Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo

lunedì 28 gennaio 2013

La canzone siciliana

Catania, aprile 1931


La canzone siciliana non ha ancora uno stato civile. E c'è la ragione : le è mancata l'organizzazione editoriale. La canzone siciliana è nata da sé, vivacchiando da prima quasi anonima sui pianoforti di alcuni musicisti e nel cuore di un ristretto numero di poeti. Quand'ecco un bel giorno venne fuori un giovane musicista dal temperamento vulcanico e di forte tempra artistica : GaetanoEmanuel-Cali (allievo di F.P. Frontini). Si deve al suo battagliero fervore se oggi la canzone siciliana vive e prospera. Musicisti e poeti sono in quotidiano contatto, in fraterna collaborazione ; il maestro Cali impartisce lezioni e diffonde e propaga il suo verbo... canzonettistico a un numero non disprezzabile di allievi e di allieve. Non solo questo ha fatto il Cali : per rendere più pratica la sua idea, ha dato vita ultimamente ad una « Compagnia della Canzone Siciliana sceneggiata » che gira con successo le provincie dell'isola.
Il centro della canzone siciliana è Catania : sacra all'arte siciliana in genere. A Catania è nato il Teatro Siciliano, catanesi sono Rapisardi, Verga e Bellini; Martoglio rappresentante tipico della poesia popolare siciliana è catanese come catanesi sono Di Bartolo maestro d' incisione e i pittori Sciuti, Gandolfo, Reina, Lavagna.
Intorno al 1910 si ebbe in Catania la prima pubblica manifestazione della canzone siciliana con un apposito concorso che si rinnovò di anno in anno fin che, sopravvenuta la guerra, poeti, musicisti, dilettanti, appassionati, cultori e organizzatori si volsero verso tutt'altre mete e tutt'altri ideali. In quei primi concorsi si rivelavano gli autori della canzone, poeti e musicisti : Caruso Scordo, Serafino Giuffrida, Francesco Buccheri, Nunzio Tarallo, Lombardo Alonzo, Francesco Esposito, Caì, Vito Marino, Domenico Sciuto, Giovanni Formisano, Francesco Foti, Giovanni La Rosa.
Balda e volonterosa schiera che si ritrovò quasi intatta dopo la guerra. In testa a tutti il Cali, per versatilità, per tenacia di lavoro e alacre spirito d'organizzazione. Il suo primo successo l'ebbe con « E vui durmiti ancora », una suggestiva canzone, dolce e melanconica, incisiva nell'espressione e calda nel sentimento, di Giovanni Formisano. Lu suli è già spuntatu di lu mari e vai bidduzza mia durmiti ancora; i'aceddi sunnu stanchi di cantari e affriddati v'aspettanu ccà fora : saprà 'ssu balcanedda sa pusati e aspettana quann'e ca v'affacciati!
Al Formisano e al Cali, — che naturalmente hanno al loro attivo decine di canzoni, tutte oramai popolari, — fan buona compagnia il poeta Orazio Caruso Scordo e il maestro Vincenzo Lombardo Alonzo, che è anche autore di alcune apprezzate opere. Quannu 'ss'ucchiuzzi beddi 'ncelu si, la sufi, pri l'affruntu, si 'uni trasi. Tu si la vera stidda catanisi, russi 'ssi labbra ài coma li girasi.
La ricca vena melodica del Lombardo Alonzo diede a questi versi e ad altri dello stesso Caruso una veste musicale che affascinò il publico procurando agli autori un vivissimo successo. E veniamo a Serafino Giuffrida.
E' questi il nestore dei poeti dialettali catanesi, dai quali viene considerato come un maestro, tanta è la competenza sua in materia di poesia siciliana. Ma è un solitario, nel senso che non si avvale né di amici né di pubblicità pei rendere note le sue poesie che non sono poche né di scarso valore. Pur avendo diretto per molti anni i settimanali in vernacolo « Ma chi è? e « Piss Piss ! » di rado si legge la sua firma in un giornale. Tuttavia è sempre presente in ogni riunione di poeti, è sempre in prima linea dove si organizza e si discute di poesia e di canzone siciliana.
Lo direi quasi un direttore d'orchestra la cui ani­ma ed il cui spirito, dall'ombra, vigilano e dirigono il movimento della poesia siciliana da Catania a Palermo.
La sua poesia è robusta e quadrata, im­peccabile nella forma, classicamente siciliana nel sentimento, nella elaborazione, nell'espres­sione verbale e nel pensiero. Poeta che fa dell'autentica poesia e che può ben stare ac­canto al Pucci, al Mercatante, al Di Giovan­ni, e, uscendo fuor di regione, al Di Giacomo.
Non è molta la sua produzione come canzoniere; ma quel poco è oro fino. Eccone un saggio, « Suli! » :
Suli ca ti 'nni vai, suli ca torni, 'nta sta cuntrada non pusari mai. non ci pusari manca a li cuntorni. Ci sta 'na mala fimmina c'amai! Si veni e ccu la luci tò l'adorni godi, la 'ngrata, ammenzu a li tò rai. Và, lassila a lu scuru e la frastorni quanta spirduta pati li me vai!
Bellissimi versi che della loro malia affa­scinarono e commossero due musicisti : Lombardo Alonzo e Francesco Esposito.
Al polo opposto del Giuffrida sta France­sco Buccheri, orologiaio e gioielliere a tempo perso, Boley nelle restanti ventiquattro ore della giornata. Ha scritto due migliaia e più . di poesie, raccolte in 18 volumi che lo han­no reso popolare quanto Musco e Grasso. La sua musa è quanto di più schiettamen­te popolare possa immaginarsi, nel senso più vivo e pittoresco della parola. E il po­polo adora questo cantore ingenuo, primitivo e casalingo, vero portavoce dell'anima e delle voci della strada. Boley è infatti il poeta dei risentimenti della massa anonima, del cittadino che protesta, dei reclami del pubbli­co, dei desideri, delle aspirazioni, delle ri­nunzie, delle lagnanze del popolo e d'ogni sin­golo privato.
Strano contrasto però, Boley ha composto solamente canzoni di leggiadra fattura, di squi­sita tenerezza amorosa; così « Occhi 'nfatati» :
Quannu di 'ssa finestra v'affacciati, siti la vera stidda matutina... E' tantu lu sbrinnuri ca mannatì, c'ammaluciti a cu' si cci avvicina!
Con Boley divide il primato della fecondità Francesco Foti, un poeta che ha innato il senso della poesia e del pittoresco ; è forse il più autentico poeta della canzone siciliana, certamente quello che ha fornito ai vari mu­sicisti più abbondante materia e sempre di ra­pidissima e diffusa popolarità, come «La bedda di lu furtinu » che musicata dal maestro Cali rivoluzionò Catania :
Di la casa a mia vicina,
marijola quantu mai,
cc'è 'na bedda a lu furtinu
ca biddìzzi nn'àvi assai.
Avi l'occhi a calamita, li capiddi 'ncannulati. La vulissinu pri zzila cchiù di centu 'nnamurati.
Idda fingi, pri l'affruntu, di non dari a nuddu cuntu, ma a cchiù d'unu 'na risata 'nzuccarata cci la fa.
Autentica canzone siciliana, dalla modulazione facile, piana e carezzevole, proprio 'nzuccarata, cioè tutta miele e zucchero.
Temperamento assai diverso è invece il poeta Gaetano Cristaldi Gambino, basso, tar­chiato e rasato come un frate gaudente, nel

