Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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martedì 1 giugno 2021

NINO MARTOGLIO IL GIORNALISTA E IL POLITICO ... duellante

 

Nino Martoglio è arcinoto e arcifamoso per l’ingegno che riversò a profusione in una gamma di attività creative (e... non creative): per la voluminosa raccolta di poesie siciliane Centona; per le commedie che man mano crearono, con i tipi bene incisi — a cui Musco prestò con voce e mimica la maschera di impareggiabile interprete assicurando ad essi vita imperitura (senza tuttavia, come — a proposito di Giovanni Grasso — Giovanni Verga scriveva nel 1908 a Edouard Rod, la «caricatura grottesca del carattere siciliano») — un teatro siciliano; per il suo discernimento nella ricerca di nuovi validi attori e il talento di organizzatore di compagnie teatrali che mieterono successi in Sicilia e in Italia; per la sua attività di regista cinematografico; per il suo inimitabile stile di giornalista polemico e versatile; per la sua fama di focoso amatore, nonché di elegante spadaccino con il ferro sempre in mano da incrociare con chiunque al minimo contrasto — provocato o meno non aveva importanza — (onde le sfide a volte multiple, cioè con più persone che si ritenevano contemporaneamente offese da un suo scritto in prosa o in versi, e che rendevano difficile il compito dei secondi di stabilire un «turno» e quindi la «precedenza»); ma molto meno è conosciuto per la sua attività politica che — iniziata con chiara presa di posizione all’epoca dei Fasci siciliani — e dopo due insuccessi nelle competizioni amministrative di fine secolo, come vedremo — coronava nel 1902 con l’elezione a consigliere comunale di Catania, nella lista dei «Partiti popolari» in quell’anno vittoriosa.


La sua fama di giornalista è legata al periodico d’Artagnan — fondato e diretto nel 1889 dal fratello Giovanni (ma in quell’anno uscirono solamente due numeri, nel mese di aprile) — che, alla ripresa del 1893, dopo una interruzione piuttosto lunga di ben tre anni e mezzo, il Martoglio diresse per un dodicennio fino all’aprile 1904 (il n. 1 dell’anno II, domenica, 3 settembre 1893, fu firmato da Nino Martoglio nella doppia qualità di «direttore proprietario responsabile»).

È opportuno riferire che prima del d’Artagnan erano stati pubblicati a Catania giornaletti umoristici (come Chicot, « Il solo giornale umoristico illustrato della Sicilia», uscito nel biennio 1886-1887; o come Don Pancrazio, « Rivista umoristica della settimana», in vita dal 1867 al 1890), che si spensero — dopo una vita più o meno lunga e un successo modesto o discreto — senza lasciare traccia duratura; mentre il battagliero strumento martogliano anima e contraddistingue una lunga stagione catanese e ci fa conoscere i risvolti della vita civile ed amministrativa, del costume e di talune manifestazioni artistiche, il tutto nella cornice d’impasto detonante: umorismo, satira impertinente e feroce con l’aggiunta di polemica (e all’insegna di: «occhio per occhio — dente per dente»).

