato Ottocento. (vedi anche qui )
Così, insieme ai compagni di studio, attacca la vecchia cultura e tutto ciò che si riferisce al passato.
Il Manzella, nel gennaio del 1907, lancia un manifesto dove sono già espresse, prima che lo facesse il Marinetti, le idee e la rivolta futurista. E a questo punto penso interessante riportare gli stessi appunti manoscritti del Manzella raggruppati in una carpetta dal titolo “Futurismo e Passatismo”.
Gli appunti servirono al Manzella per una conferenza tenuta al Kursal di Luino il 29 marzo del 1913.
Ecco cosa scrive: “ Nel gennaio del 1907 io lanciavo un manifesto che preludeva la pubblicazione d'un giornale letterario, “Critica ed Arte” forse non ignoto a qualcuno di voi. Il manifesto fu accolto con ostilità molte: esso portava fra le righe frasi stilizzate la rivolta futurista, ma non ne conteneva il nome, né la prepotenza aggressiva. Ebbi pochi aderenti e tra questi un giovane di genio, Filippo Tommaso Marinetti, che fu collaboratore nel mio giornale e che mi divenne amico affettuoso.
Era trascorso un anno quando il Figaro, il giornale diffuso parigino, lanciava al mondo col nome di futurismo un grido di elevazione di rinnovamento di nuovo orientamento, e il Marinetti eroicamente affrontava con la stessa idealità e con mie identiche la lotta ch'io non avevo saputo sostenere...”
Il manifesto lanciato dal Manzella nel gennaio del 1907, prima ancora di quello del Marinetti del 1909, non ha fortuna e la rivolta, ch'era futurista, esposta-vi dal Manzella Frontini viene accolta senza entusiasmo. 
Ma continua Gesualdo Manzella: “ Così nasceva il futurismo. Il proclama (del Marinetti) piacque a me, ed era umano che fosse piaciuto, poiché io vi leggevo la eco dell'anima mia, eco lontana che datava fin dal 1903 quando pubblicavo il mio primo volume dal titolo “Novissima – semi ritmi” ove per primo in Italia cantavo in metri liberi canzoni che la critica giudicò audaci, sconvenienti, poco sereni... Io intesi il bisogno di scrivere al Marinetti non già per aderire – ch'egli era stato un mio efficace collaboratore un anno prima – ma per ricordargli che sotto la forma di aggressiva irruenza egli non faceva che ripetere quanto avete voi già inteso nel mio manifesto...


Mi sembra opportuno, a questo punto, riportare le parole che la redazione di “Critica ed Arte” indirizza “ agli artisti giovani e alla gioventù contemporanea”: “ Parta dalla terra del sole, dalla feconda terra fiorita, e dalla città ardita sotto l'incubo ognora minaccioso del possente ubèro di fuoco, o fratelli giovani, dispersi fra le ruine d'Italia, la voce di rinnovamento. Rispettosi verso coloro che abbiamo ammirato, non chiederemo il loro contributo; vogliamo che il glorioso passato giudichi il presente ardito e l'avvenire che NOI rechiamo in Noi. Cadremo forse nella lotta, ma superbi di una tale caduta”. (Critica ed Arte – Catania, gennaio 1907).  Il giornale procura tali noie al Manzella, che al quinto numero si ritira.

Proseguendo la conferenza di Luino (1913) così egli si esprime: “ So che alcuni di voi, parenti della mia piccola falange scolaresca, sono già scandalizzati per il fatto, in verità non nuovo, d'un insegnante che si occupi d'altro che non sia la scuola ed i registri e le medie e le raccomandazioni. Quest'uomo fortunatamente non è vecchio e possiede perciò quella grande virtù che il mondo non ha saputo e non saprà cantare: la fede audace, ed è così che egli vi parlerà stasera del Futurismo, convinto, convintissimo di arrecare alle vostre menti chiarezza di idee e convinzione perché possiate giudicare questi pochi apostoli fiduciosi ed esaltati di volontà”. Continuando: “ Il buon pubblico nostro non vuole operare alcun sforzo, ama che gli si dia la sua brava porzioncina di poesia o di pittura o di musica... per aperitivo o digestivo, e non crede opportuno spiegarsi alcun tentativo di novità, sia pure fatale, rispondente a necessità ideologiche o sociali. Non dice: forse non comprendo; - ma s'affretta a gridare: - siete pazzi – a coloro che sono stati chiamati dalla Natura a precorrere le vie nuove e ardite”.
Significativa è la definizione che da del Futurismo, prima del 1909: “ Se Futurismo significa esaltazione della vita, di quella vita energica ch'è moto, velocità, irruenza, violenza significa espressione perfetta della nostra anima di arrivisti, di industriali audaci e avidi, di commercianti subdoli, d'operai scontenti e rivoluzionari”. 


