Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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mercoledì 12 novembre 2025

Sunto Analitico della Tesi su Gesualdo Manzella Frontini

Autrice: Domenica Di Bella
Anno Accademico: 1976-1977
Relatore: Prof. Ermanno Scuderi

1. Profilo Biografico (Approfondito)

Gesualdo Manzella Frontini (Catania, 1885-1965) è una figura poliedrica della cultura italiana della prima metà del '900.

  • Formazione e Carriera: Dopo studi impegnati, si laurea in Lettere presso l'Università di Catania (1908) e consegue un Diploma in Filologia. La sua carriera di insegnante e preside lo porta a Prato (Liceo "Cicognini"), Luino e, soprattutto, a Cassino, dove risiede dal 1915 al 1937, diventando un punto di riferimento per la vita culturale locale.

  • Esperienze Belliche: Pur inizialmente riformato, parte volontario per la Prima Guerra Mondiale, rimanendo al fronte dal 1916 al 1919 e venendo ferito. Durante la Seconda Guerra Mondiale, viene catturato e trascorre 25 mesi in un campo di concentramento. Questa esperienza traumatica è fondamentale per la sua maturazione artistica.

  • Vita Personale e Drammi: Sposa prima Italia Coffa (da cui ha cinque figli) e, dopo la morte di lei, Celeste Sferrino (con cui ha un figlio, Ardenzo, chiamato così in memoria del figlio Ardengo deceduto). La morte in mare del figlio Ardengo (1942), tenente di sommergibile, è una ferita che segna profondamente la sua vita e la sua produzione poetica successiva, in particolare la raccolta Il libro dei campi P.V.

2. Percorso Letterario e Ideologico (Dettagliato)

La tesi delinea un percorso intellettuale che va dall'avanguardia alla riscoperta della tradizione verista.

  • Precursore del Futurismo: La tesi sostiene, basandosi su manoscritti inediti dell'autore, che Manzella Frontini lanciò un manifesto di rivolta già nel 1907, anticipando di due anni il manifesto di Marinetti. Fondò a Catania la rivista "Critica ed Arte" (1905), il cui programma ("agli artisti giovani e alla gioventù contemporanea") era un "grido di riscossa" contro la cultura accademica.

  • Rapporto con Marinetti: La tesi riporta per esteso una lettera di Marinetti a Manzella Frontini (22 novembre 1909), che elogia il suo spirito ribelle ma precisa la propria "formula esplosiva". Nei suoi appunti, Manzella Frontini rivendica la priorità delle proprie idee, definendo Marinetti un "collaboratore" del suo giornale e poi un amico che eroicamente portò avanti la lotta che lui non seppe sostenere.

  • Allontanamento dal Futurismo: Con gli anni, la delusione per la deriva del movimento, vissuto ormai come un "mezzo di incontrarsi" più che un'autentica poetica, e le tragiche esperienze personali (guerra, prigionia, lutto) lo portano a un progressivo abbandono delle posizioni futuriste. La tesi cita Carlo Bo per definire il Futurismo come un movimento determinato da "una ragione polemica" e preoccupato di "ragioni del tutto particolari e marginali".

  • Approdo a un Realismo Umano: La sua produzione matura si avvicina al mondo di Giovanni Verga, mostrando una profonda compassione per gli umili e i vinti. Tuttavia, a differenza del pessimismo verghiano, i personaggi di Manzella Frontini spesso tentano, anche se invano, la ribellione o trovano una via di riscatto nell'amore (es. la maternità in Ciro Barbaro).

3. Produzione Letteraria: Opere Principali e Analisi

La tesi passa in rassegna l'intera produzione, con analisi dettagliate delle opere più significative.

  • Esordi Poetici e Futuristi:

    • Novissima Semi Ritmi (1904) e Le Rosse Vergini (1905): Prime raccolte che rivelano un'anima irrequieta, un'aspirazione alla vita libera e una prima adesione al versoliberismo. La critica del tempo ne lodò la vivacità delle immagini e lo "spirito ricercatore di sensazioni".

    • Le Lupe (1906): Raccolta di cinque novelle che esplorano passioni violente e selvagge. I personaggi sono "tipi selvaggi, nudi, violenti ed impulsivi". La critica (come M. Cresci) ne sottolineò la forza descrittiva e la "prosa che gareggia con le più armoniose rime".

  • Narrativa e Teatro (Anni '20 e '30):

    • Il testamento di Giuda (1925): Considerato uno dei suoi capolavori. Racconta la storia di un disertore, Bendato, perseguitato da una società che lo condanna senza pietà per la sua bontà e ingenuità. La tesi lo definisce "profondamente triste, ma profondamente vero". Il finale, in cui il protagonista si chiede se non ci sia anche una sua colpa, salva l'opera dal nichilismo.

    • Scale (1935): Romanzo che, attraverso la vita degli inquilini di tre palazzi comunicanti, descrive l'Italia anteguerra, in guerra e post-guerra. La guerra è vissuta di riflesso, ma la sua ombra condiziona ogni esistenza. Il critico Ermanno Scuderi, pur lodando la vitalità dell'opera, gli suggerì di tornare alla tecnica più compatta de Il testamento di Giuda.

  • La Piena Maturità: Il Dolore e il Realismo (Dal 1949):

    • Il libro dei campi P.V. (1949): Opera capitale. Questa raccolta poetica nasce dall'esperienza della prigionia. Le sigle "P.V." stanno per "Prisonnier of War". È un'opera di altissimo valore umano, che esprime orrore, dolore per la perdita del figlio, ma anche una commovente pietà, come nella lirica Dammi la mano, caporale Bolton, dove tende la mano al suo aguzzino, unito a lui dal comune pensiero per i figli lontani.