Il settimanale presentava una assortita quantità e varietà di sottotitoli, apparentemente contrastanti, con l’intento di coprire altrettanti spazi e settori di interessi (e quindi di potenziali lettori): «serio — umoristico illustrato — arte — letteratura — polemica — teatri... politica». Non inganni l’ultimo posto assegnato alla «...politica»: è una marginalità apparente e fuorviarne, in quanto essa circola sottilmente o apertamente in tre pagine su quattro. Tanto vero e reale l’assunto, che trarremo gli elementi, più che sufficienti, per delimitare la «dimensione politica» del giovane direttore, che si sviluppa nel corso di otto anni circa, dal 1894 al 1902 (e, in tono minore, prosegue nel 1903-1904, quando subentrano nuovi interessi).
Tuttavia, nei quattro anni che vanno dal 1893 al 1897, la «linea politica» non è priva di contraddizioni e ripensamenti a breve termine: Francesco Crispi, Antonio Sapuppo Asmundo (sindaco di Catania dal 1893 al 1894 e poi dal 1895 al 1897), Giuseppe De Felice — pur esprimendo concezioni diverse, anzi antitetiche — vengono di volta in volta esaltati. E gli editoriali dal 1895 al 1897 firmati «Italo» — uno dei venticinque pseudonimi da riferire a Martoglio — scandiscono coi titoli a volte trionfalistici la presa di posizione del momento: «Noi» (a favore di De Felice, dopo la pesante condanna, a. IV, n. 7, 17 febbraio 1895); «Vittoriosi» (osanna a Crispi, eletto in ben nove collegi elettorali, a. IV, n. 22, 2 giugno 1895).
Le simpatie personali, man mano estrinsecate, vennero superate con l’acquisizione di una visione più larga e generale, con riferimento cioè agli interessi della città. Ed ecco, in vista delle elezioni amministrative del 28 luglio 1895, una proposta (che è consapevolezza della grande diffusione e quindi della capacità di penetrazione delle idee del giornale): «la lista del d’Artagnan» completa di 48 candidati, presentata in prima pagina al centro, con risalto tipografico, e riquadrata in rosso. Era sostenuta da un editoriale, a firma «d’Artagnan» cioè Martoglio, che giustificava la diversa estrazione — politica e sociale — delle persone, sotto la medesima insegna unificatrice dell’onestà indiscussa, della serietà e della capacità amministrativa e comprendente «nomi che politicamente abbiamo combattuto e combatteremo», e quanto precede è premessa per un’affermazione di taglio ideologico che colpisce «A questo ideale altissimo noi per i primi sacrifichiamo ogni idea politica». Veniva, altresì, chiarito il significato della candidatura di De Felice nella lista, ed aggiunta la perorazione per il medesimo, in carcere da un anno e mezzo in non floride condizioni di salute, ossia «la pietà per la sua attuale triste condizione muove anche noi» (a. IV, suppl. al n. 29, 25 luglio 1895).

Testimunianza dedica a De Roberto

Nel numero del 6 agosto successivo Martoglio commentava, con un certo distacco, la vittoria dei radicali («Lista democratica»), esprimendo vivo rammarico per la sconfitta del marchese di Casalotto, che «più che un partito, rappresentava, e valorosamente, una città».
Martoglio non ritenne di candidarsi e rimase volontariamente fuori, ma il suo impegno fu certamente crescente (e va segnalato che il d’Artagnan, dal n. 11 del 14 marzo 1897, modificò la disposizione dei sottotitoli in «Giornalepolitico letterario illustrato della domenica») se, due anni dopo, nelle elezioni amministrative anticipate (a seguito di nuovo scioglimento e gestione commissariale) del 1° agosto 1897, lo troviamo candidato nella «Lista unica delle Società Riunite»: «32. Martoglio Nino, direttore del d’Artagnan». I risultati furono disastrosi: la vittoria arrise all’altra lista «Circolo Umberto I» formata da monarchici e conservatori, che ottenne 44 consiglieri; fra i 16 della minoranza non è presente il «n. 32». Pazienza: sarà per la prossima volta!

Trascorsero tre anni, ancora elezioni amministrative, questa volta per il rinnovo di metà del Consiglio comunale. Il Nostro è candidato nella lista dei «Partiti Popolari Riuniti» («15. Martoglio Antonino, pubblicista»). Il linguaggio martogliano diventa ancor più virulento e spregiudicato, come nell’editoriale del 28-29 luglio 1900, che è un attacco a recenti sentenze della magistratura in materia di civica amministrazione (corruzione ed altri reati) «che sarebbero un monumento di asinità, se non fossero un premeditato misfatto giudiziario». Il numero, dedicato alle elezioni imminenti, contiene la lista dei 24 candidati e il resoconto del «grande comizio elettorale di mercoledì», oratore per circa un’ora e mezza «il compagno avvocato Macchi».
E ancora notiziario elettorale. Affollatissime le riunioni serali nella sede del Comitato elettorale di via San Michele (nei pressi del Teatro Massimo). Ed ora una notizia eclatante: in una delle ultime sere preelettorali parlava con successo un gruppo di candidati, fra i quali «il compagno Martoglio». Si deve ritenere che l’uso del termine tradizionale, premesso al cognome, indichi l’avvenuta iscrizione di Nino Martoglio al partito socialista già nel 1900.