Lettera indirizzata a Giuseppe Lipparini il 7 luglio 1911, che riporto: “ Credetemi, caro Lipparini, noi abbiamo inventato il “futurismo” per la gravezza paludosa dell'aria che ci sta attorno e ci corrompe e ci pervade entro le vene il sangue e le carni ed il cervello; abbiamo inventato il “futurismo” per bisogno ineffabile ed impellente di nuovo, ci siamo ribellati a tutto e a tutti perché volevamo scorgere, dopo l'empietà dell'incomposta distruzione, qualcosa la quale non fosse il putrido presente incolore, astioso, convinti magari di non aver niente da dire, se non parole di ira, accenti rotti di sdegno, sconvenienze; ma era fede profonda la nostra, ed ora si è capito anche dalle persone serie, era speranza d'invenire fra i rottami il segno vivo di ciò che volevamo.
E se non esistesse bisognerebbe crearlo un movimento simile.. e chiamatelo se più vi piace anarchismo”. 
Intanto il Marinetti, pubblica il suo Manifesto e da questo momenteo inizia la corrispondenza con Manzella-Frontini. “ ….....Marinetti è un uomo che non è affatto pazzo, ma uno degli uomini più rappresentativi e geniali di questo primo quarto di secolo. Marinetti che è tempista come Mussolini e come Mussolini è d'una straordinaria sensibilità politica, abbandonando agli ulteriori sviluppi i vari futurismi, volle porsi all'avanguardia dell'anima nazionale e creò il Futurismo nazionale italiano.


L'errore nostro fu quello di aver confuso gl'indistinti moti di rivolta contro la podagrosa Italietta umbertina con l'ispirazione e con la serena visione della vita e del mondo” (L'arte fascista non sarà l'arte futurista - 1926)



***
lavori per wikisource, vedi qui



Canto  d'allarme.«Novissima Semi ritmi» (1904)

Perché,  o mio cuore,  questa sera  impaziente
tu  batti con fremito d' allarme ?
Senti tu forse il lontano ululato de la livida schiera
minacciosa dei pensieri ?
Penetra il soffio violento do la lotta e si stende
su la landa arida del cervello.
Tu fremi,  o mio cuore fedele,  nel vano  richiamo
de le disperse speranze, degli ideali lontani ;
ma non vedi gli stinchi al suolo
e l'olezzo non  senti de le carcasse imputridite?
Non vedi la schiera de le mulacchie
gracchiani su gli scheletri spogli
volteggiare ne 1' aria ?
Tu batti ancora il funebre canto de la sconfitta !
Io sento a la gola i singhiozzi de le ruine.



Bibliografia
G. Manzella Frontini, di D. Di Bella - relatore Prof. Ermanno Scuderi  1976/77
Futurismo e Passatismo, manoscritto per conferenza tenuta al Kursal di Luino, 29 marzo1913
G. Manzella Frontini, Corriere di Sicilia, 13 aprile 1963
La Redazione, Agli artisti giovani e alla gioventù contemporanea, in Critica ed Arte gennaio 1906
A Giuseppe Lipparini, Corriere di Catania, 7 luglio 1911 

Biografia – G. Manzella Frontini di Vito Finocchiaro, 1985.