    • Crocifissi alla terra (1953): Opera narrativa fondamentale, composta da un romanzo lungo e due racconti. Il romanzo omonimo, di ambientazione rurale siciliana, racconta la storia di Maddalena, una ragazza sedotta e abbandonata, "crocifissa" dai pregiudizi sociali e dall'ambiente. Lo stile è dichiaratamente verghiano, ma con una nota di più acceso dramma personale. I due racconti, La voce del figlio e I reticolati, sono invece legati alle allucinazioni e alle tragedie della prigionia.

4. Temi Cardine e Stile

  • Temi Ricorrenti:

    • La Sofferenza Umana e l'Ingiustizia Sociale: È il filo rosso di tutta la sua opera matura. I suoi personaggi sono "vinti" dalla società, dal destino o dalla malvagità umana.

    • La Sicilianità: Amò profondamente la sua terra e il suo popolo. Scrisse anche dei Canti popolari siciliani, mettendone in luce la "nota di signorilità" e i temi dell'onore, della gelosia e della fedeltà.

    • Il Lutto Paterno: La morte del figlio Ardengo è un trauma che percorre le opere successive, trasformandosi in poesia angosciata e in una preghiera disperata (Offerta).

    • La Ricerca di una Fede: In opere come Il Santo mediterraneo (1931) riflette sul francescanesimo, visto non come rinuncia ascetica ma come amore per tutte le creature.

  • Stile ed Evoluzione:
    Passa da un linguaggio sperimentale, vibrante e a volte enfatico delle prime opere futuriste a uno stile più asciutto, diretto e profondamente umano nelle opere della maturità. Nella narrativa è un realista con una forte sensibilità psicologica, capace di scavare nell'animo dei suoi personaggi.

5. Relazioni Culturali e Giudizio della Critica

  • Rapporti Culturali: Ebbe intensi scambi con i maggiori intellettuali del tempo: Filippo Tommaso Marinetti (futurismo), Luigi Capuana (di cui fu allievo e di cui tracciò un affettuoso ritratto), Giovanni Verga (la cui ammirazione è evidente in molti scritti), e altri come Ada Negri, Massimo Bontempelli e Ugo Betti.

  • Fortuna Critica: La tesi riconosce che, nonostante la vasta produzione, Manzella Frontini non raggiunse la fama dei grandi autori suoi contemporanei. Tuttavia, fu sempre molto stimato dalla critica per la sua onestà intellettuale, la sua potenza narrativa e la sua autenticità. Giudizi come quelli di Ermanno Scuderi ("narratore di razza; ha il senso dell'equilibrio, le qualità dello psicologo, il respiro obiettivo e piano del sentire dell'artista nato") ne confermano il rispetto di cui godeva.

6. Conclusione della Tesi

La tesi di Domenica Di Bella delinea la figura di un intellettuale complesso di indubbio valore. Gesualdo Manzella Frontini emerge come un uomo che, partito dall'irruenza giovanile del Futurismo, ha saputo attraversare le tragedie del suo tempo trasformandole in un'arte matura, commossa e profondamente umana. La sua narrativa realista, specialmente con Il testamento di Giuda e Crocifissi alla terra, e la sua poesia nata dal dolore in Il libro dei campi P.V., costituiscono un contributo significativo alla letteratura italiana del Novecento, caratterizzato da una rara capacità di rappresentare il dramma dell'uomo comune con potenza, autenticità e una sofferta pietà.


mercoledì 22 ottobre 2025

Adelaide Bernardini - Tra Polemiche e Rivalità

 




L'articolo di Giuliana Antonella Giacobbe ha l'obiettivo di riportare alla luce la figura di Adelaide Bernardini, una scrittrice, poetessa e drammaturga italiana di origini umbre, attiva a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. Nonostante una produzione letteraria versatile e significativa, Bernardini fu condannata a un ingiusto oblio, vittima di una critica maschile che la giudicò più per la sua vita privata e il suo carattere ribelle che per il valore delle sue opere.

Una Carriera Poliedrica e le Prime Accoglienze

Bernardini fu un'autrice prolifica tra il 1896 e il 1920, cimentandosi in diversi generi:

  • Narrativa e Teatro: Scrisse novelle e opere teatrali, spesso con protagoniste femminili "fuori dal canone", ribelli e animate dal desiderio di emancipazione.

  • Poesia: Pubblicò diverse raccolte poetiche, tra cui IntimeNuove IntimeFlos Animae e Sottovoce.

  • Giornalismo: Collaborò assiduamente con importanti testate nazionali (come La Tribuna e Nuova Antologia) e riviste femminili (come La Donna), dove veniva celebrata come una delle migliori collaboratrici.

Inizialmente, la sua poesia ricevette giudizi positivi dal ristretto circolo verista del futuro marito, Luigi Capuana. Giovanni Verga e Federico De Roberto, per esempio, elogiarono la sua raccolta Nuove Intime per la sua freschezza e sincerità.

Il Matrimonio con Capuana e lo Scandalo

La svolta nella sua percezione pubblica fu il matrimonio, nel 1908, con il celebre scrittore verista Luigi Capuana, molto più anziano di lei. Questo evento scatenò un'ondata di pettegolezzi, invidie e aspre critiche personali.

  • Accuse di Arrivismo: Autori come Mario Rapisardi e Luigi Pirandello la dipinsero non come una moglie, ma come una "profittatrice" che sfruttava la fama del marito per farsi strada nel mondo letterario. Pirandello, in una lettera privata, la definì sprezzantemente "una donna stupidissima".

  • La "Macellatio": Il disprezzo raggiunse l'apice nel 1913 con la pubblicazione di un libello diffamatorio, la Macellatio Capuanae Bernardinaeque, da parte di Francesco Biondolillo e Mariotto Mariotti, che si beffavano apertamente della coppia. 