Tutto l’attivismo non fu sufficiente, se dalle urne del 1° agosto non uscì vittorioso il candidato Martoglio. È la seconda trombatura. Il risultato deludente era stato quasi previsto alla vigilia, in un lungo e cordiale articolo «Una candidatura giornalistica» (con foto di Martoglio «che qui presentiamo senza molto naso e senza le famose scarpe alla Pollione nella Norma»), apparso sul foglietto La Staffetta (a. 1, n. 14, 26-27 luglio 1900): «il corpo elettorale potrà ben concludere, una seconda volta, con un non farsi luogo ». Piuttosto malinconiche le cicalate postelettorali «Considerazioni dei candidati. Parlano gli stessi. Gli eletti» e ancora più tristi quelle dedicate a «I caduti dei Partiti Popolari», con una nota icastica di autoironia «Nino Martoglio — E persi l’elmo di Mambrino!», svolte nel n. 33 del 5 agosto 1900. 
Nel biennio che seguì (dalla metà del 1900 al giugno 1902, data — come vedremo — di nuove elezioni amministrative) Martoglio, tutt’altro che scoraggiato, intensificò l’attività politica con lo scritto e la parola, e l’orientamento fu sempre più decisamente quello di un militante con chiara collocazione nella sinistra socialista; anzi possiamo affermare, e non sembri esagerazione, che ben prima del sorgere de II Riscatto «Organo del Circolo socialista» (Catania, a. I, n. 1,9 gennaio 1902) il d’Artagnan svolse una funzione, anche se non ufficiale, di propaganda: oltre le numerose prese di posizione e segnalazioni di manifestazioni popolari e socialiste, ciò si evince scegliendo — soltanto della seconda metà del 1900 — i titoli «I progressi del socialismo», «11 socialismo avanza». «Sulla via delle riforme», firmati «Franco» (pseudonimo riferibile a Martoglio).

Tutto questo non è che il prologo del cimento elettorale conclusivo del giugno 1902, ed è arrivato anche per noi il momento di affrontarlo, ossia di seguire un Martoglio militante attivista comiziante, di riferire particolari gustosi sul ruolo insolito, svolto con medesima intensità di impegno già dimostrato negli altri.
Da gennaio a giugno il d’Artagnan accentua il tono e la veste di periodico politico, annunzia le conferenze dei socialisti (avv. Mario Benenati, avv. Primiano Campanozzi, prof. Menza, ecc), rivolge saluti calorosi e auguri sinceri ai confratelli: Il Riscatto «organo del Circolo socialista» (n. 1,9 gennaio 1902) e al coevo Il Lavoratore « organo delle Società operaie catane-si» (che riappariva in migliore veste), esortando l’opinione pubblica a sostenerli, dà spazio con ampio resoconto alla festa del 1° maggio, fino alla pubblicazione nel n. 23, del 7 giugno, della «Lista dei Partiti Popolari», in prima pagina con grande risalto. Nino Martoglio è il candidato n. 30. La candidatura è, però, un punto di arrivo; per cogliere il significato e le varie sfaccettature occorre rifarsi alle designazioni e alle deliberazioni che precedono e, per l’aspetto politico, trarre spunti anche dal «confratello» Il Riscatto.
E, appunto, sfogliando questo periodico «in parallelo», si scoprono pezzi firmati da Martoglio come « ’Ntra Pura di lu riposu» (dialogo fra due lavoratori incentrato sullo scarso e magro vitto e sulla mercede ridotta da «vinti liri a diciassetti liri»), il Martoglio che sottoscrive più volte e con generosità per la vita del giornale, e il primo comizio al Borgo a sostegno di Gigi Macchi (candidato nel Mandamento omonimo per le provinciali). Nel comizio di domenica 13 maggio «parleranno De Felice, Boscarini e Martoglio nonché il nostro candidato» (11 maggio 1902, n. 18). Nel supplemento al n. 18 vi è un resoconto completo e dettagliato. Riportiamo qualche brano. «Quindi sorse a parlare accolto da una salve di applausi e di grida il direttore del battagliero d’Artagnan il compagno Nino Martoglio». Egli, rivolgendosi al pubblico numeroso, dichiarava che non essendo oratore «compiva un sacrificio ma obbediva per disciplina, al comando del circolo socialista». E continuava: «Oggi siamo pochi ma domani saremo cento, mille [...] e in nome di questa fede nuova che ci scalda il petto [...] io vi saluto elettori, e vi invito a gridare viva il socialismo». («La chiusa commosse l’uditorio che scoppiò in applausi lunghi incessanti che durarono per un bel pezzo»).