verseggiare mordace e ironico, assai spesso, — specie nelle macchiette che è quasi il solo a coltivare, — pepato e salace, ma autore a tempo opportuno di canzoni in cui aleggia una sug­gestiva tenerezza come in questa « Si... » :
Si mi putissi 'n puddira cangiari e aviri lu so versu e la finizza, supra 'ssi labbra mi vurria azziccari, sucariti lu meli a stizza a stizza; ti vurria notti e jornu àccanzzari la facci bedda, 'ssa frunti, 'ssa trizza, e comu puddiredda tra li ciuri fàriti tutti li jochi d'amuri!
Poeta delicato ed elegia­co è invece Giovanni La Rosa, qualche volta anzi troppo lezioso e manieroso ; e fanno notare Fino Incontro per la ricercata finezza dei motivi delle sue canzoni, e Vito Marino, poeta-calzolaio che per il carattere schietta-tamente popolare delle sue canzoni linde e di fresca e saporosa inge­nuità sta più vi­cino al Formisano e al Foti. Maestro preferito da questi poeti, il Cali ; ma altri musicisti hanno dato e danno alla canzone siciliana il loro valido contributo : Agatino Riela, Marcantonio Barbabietola, San Lio, Sciuto, Auteri ; quest'ultimo, morto da alcuni anni, era musicista di alto valore. Altro maestro di signorilità e di dottrina musicale, che vive a parte, in una sfera di superiorità, è Francesco Paolo Frontini, chiarissimo nome di artista, intimamente legato alla Catania intellettuale  dell'Ottocento; che egli fu assiduo ai cenacoli letterari del tempo, amicissimo di Verga, Rapisardi, De Roberto, Capuana, del quale musicò Malìa. (vedi qui)

Ma quali caratteri della canzone siciliana ? Il poeta e il musicista siciliani, temperamento e per stile, sono del tutto diversi dai napoletani. Della canzone napoletana ha scritto Salvatore Di Giacomo : « La canzone napoletana è l'amarezza è il compianto, è la rassegnazione, è la rinunzia, è, insomma, la Filosofia di tutta la nostra vita ; è, come chi dicesse, una meditazione alata ercorsa di volta in volta da gridi di amore », oltre naturalmente le N'armine, le Luiselle, le Concettine esaltate in ogni canzone.
Ben poco di tutto questo nella canzone siciliana, e sopra tutto niente, — pudore tutto siciliano e paesano! — nomi delle innamorate. Uccida o ami pazzamente, dispettoso, umile, spavaldo, burlone ed ironico, faceto e qualche volta anche salace, il poeta siciliano è al fondo nostalgico e romantico, ha sempre in serbo una tenue lagrima di tenerezza che illumina di serenità tutto il suo canto.
Niente festosità e luminarie nel poeta siciliano : ma un canto, dal monte al mare, che sa di pastorale, odora di zagara, riecheggia le nenie natalizie, tintinna della sonagliera del carrettiere in marcia lungo stradale di Primosole, attraverso l'immensità della Piana di Catania e della Conca d'oro o su per la salita di Trecastagni e le trazzere di Linguaglossa. La canzone siciliana rappresenta l'anima popolare nella più tipica ed immediata espressione di vita e di arte : tono caldo e raccolto, primitività ingenua e sentimentale, attaccamento alla terra nativa divelta da Mongibello e bagnata dal mare d'Ulisse, amor del focolare domestico.
IGNAZIO GARRA