  • Lo Scontro con il Futurismo e l'Episodio Cruciale con Marinetti

  • Nonostante le sue opere mostrassero uno spirito innovativo e anticonformista, Bernardini si scontrò con il movimento futurista, la cui retorica era profondamente maschilista.  Un momento cruciale della sua carriera fu la vicenda legata alla pubblicazione della sua raccolta poetica Sottovoce

  • La Richiesta di Marinetti: Filippo Tommaso Marinetti, inizialmente entusiasta dei suoi versi, accettò di pubblicare la raccolta nella sua rivista Poesia. Tuttavia, poco prima della stampa, impose delle condizioni umilianti: chiese alla poetessa di cambiare il titolo in "Il mio grido" (più "virile" e conforme al Futurismo) e di aggiungere un prologo firmato dal marito, Luigi Capuana. 

  • Il Rifiuto e l'Auto-Emarginazione: Bernardini, donna fiera e contraria a qualsiasi sottomissione, rifiutò categoricamente. Rinunciò alla pubblicazione con Marinetti e diede alle stampe Sottovoce per un editore catanese, accompagnandola con un prologo di sfida diretto "al lettore", in cui denunciava pubblicamente le richieste del leader futurista e affermava la sua indipendenza artistica.

    • La Rinuncia alla Poesia: Questo episodio la portò a un'amara presa di coscienza. Sentendosi negata la libertà espressiva, decise di abbandonare per sempre la poesia per dedicarsi esclusivamente alla narrativa e al teatro, generi che le permisero una voce più libera.

    • Gesualdo Manzella Frontini: l'Attacco di un Futurista Siciliano

      In questo clima di ostilità, l'articolo mette in particolare evidenza la figura di Gesualdo Manzella Frontini, presentandolo come un chiaro esempio delle beffe e dei tentativi di sminuire il suo lavoro.

      • L'Attacco Pubblico: Il 28 aprile 1910, Frontini, uno dei massimi esponenti del futurismo siciliano, pubblicò sul Corriere della sera un articolo dal titolo "Grotteschi e romantici (a Luigi Capuana sempre giovane)".

      • La Derisione: In questo scritto, Frontini usò in tono derisorio il titolo di un'opera della Bernardini, La vita urge…, citandolo con sarcasmo: "La vita urge – io ripeto – con richiamo affettuoso alla gentile Bernardini-Capuana...". Il suo intento era chiaramente quello di sminuirla, associando il titolo della sua opera a uno spirito "grottesco" e prendendo in giro la coppia.

      • La Tempestiva Difesa di Capuana: La reazione di Luigi Capuana fu immediata e fortissima. Assumendo il ruolo di portavoce della moglie, rispose a Frontini con una lettera in cui non solo difendeva Adelaide, ma ne rivendicava con forza il ruolo di futurista ante litteram. Capuana scrisse che lei era futurista "da tanto tempo avanti che si parlasse di futurismo!" e che il suo futurismo era soprattutto "sincerità". Questo episodio dimostra come Capuana avesse perfettamente compreso le manovre in atto per emarginare la giovane moglie e cercò di contrastarle, riconoscendo e valorizzando pubblicamente il suo talento e il suo spirito pionieristico. 

      • La vicenda di Adelaide Bernardini è esemplare delle difficoltà incontrate dalle intellettuali donne della sua epoca. La sua figura mette a nudo l'arbitrarietà di una critica letteraria che, nel caso delle scrittrici, privilegiava i pettegolezzi biografici al giudizio estetico, e l'esistenza di una fitta rete di rapporti maschili che determinava successi ed esclusioni. Il suo rifiuto di sottomettersi alle imposizioni di potenti figure come Pirandello e Marinetti, e la sua fierezza nel rispondere agli attacchi come quello di Frontini, la ritraggono come un'antesignana della lotta per l'autonomia e il riconoscimento artistico femminile.

martedì 21 dicembre 2021

Gesualdo Manzella Frontini a Cassino

 



foto di Mariella Tomasso

Liceo classico di Cassino,  
"siamo nel maggio del 1920 e forse gli alunni presenti si accingevano a svolgere gli esami di licenza liceale. Nella foto, seduti davanti agli studenti, sono ritratti alcuni professori del corpo insegnante.

Il primo a sinistra è Gesualdo Manzella Frontini, siciliano, notissimo esponente del futurismo italiano. Professore di latino e italiano, si ritrova a Cassino subito dopo la laurea e qui insegnò quasi ininterrottamente fino agli anni Trenta, divenendo una figura di spicco nella cultura cassinate".

" (...) interessante la vicenda umana e intellettuale di Gesualdo Manzella Frontini, nativo di Catania ma attivo a Cassino. Egli, che fu tra i maggiori rappresentanti del futurismo in Sicilia, arrivò a Cassino alla fine degli anni Dieci del Novecento per insegnare Italiano nel locale Liceo classico.

Nel novembre del 1914 fondò insieme con Carlo Baccari e Gaetano Di Biasio, la rivista mensile di letteratura e d’arte «Le fonti». 

Nel giugno 1934, nella cavea dell’anfiteatro romano di Cassino, venne messo in scena il suo dramma La madre immortale, che egli stesso definì «azione epica in due tempi» e «primo esperimento di teatro per masse». 

Alla rappresentazione prese parte una grande attrice del tempo, Marcella Albani, mentre la regia fu opera di Antonio Franchini. Importante fu il coinvolgimento delle scuole locali nonché «di artigiani e popolo, ideando così un movimento teatrale di masse all’interno di un dramma teatrale» 1


Centro Documentazione e Studi Cassinati, Dal Teatro Manzoni al Cinema Teatro Arcobaleno. Cento anni di spettacoli ed eventi a Cassino, Cassino (FR) 2010, p. 16.

Studi Cassinati






mercoledì 5 aprile 2017

" CRITICA ed ARTE „ in Sicilia, le prime "voci" del Futurismo 1907



ANNO 1, n.1 20 febbraio 1907 Catania


Ad limina...