Il ricordo di Gesualdo Manzella Frontini è ritornato piacevole e grato alla mia mente con lo «speciale» di Gaetano Zappalà, «Don Gesualdo di Trezza», pubblicato su «La Sicilia» del 28 ottobre 1985, nella ricorrenza del centenario della nascita del letterato catanese. Definire letterato il Manzella Frontini è, forse, un poco riduttivo, anche se l'essere cultore della letteratura, e cultore come lo fu lui, è pregio non da poco. Riduttivo, nel suo caso, perché egli non fu soltanto un eccezionale, coltissimo conoscitore e profondo studioso dell'«insieme delle opere, pertinenti ad una cultura o civiltà, affidate alla scrittura», non un semplice fruitore delle opere altrui, ma un soggetto attivo, un protagonista del fatto letterario. Fu, infatti, scrittore, poeta e giornalista raffinatissimo, impegnato, espressivo e fecondo (dei suoi ottantanni di vita ne dedicò più d'una sessantina allo scrivere!), un nome autentico a livello nazionale ed europeo, se è vero, com'è vero, che lo troviamo con Filippo Tommaso Marinetti tra i fondatori del futurismo, nel 1910 tra i firmatari del «Manifesto dei drammaturghi futuristi» dello stesso Marinetti (è con i poeti Gian Pietro Lucini, Paolo Buzzi, Federico De Maria, Enrico Cavacchioli, Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni, Libero Altomare, Luciano Folgore, Giuseppe Carrieri, Mario Bètuda, Enrico Cardile, Armando Mazza, assieme ai pittori Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini ed al musicista Balilla Pratella) e tra le personalità che figurano nel «Manifesto delle avanguardie letterarie ed artistiche europee» firmato da Guillaume Apollinaire nel 1913 a Parigi (nell'elenco vi sono Marinetti, Picasso, Carrà, Matisse, Palazzeschi, Strawinsky, Papini, Soffici, tanto per fare dei nomi che dicono molto a tutti).
Laureato in lettere e diplomato in filologia, insegnante nei licei classici di Prato, Luino, Cassino e Catania («Cutelli» e «Spedalieri») nonché nel liceo dell'Istituto San Michele di Acireale, Gesualdo Manzella Frontini diresse i giornali romani «L'idea liberale» (1914), «Le fonti» (1918), «Corriere africano» (1930) e collaborò a numerosi giornali e riviste, tra cui «Delta», «Vita nova», «Popolo di Roma», «Anthologie», «Lavoro fascista», «Corriere emiliano», «Ausonia», «Misura», «La rassegna», «Il resto del Carlino», «Novella», «Corriere della sera», «Corriere di Sicilia», «Popolo di Sicilia», «La Sicilia», «L'ora», «Giornale di poesia», «La fiera letteraria» e «Poesia», la rivista di F. T. Marinetti. Fu autore prolifico e versatile, come si conviene a chi nutre molteplici interessi ed ha il desiderio intenso (direi meglio, figurativamente, la smania) di soddisfarli tutti. Scrisse, infatti, ben ventisei opere (e va da sé che mi riferisco a quelle pubblicate in volumi), spaziando dalla poesia al teatro, dai racconti alla letteratura ed alla retorica, dagli studi critici e dai saggi ai romanzi. Val proprio la pena di elencare i suoi libri (e lo farò in appendice, anche per ricordarne alcuni che oggi sono poco noti), divisi per sezioni, non senza notare che ognuna di queste l'Autore curò non episodicamente ma per lunghi periodi della sua intensa vita, con ampio respiro di continuità, dando corpo a coerenti sequenze temporali, che si avvertono particolarmente nei campi della poesia, della saggistica e della narrativa.
Non è, comunque, questa la sede, per chi, come me, non è un critico letterario né sa portare avanti con autorevolezza disquisizioni in chiave di puro estetismo, per approfondire il discorso su Gesualdo Manzella Frontini, scrittore ed operatore di cultura nel senso più largo dell'accezione. ........


OPERE DI G. MANZELLA FRONTINI
 
POESIA: 
«Novissima Semi ritmi» (1904),
«Le rosse vergini. Rime pagane»(1905),
«Il prisma dell'anima» (1911?),
«Sul gigli gocce sanguigne»(1920),
«Il mio libro dai campi P.W.» (1949).