Ricordo, non senza compiacimento, il fervore gioioso con che iniziammo in una rivista siciliana
la nostra battaglia di idee e di arte, e le accanite scaramucce provocate e i giudizi severi e a volte
taglienti per articoli arditi, mossi più che da risentimento da giustizia.

Forse era nelle mie intenzioni di provocare la vitalità latente d'una frotta vigorosa di energie giovani, avidi d'una voce di richiamo, ma per una vernice di regionalismo ch'io diedi alle mie parole d'allora fui inteso  male.
Si credette ch'io volessi gridare per la smania vana di farmi notare, fingendo di volere imporre nomi e glorificare una regione dimenticata; gridare per raccogliere il buon pubblico ad annunziargli che era un grande ingenuo, che si trovava in errore, non avendo ancora aggiudicato a noi siciliani la corona dei forti, dei laboriosi dei più degni.
Ed anche l'amica Adelaide Bernardini, ora nostra cara compagna di lavoro, mi feriva con una frase ch'io non dimenticherò mai: « Voi siciliani avete la simpatica velleità di credervi superiori a tutti » ; e con altre parole: « Voi siete uguali agli altri forse, ma non avete fatto mai  niente per farvi  valere ».
Proprio così, ma non è stata tutta colpa nostra.
Per diverse condizioni, storiche ed economiche, abbiamo visto i nostri ingegni migliori esulare verso il settentrione d'Italia, disgregando le nostre forze e importandovi i frutti saporosi della loro arte ; cosi che la mancanza d' un centro di cultura, centro di radiazione e di convergimento, à rubato educazione artistica alla nostra regione, à lasciato nell'assonnata inattività l'industria dell'arte, ci à come divisi dal resto del mondo che progredisce, ed à acuito il nostro sguardo e le aspirazioni solitarie verso il settentrione.
Perduto da un canto il tempo aspettando il verbo dall'alto, dall'altro siamo rimasti a lamentarci che. questo non perveniva ai nostri inesercitati timpani auricolari.
E le cose stavano così.
Ad un tratto noi giovani, noi di oggi, spiriti nuovi e arditi per temperamento, spalancando gli occhi al Sole abbiamo con terrore considerato l'enorme e soffocante strato di polvere che pesava sulle case nostre, sui nostri abiti, sulle nostre anime.
Da prima sconfortati ci siam detti su per gli arcaici gazzettini quante tristezze avevamo per atavici vizi accumulate, ed infine, in una rivoluzione gloriosa di vita, più che cedere alla miseria e al magnete di un Sole lontano, emigrando divisi verso di Lui, abbiamo voluta rifare e ritessere, colmando con volontà e potenza di tutte le virtù, l'abisso.

***

L'Arte come manifestazione dello spirito è una libazione diretta del benessere del progresso e dell'attività così col rinascere della vita economica la Sicilia nostra ha risentito il culto ed il gusto dell'Arte.
Mancavano centri di supremazia intellettuale, oggi Palermo è divenuta una città discretamente elevata ; Catania si svecchia per volontà dei giovani, che tutto possono quanto vogliono, purché tutto ardiscano.
Critica ed Arte, fondando le sue salde radici sopra il fermento fecondo di queste anime giovani sarà l'eco della rinascita e del rinnovamento.
Siamo convinti, e ne diamo la prova, di non fare regionalismo, già che pensiamo ad una non lontana arte cosmopolita, in qualche modo annunziata, ma lo sviluppo di tutte le forme superiori dell'attività bisogna che in ogni parte raggiunga il grado opportuno: E noi nasciamo ora.
Vogliamo per questo il contributo di tutte le forze nuove d' Italia e fra queste divulghiamo la nostra parola perchè addimostri che anche da noi, quaggiù, si vuol lavorare, per la coscienza di poter fare.
Innumeri sono i tramonti di astri che dileguano,' sol diradando le tenebre che già squarciarono, ed in contro insanguinati brani di cielo violentano albe freschissime.
         Diane pugnaci !
Gesualdo Manzella Frontini


 “ Nel gennaio del 1907 io lanciavo un manifesto che preludeva la pubblicazione d'un giornale letterario, “Critica ed Arte” forse non ignoto a qualcuno di voi. Il manifesto fu accolto con ostilità molte: esso portava fra le righe frasi stilizzate la rivolta futurista, ma non ne conteneva il nome, né la prepotenza aggressiva. Ebbi pochi aderenti e tra questi un giovane di genio, Filippo Tommaso Marinetti, che fu collaboratore nel mio giornale e che mi divenne amico affettuoso.
Era trascorso un anno quando il Figaro, il giornale diffuso parigino, lanciava al mondo col nome di futurismo un grido di elevazione di rinnovamento di nuovo orientamento, e il Marinetti eroicamente affrontava con la stessa idealità e con mie identiche la lotta ch'io non avevo saputo sostenere ...” 

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Altro 

martedì 21 marzo 2017

"Il ritorno del figlio nel sogno"

Testo di Gesualdo Manzella Frontini pubblicato sul quotidiano di Roma Momento Sera del 4 novembre 1954; vi si ricorda il figlio Ardengo morto in guerra nel sottomarino Corallo nel dicembre 1942. 
"Un testo struggente, bello, bellissimo".

Gesualdo e il piccolo Ardengo

IL RITORNO DEL FIGLIO NEL SOGNO

Io ero entrato nel sogno quando il mio figliuolo era ancora per via, ed ecco, stava davanti la nostra casa, ma s'era poi fermato in una vasta piazza perché la casa non c'era. Io vedevo infatti la madre in cucina e altri in altri posti, come in separate stanze scoperte, dalle mura certo di vetro, trasparenti: non erano stanze.
Egli veniva incontro a me. 
Insolitamente chiuso quel suo volto ch'era stato sempre chiaro e aperto al sorriso: solo una viva fiamma d'oro, come non mai solare: erano i capelli mossi dal vento o forse da una carezza di dita invisibili.
Aveva le mani in tasca, mi sembrava meno alto e camminava lento quasi strisciava sul pavimento i piedi, ch'erano coperti dagli ampi pantaloni marinari che si afflosciavano in basso, oltre le ginocchia, come sacchi. Sul bavero della giubba da un solo lato due stellette.
Ci abbracciammo, stretti. Egli non diceva nulla, io gli carezzavo il volto e le mie mani erano trepide o agitate, come volessi fissare i tratti riplasmare nella memoria i particolari.
Gli dissi — e lo guardavo per un momento distaccandomi da lui —"Stai bene, caro, ma è strano, mi sembri più piccolo, meno alto».
Egli non rispose, ma sollevò le ampie campane dei pantaloni, dispiegandone le pieghe, poco, e li fece ricadere subito, con un gesto di pudore. 
Erano apparse per un attimo due scarpe di riposo, mal ridotte, quasi due pantofole di pelle sciupata e irrigidita dalla salsedine.

Poi disse: "non ho più i piedi per navigare, papa".
Ma non lo disse con parole, ma io tuttavia intesi. 
Lo abbracciai ancora e lo stordivo, che dentro di me risuonavano, come in un auditorium capace, vibrazioni metalliche, le sillabe appena pronunciate.
« Faremo degli arti nuovi, né alcuno si accorgerà di nulla. Tanto tu devi forse correre? 
Andrai piano. Riprenderai la tua statura, sei bello figlio, come prima sei bello e sei sano, stai tanto bene con la divisa fuori ordinanza ».
Egli mi guardò serio poi mostrava il volto più aperto e sorrideva e gli si illuminavano gli occhi leonati.
Disse: «A Taranto i marinai d'una tradotta si divertivano e sogghignavano perché io andavo piano e strisciavo i piedi sul marciapiede della Stazione. E cantavano una canzoncina di scherno. Sono salito nel vagone. Non capivano ch'io ero un ufficiale, vestito così come sono, in malo arnese veramente. Tirai fuori il mio cronometro », fece l'atto: io rividi il cronometro infrangibile e impermeabile che gli avevo regalato al suo primo imbarco avventuroso nel grande sottomarino, e mi era apparso felice del dono inatteso, m'aveva baciato, figlio mio. Poi continuò: « se fra dieci secondi non mi avete chiesto scusa dell'offesa.. Come mi avessero riconosciuto per una improvvisa illuminazione, due o tre per tutti biascicarono: ci perdoni, signor Tenente ».
« Erano bravi ragazzi, sono tutti bravi ragazzi i marinai, e volevano aiutarmi a ridiscendere. Io non volli perché dovevo mostrare di essere in gamba. E sai, papà, quando fummo speronati, uno dei miei ragazzi, ricordo che stette ad ascoltare i palpiti del mio cuore, fino all'ultimo istante della mia morte ».
Io gli chiesi ancora, e lo carezzavo e lo toccavo, e la mamma sfaccendava e le sorelle andavano per le stanze trasparenti, ma senza nulla vedere: 
« Dove avvenne, figlio mio? ».
Come in una sequenza cinematografìca io assistivo alla favolosa straordinaria avventura rievocata dalle sue parole. Vidi un edificio tempestato di borchie d'argento e di bronzo, ch'io non avevo mai notato.
Disse:  « Vedi quell'argento   e   quel   bronzo?   Quelle borchie son fatte delle nostre medaglie ».
Io non capivo.
Mi guardava arguto e stupiva della mia meraviglia. E intanto la facciata del palazzo prendeva l'aspetto d'un sarcofago imponente, immane, interrotto da colonne di scheletri umani che non davano alcun ribrezzo, ma dolci e pietosi alla vista, candidissimi come le immagini inconsistenti delle allucinazioni, quasi ostie intatte.
Ruppe la soffice atmosfera incantata una voce di bimbo.
«Mamma, mamma, è ritornato il figlio della signora: è ritornato Ardengo ».
Io dissi, fra me, e poi volli dire forte: « La Madonna ti ha fatto la suprema grazia che tu hai invocato, ma l'ha voluta pagata la grazia, cara».
Lei infatti doveva avere udito di là dal mondo il mio richiamo.
Sotto le dita, che passarono ancora tra i capelli di mio figlio, sensibilmente, sentivo il calore del suo capo nella carezza.
Così mi svegliai e nelle palme è rimasta viva la sensazione morbida dei capelli biondi.
                                                                Gesualdo Manzella-Frontini




Aci Trezza - i Manzella-Frontini

sabato 17 gennaio 2015

«Scapigliatura Catanese» di Gesualdo Manzella Frontini

Eravamo di quella generazione irrequieta, che aveva esercitato gli spiriti bollenti sotto il Consolato Austriaco, gridando « Viva Trento e Trieste » e cantando l'inno a Oberdan s'era fatta piattonare  dalle daghe dei questurini.