RACCONTI: 
«Le lupe» (1906),
«Quando la preda è stretta» (1921).Premio “Il Seminatore”

STUDI CRITICI E SAGGI:
«La Lozana Andaluza» (1910),
«Contemporanei e futuristi» (1910),
«Auro d'Alba» (1927),
«Mario Puccini» (1927),
«Il Santo mediterraneo» (1931).
«Abate» (1932)


TEATRO: 
«L'altro sangue» (1922?),
«Verso le ombre» (1923),
«La madre immortale» (1935).

LIBRI DI LETTERATURA E DI RETORICA:
«Note di letteratura» (1921),
«Lingua e stile» (1931),
«Idee estetiche e gusto»  (1924).

ROMANZI: 
«L'Uomo che non seppe odiare» (1924),
«Il testamento di Giuda» (1925),
«Pupetta» (1926),
«Circo Barum, naja e sciacalli» (1933), premio “Accademia d'Italia”
«Scale» (1935), premio “Foce”
«Crocifissi alla terra» (1953),
«Sorte» (1961), quest'ultimo con presentazione di Bonaventura Tecchi.

VARIE: 
«Volare» (1927),
«L'eroico imperiale» (1928),
«Italia una e diversa, tutte le regioni» (1923).

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Vedi anche: 

COSA É IL FUTURISMO ? Commento al decalogo di Gesualdo Manzella Frontini (1910) e Critica a MAFARKA-EL-BAR romanzo africano - QUI

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Dal 1903 al 1965 scrive per La Sicilia, il Corriere dell'Isola, La voce dell'Isola, Orizzonti, Libera parola, Il Tevere, Quadrivio, La Gazzetta delle Arti, Ultimissime, Momento Sera, Le Lettere, Il lavoro Fascista, Tribuna Agricola, La Gazzetta del Sud, Il Resto del Carlino, Pomeriggio, Il Risveglio, Milano Sera.
I due pseudonimi (in sicilia) Eligio Flora e Deodato Perduti.

Collabora alle riviste
1903 Fantasmagoria
1904 La Lettura
1906 Critica ed Arte
1909 Poesia
1915 Imo de Pectore
1920 Rivista delle Signorine
1921/28 Le Fonti
1922 Il Polline
1923 Delta
1925 Polemica
1926 Bibliografia Fascista
1926/27 Le Thyrse
1926/28 Vita Nova
1926/29 L'Arte Fascista
1927 Quaderni Fascisti. Volare.
1930/31 Il Corriere Africano
1932 L'Asceta
1932/33 In Aevum
1938/39 Il Nuovo Stato
1946 Rassegna
1947 Misura
1947/48 Le Arti Belle
1947/48 Camene
1950/53 Doctrina
1955 Rassegna
1956/62 Catania
1957 Realtà
1957/60 Battaglia letteraria
1959 La Lucerna
1960 Vie Mediterranee.

A la sala anatomica. «Novissima Semi ritmi» (1904)

Oh,  ricordo perenne ! 

Un profumato autunno di tuberose, 
un acre odore d' acido fenico. 
Entrai  ne la sala anatomica  illuminata 
da le ultime fiammate d'un vespero di viola e di croco. 
Stavano stesi i cadaveri, squarciati, 
di sangue e di  grumi su le tavole chiazzate; 
Un vecchio, con l' occhio schizzato, 
avea un torace microscopico, 
su la glutine de l'occhio fetente le mosche 
importune un inno cantavano liete. 
Uno straccio di vecchio giornale turava la bocca d' un tisico, 
sul quale attenti lavoravano dei giovani : 
cedette lo sterno
fremettero i consunti, lividi polmoni 
imputriditi.
Quando su l' ultimo marmo, 
una donna vidi, da le anche spiccate, 
ed il seno avea floscio, 
ed il ventre squarciato colante materia, 
l'immagine vostra,  divina creatura, 
ne la sua carne di molle biancore 
improvvisa mi svelò la sua fresca.... 
ma pur vana bellezza.

Il dramma "La madre immortale" di Gesualdo Manzella Frontini





 Archivio Storico Luce - Attrice Marcella Albani
Giornale Luce B0485 del 06/1934