Generazione segnata dal destino per due guerre.
Fu proprio nelle vacanze che precedevano l' ingresso all' Università che il gruppetto iconoclasta sopraggiunto dalle smanie volle concretare la sua azione, confidando ad un giornale tutte le speranze e le certezze di un rinnovamento.
Tre matricole e un paio d'irregolari, e c' era un  anziano studente  di filosofia.
Vacanze torride dell'agosto siciliano, anzi catanese, così che alle scalmane letterarie dava vital nutrimento la calura del lastricato lavico del Corso Stesicoro fluido tra i vapori, e dissolvetesi lontano l' Etna.
Avevamo sulla coscienza tre o quattro giornali letterari e un mucchio di debiti con tutti i tipografi, e scantonavamo con apprensione all'odore dell'antimonio, pur avendo rifilato con dignità e cuor trepido ai genitori le note insolute del nostro primo  assalto  alla  gloria.
Tempi di preparazione e di orientamento verso una cultura più vasta, e d'insofferenza per ciò che andava deteriorandosi del tramontato ottocento. Diane vaghe, con programmi ancora in fieri, ma si attaccava la vecchia cultura e il vecchio mondo.
Le nostre aspirazioni si polarizzavano verso Firenze. Il «Leonardo», Papini, il pragmatismo, le questioni sociali : le distanze ingrandivano i fatti e gli uomini, quaggiù ci sentivamo spaesati e senza destino. I colleghi universitari che ci avevano preceduto di tre o quattro anni si erano composti e addormentati nella polemica Carducci-Rapisardi, che noi consideravamo ormai superata, e ci lasciava indifferenti. 
E infatti deposto il berretto goliardico, s'era visto che di quei propositi audaci non restava che il desiderio di collocarsi, anche a tradire, al canto del gallo.
E quando si era saputo che il Rapisardi lasciava la cattedra si direbbe che si era provato un certo chiuso compiacimento. Del resto la facoltà di lettere era in quel tempo fra le più salde e quotate : 
Carlo Pascal, Ettore Romagnoli, Paolo Savj-Lopez e poi, onore grande per noi letterali, l' assunzione di Luigi Capuana a maestro di stilistica e lessicografia. Una cattedra come un'altra, ma l'orgoglio di poter sentire la parola di uno scrittore vivo e vegeto, che la generosità di un Ministro aveva cercato di strappare alle incertezze di una vita precaria ci strinse attorno al Maestro  benigno e sorridente.
Il « Circolo Artistico » era il nostro covo. Fra gli insegnanti della vigilia liceale, colta gente compassata e tradizionalista, e noi pochi reprobi si stabilirono relazioni di generosa simpatia da quella parte e di ossequio ironico da parte nostra.
Qualcuno di noi aveva già lanciato un volumetto ribelle, fin nel titolo, dai banchi del liceo, « Novissima » semiritmi, con la certezza di far dispiacere ai professori, mentre poi aveva dovuto subire una affettuosa e commossa paternale sulla intemperanza, le imitazioni, gli echi abbondanti ch'erano  nel libro incriminato.

E intanto Giovanni Verga, al quale, arrossendo, facevamo tanto di cappello, passando davanti al « Circolo Unione » aveva propinato l' elisir delle più folli speranze al giovanetto audace, che osava dedicargli un suo volume di novelle anticipato da una prefazione che annunziava il crollo di tutte le tradizioni e di tutte le regole e la rivoluzione più interessata e inesorabile della sintassi. Vale la pena di trascrivere la lettera illuminata dal grande sorriso di quel galantuomo fine e ironico.

Egregio Sig.  Manzella, La  ringrazio del volumetto che ha voluto mandarmi  « per   un   giudizio »   ma io non  mi sento vocazione nè veste di giudice, e men che meno dopo quel po' di roba che dice avanti « ai miei critici ». Senta, per quella simpatia che mi ispira il suo ingegno di cui dà in queste prime novelle una magnifica promessa — glielo dico subito — nelle illusioni dei suoi vent'anni ci son passato anch' io — e anche per la simpatia che Ella mi dimostra dedicandomi una di queste sue novelle, lasci stare i titoli e sottotitoli violenti, le prefazioni gonfie e vuote — ne ho anch'io sulla coscienza — i propositi fatui di rinnovazione e di resurrezione, e lavori, e faccia e rifaccia con gelosa e incontentabile autocritica. Ella è giovane, beato lei, ha dell'ingegno, e può fare. Questo glielo dico un po' bruscamente forse, e forse pei intonarmi allo stile della sua prefazione, ma sinceramente, e badi che non faccio complimenti, e il lieto pronostico che faccio a lei non fo a tutti. Così la mia franchezza anche sgarbata, le si mostra più sincera e le farà piacere. 
Buon augurio a lei  G. Verga.

Figurarsi. Il giovanetto, che slittando sulle sferzate del Maestro, si adagiava, compiaciuto, sulle parole buone, dettate certo dalla cordialità dell' artista arrivato, s'era collocato capo gruppo.
In quella lettera del Verga c'era stato indubbiamente lo zampino del Capuana, che se amava quel trio di scapestrati ribelli, fedelissimi uditori e appassionati delle sue lezioni, di tanto in tanto, se l' occasione si dava, non risparmiava qualche stretta di martinicca.  Tant'è i tempi stringevano e bisognava bruciare le tappe. Il giornale ci voleva.
E una sera, il giovane fu incaricato di redigere un manifesto ch'egli indirizzò « alla gioventù contemporanea e agli artisti giovani». Bisognava parlare chiaro e forte, rompere il sonno agli indolenti, menar le mani, lanciar sassi, non importa se taluno senza indirizzo preciso. Anche a Palermo c' era odor di battaglia. A Messina si era lavorato di lena già qualche anno prima con la rivista « Ars Nova » ove collaboravano giovani preparati solidamente, acuti e aggiornati. Fermento, ch'era in fondo, il sintomo di quella nuova Italia che si annunziava in crescenza portentosa, dopo l'equivoco torpore del passaggio inavvertito del secolo giovane sul vecchio. 
Strabiliati i professori, ch'erano stati chiamati — i nostri vecchi professori del liceo — a fiancheggiare l'opera dei giovani, ma che in realtà avrebbero dovuto, paziente milizia in borghese, impedirci audaci sconfinamenti.
Il manifesto ne uscì stroncato, mutilato, scapitozzato, roba da far pena. Noi ci vendicammo facendone stampare un'edizione ufficiale per tranquillizzare gli spiriti diffidenti di taluni amministratori del « Circolo Artistico » e risparmiare la dignità e l'onorata divisa dei nostri ex-professori; e un'edizione alla macchia che ci affrettammo a lanciare fra gli amici e i conoscenti della Penisola, mentre qualche copia riservata veniva fatta scivolare nelle tasche degli accoliti e dei novizi, che guardavano a noi come a gente di gravi propositi. Il manifesto s'infiorava di simili frasi:
« Parta dalla terra del sole, dalla città ardita sotto l'incubo del minaccioso possente ubero di fuoco, o fratelli giovani, dispersi fra le ruine d' Italia, la voce di rinnovamento»; affermava la necessità di « risvegliare le virtù della razza » e si proponeva « senza preconcetti, scuole, formalismi, di seguire l' istinto vergine da ogni tocco d'imitazione». «Noi siamo la vita e il futuro, oltre ogni teoria per un fine di rinnovamento: noi  rechiamo in noi l'avvenire».
A Luigi Capuana fu fatto leggere il manifesto stampato alla macchia, l'edizione integrale. 
Il Maestro parve perplesso. Forse in cuor suo si doleva di talune contingenze di carattere pratico, per le quali non aveva accettato la direzione del periodico «Critica ed Arte», che poi durò un anno e che nell'ordinamento e nel carattere programmatico, specie nei primi numeri, fu il giornale più aderente alla famiglia di cui era il rappresentante : disaccordo dichiarato, profondo, congenito, simpaticamente incongruente. Atteggiamenti e pezzi prefuturisti fra articoli e novelle barboge, talvolta  mattoni   eruditamente  deprimenti,  poesie di Tommaso Cannizzaro e folgorazioni  stellari del Marinetti.
Frattanto, era nata la « Voce » e con più scaltri aggiornamenti e con più diretti contatti si aggrediva da ogni parte la resistenza passiva dei detentori di quella cultura che si esauriva in sè stessa, senza mete, senza ideali. Per qualcuno di noi però tutto ciò aveva importanza fino ad un certo punto, che ritenevamo 1' arte dovesse rimorchiare o almeno aprire la via alla politica, e non farsi rimorchiare.  Il giornale era morto.
Ed ecco improvviso sul nostro cielo teso nella stanchezza, grave sui nostri spiriti (propositi di evasione scoppiavano qua e là definitivi) guizzare un giorno il fulmine futurista. Marinetti da Parigi lanciava il suo Manifesto e voleva uccidere il chiaro di luna.
Quella sera ci trovammo tutti, e l'autore dell' appello « alla gioventù contemporanea e agli artisti giovani » ebbe il suo quarto d' ora di rivincita. Sembravamo impazziti. Conoscevamo Marinetti. Egli faceva sul serio, e chiedemmo d'essere con lui e ci affidammo alla sua sapienza tattica e al suo impeto, che ci sapeva del vulcano poderoso, il quale avevamo chiamato a testimonio delle nostre intenzioni e del nostro programma distruttivo. Marinetti rispose con una lettera, che oggi ha un interesse documentario, che narra un programma realizzatosi nella storia.
« Caro Collega, ho trovato nel vostro invito agli artisti giovani e alla gioventù contemporanea un fervido e magnifico grido di riscossa, genialmente lanciato alle forze virili della letteratura, perchè esse si manifestino « senza scuole, preconcetti e formule, seguendo l'impulso vergine d' ogni tocco di imitazione » : questo è infatti uno degl'impulsi che hanno prodotto il nostro Movimento Futurista, ma non la sua essenza distruttiva e ascensionale, che non abbiamo inventata nè voi, nè io, come nessuno ha inventato — permettetemi lo scherzo — le instancabili forze vulcaniche che screpolano la vostra Isola divina. Io  mi sono accontentato di dare la formula esplosiva e incendiaria di un ammasso di sorde rivolte, di nause profonde, di disgusti feroci contro il culto del passato, l'impero dei morti, la tirannia dei professori, dei politicanti astuti, pacifisti e conservatori. Il futurismo non è altro che una parola facile e leggera da sventolate dovunque il genio creativo trionferà delle strettoie scolastiche, dovunque il sangue irruente sarà sparso prodigalmente per una idea ; dovunque si lotterà senza paura per distruggere quotidianamente tutto ciò che agonizza in noi, per meglio abbracciare l'irruente futuro. Senza paura, dico, senza guardarci alle spalle, camminare, correre velocissimamente nella polvere  dispersa dei nostri morti. Senza paura, dico, poiché l'Italia è disgraziatamente ancora un paese di vigliacchi, di uomini seduti in poltrona a sognare, o a collezionare francobolli. Disprezzo del passato, libertà assoluta a tutte le follie, a tutte le ebbrezze del sangue ; tutti i diritti alla gioventù, e, ai vecchi, soltanto quello di morire. Ecco il programma che il nostro sangue c' impone ! La guerra, presto ! Domani, speriamo; contro l'Austria, naturalmente, poichè da tempo siamo infastiditi dalle sue insolenti gomitate!... La guerra, poichè tutto infradicia, si avvilisce e si mummifica nella pace!... La guerra, con la immensa fiammata d'entusiasmo, di disinteresse e di eroismo, coi suoi crolli, con le sue rovine, con la sua congerie di prudenze calpestate, di legami infranti, di esistenze capovolte. Futurismo vuol dire ancora : liberazione dai rancidi sentimentalismi che appestano la letteratura, liberazione dalla tirannia dell'amore, che schiaccia e  falcia  le  migliori  forze  dei  popoli  latini.
Come vedete, nulla ho inventato: ho semplicemente espresso in una forma violenta le idee che ribollono nella migliore parte della gioventù italiana. In Italia, dove non si fa, ahimè, che del personalismo, disprezzando i pensieri degli uomini, per non giudicarne che le facce, gli abiti, e la borsa, il Futurismo fu accolto da un uragano di insolenze, accusato di bluf, di reclamismo ad oltranza. In Francia, invece, in Inghilterra, nell'America del Nord e nel Giappone il Futurismo fu salutato da una salve di applausi, suscitando discussioni e controversie che ne assicurano ormai il trionfo. Questo tenevo a dirvi, caro collega, per la simpatia che io nutro per il vostro ingegno novatore, e per le alte idealità che ci sono comuni. Vostro  Marinetti
Prima di questa lettera c'era stato un momento di perplessità avvilita, ma poi vinse in noi l'impetuoso temperamento siciliano. E cominciò lo scambio ininterrotto torrenziale di corrispondenza fra il giovane e l'Apostolo.
Catania   divenne   stazione collegata d'irradiazione futurista. I bombardamenti marinettiani esaltanti l'originalità l'ingegno il coraggio dell'isolano seguivano   agli   articoli   a  catena,  che  dal quotidiano della città spazzavano finalmente, lanciati a serie, l'aria morta e suscitavano curiosità; interesse, irrisione  e  perfino  un duello. Cari giorni indimenticabili in cui si viveva per mille, nella illusione di vedere crollare il vecchio mondo fra le convulsioni. 
E all'Università che cosa avveniva?
Molti  colleghi   vollero  dignitosamente  dimostrare il   disappunto,   fischiando   il   Futurista, e furono battuti dal  gruppo esiguo, e non soltanto metaforicamente. Marinetti prometteva una sua prossima visita :  bastava  questo per esaltare il collega lontano  —  che  fra  l'altro anche gli amici si dissipavano:   la   vita   diventava   impossibile.   Questo mio   vecchio popolo catanese, satrapo di tante civiltà, esperiente e ironico, quando non esalta irride. Ma era bello restar solo, disdegnoso: adorno zavorra. E finalmente scoppiò l'ultima bomba che sconvolse molte posizioni avversarie.
Il propagandista instancabile,  che attendeva la visita della pattuglia futurista nel suo paese, ov'era quasi solo a difendere,  sentinella  morta,  il movimento, osò una sortita in campo nemico con un audace mossa tattica, servendosi di un mascheramento, che proteggeva moralmente  l'avanzata.
Si era pubblicato allora allora  «l'Incendiario » del Palazzeschi,  ed ecco sulla terza pagina del quotidiano un articolo dedicato a «Luigi Capuana, sempre giovane» .  Il Maestro aveva infatti talune idee personalissime sulla funzione stimolatrice e quasi  precorritrice  della critica.
Pochi giorni dopo con grande meraviglia dello stesso autore dell'articolo, perveniva al giornale, col nulla osta per la pubblicazione, la lettera che pubblichiamo, quasi integralmente, e della quale il Marinetti fu entusiasta.

« Caro Manzella Frontini. Voi lusingate gentilmente la mia vanità chiamandomi in pubblico «sempre giovane». Grazie. Mi avete fatto ricordare di quando ero giovane davvero e un po' ribelle, come e quanto poteva permettermelo la mia indole tranquilla, alquanto scettica nonostante gli entusiasmi che mi spingevano a lavorare. Se ora l'età mi consiglia di tenermi in disparte, il ribelle di di una volta si compiace però di stare a guardare e ad ascoltare quel che fanno e dicono i giovani vostri pari; e soltanto il timore di sembrare ridicolo, come tutti i vecchi che hanno la velleità di mostrarsi galanti a dispetto degli anni, m'impedisce di mescolarmi alle vostre discussioni e di manifestare quel che penso intorno alle opere, versi e prosa, che le traducano in fatto.
Ma nell'intimità di questa lettera di ringraziamento posso prendermi la libertà di dirvi che la notevole spiegabilissima esagerazione del loro programma non m'impedisce di approvare nel giusto valore i Futuristi. Se avessi cinquant'anni di  meno,   mi  dichiarerei  uno  di  loro.
E evidente che essi chiedono cento per ottenere almeno venti ! Sono giovani di grande ingegno: e se fanno un po' di chiasso, questo dimostra  che intendono il  loro  tempo.
In un certo modo il Manifesto del Futurismo mi sembra una fierissima satira al pubblico distratto e alla pedanteria che vorrebbe continuare a baloccarlo con le vecchie formule retoriche, classiche o romantiche, non significa niente. 
Che Marinetti e i suoi amici siano dei matti da legare è tale enorme sciocchezza da non potersi attribuire saviamente neppure ai loro oppositori, Marinetti è un raro poeta, un fortissimo artista. Chi ha scritto « Roi Bombance » e « La ville Charnelle » dev'essere preso molto sul serio.
Buzzi, Cavacchioli, De Maria, Palazzeschi e gli altri, chi più chi meno, han dimostrato di voler tentare nuove vie, e fan prevedere che, presto o tardi, sbarazzandosi facilmente dell'esuberanza - chiamiamola così - giovanile, daranno geniali e notevoli frutti di arte elevata e sincera.
So che Marinetti e i suoi apostoli verranno a Palermo e, forse, a Catania. Credo che da noi non avverrà la indecente gazzarra di Napoli e di altri posti. 
Chi non combatte idee e uomini per partito preso, dovrebbe cavarsi il cappello davanti a questi coraggiosi giovani che hanno cultura ed ingegno da vendere. E, dopo tutto questo, lasciatemi invidiare la vostra  reale giovinezza.
Cordialissimi  saluti dal vostro
Aff.mo  Luigi  Capuana

Lo sbaraglio fu completo fra gli universitari, la vittoria passò ingagliardendo i tiepidi e convinse perfino coloro che per temperamento non avrebbero mai piegato il capo carico di morte formole  e  di sorpassati pregiudizi. La lettera del Capuana fu riprodotta dal Marinetti in migliaia di esemplari e divulgata in tutto il mondo.
Il lievito spirituale di quel movimento già dava sul suolo di Tripoli quella prodigiosa fermentazione, che sarà più tardi evidentissima nella falange del  volontarismo futurista del  '15.
G. Manzella Frontini

* Tratto da Catania rivista del comune 1955 - articolo gentilmente offerto da Teodoro Reale.