Si può affermare che la candidatura Martoglio non fu l’ambizione di una persona, ma fu il travaglio di un gruppo che in numerose ed agitate riunioni (con interventi vivaci del Nostro) dibatteva la partecipazione o meno alle elezioni amministrative, in una lista eterogenea, dei rappresentanti del Circolo socialista. E i sette, da immettere nella lista defeliciana, furono eletti in un’assemblea svoltasi nei primi di giugno: e fra essi Martoglio. E l’8 giugno (dopo ben novant’anni, cioè dalle prime elezioni per il Consiglio civico del 5 aprile 1813 vinte, contro l’aristocrazia, da una coalizione di borghesia attiva, professionisti e nobiltà minore), la lista dei «Partiti Popolari» fu vittoriosa. 1 quarantotto candidati divennero consiglieri comunali (alla minoranza della lista monarchica spettarono 12 seggi). Spazio ai commenti.

Da una parte II Riscatto (n. 23, domenica 15 giugno) titolava l’intera pagina «La grandiosa vittoria dei Partiti Popolari» e, con titolo minore, «I socialisti eletti», precisando i voti riportati dai componenti del Circolo socialista, da Lucio Boscarini (voti 3136) a Nino Martoglio (voti 2594), ultimo degli eletti; dall’altra il d’Artagnan (n. 24, domenica 15 giugno) dedicava, con titolo «Il gruppo socialista consiliare», rapidi flashes ai sette eletti, profili incisivi ed ironici, a firma «Planchet». Riportiamo, in parte, quello riguardante Martoglio: «È il nostro direttore [...] Contro di lui, umorista flagellatore, polemista sarcastico e spesso acre, anticlericale accanito, coadiutore ufficiale dell’inchiesta Ferrari, si appuntarono, in modo speciale, tutti gli strali degli avversarii, non solo, ma altresì di tutti i preti e di tutti coloro — e non son pochi — che ha colpiti con l’arma tremenda del ridicolo».
Fu presente alla prima seduta del Consiglio, convocato per giovedì 19 giugno, come riferisce II Riscatto-, «notiamo i consiglieri socialisti che entrano tutti insieme, salutati da un nutrito applauso». Martoglio svolse con serietà ed impegno il nuovo ruolo, partecipando per esempio alla discussione del bilancio (e precisamente alla «parte passiva»), con particolare riferimento al maggiore assegno stanziato per l’ospedale «Vittorio Emanuele» a detrimento dell’ospedale «Garibaldi» (Unione, a. XXV, n. 14, 5 aprile 1903).
Il 1903 fu un anno di riconoscimenti ed affermazioni; ecco una sintesi delle attività che il Martoglio riesce a contemperare, che vanno dall’artistica alla giornalistica, dalla politica alla sindacale (occorre aggiungere che, fin dalla ripresa del marzo 1899, faceva parte del consiglio d’amministrazione del Circolo artistico, e ancora, consigliere anziano dal 1897 dell’Associazione della stampa): nel mese di luglio, costituita a Catania la Camera del lavoro, firma il «Manifesto» quale componente del comitato provvisorio assieme a Giuseppe De Felice (e nell’ottobre successivo, dopo regolari elezioni, divenne membro della commissione esecutiva); nell’agosto un doppio ben tornato: «Per Nino Martoglio, poeta e drammaturgo, acclamato da un capo all’altro d’Italia, con tutta la ‘compagnia siciliana’, da lui costituita e diretta; e per il suo d’Artagnan che riprenderà regolarmente le pubblicazioni dentro il corrente mese» (Unione, a. XXV, n. 32, 16 agosto 1903).

Fu consigliere comunale certamente fino al 1904 e nominalmente fino al 1906 (non essendo, dopo il biennio, fra i venti sorteggiati e fra gli eletti delle elezioni parziali del 10 luglio 1904). Non accenniamo, per brevità, alle polemiche successive con i dirigenti del Circolo socialista, la conseguente rottura e l’accostamento alla linea flessibile di De Felice, fatto già avvenuto alla fine di novembre 1903.

L’improvvisa (e improrogabile) partenza per Roma nella primavera del 1904 troncò tutte le attività a Catania e segnò la fine prematura del d’Artagnan (ultimo numero, il 21 del 24 aprile 1904; nel n. 20 era stata pubblicata la lettera di dimissioni di quattro redattori su sette). Un testimone afferma: «Un increscioso incidente gli leva contro l’opinione pubblica. I nemici ne approfittano per liquidarlo anche nel campo della sua operosità giornalistica. Deve cedere il d’Artagnan ad altri e fare fagotto. Si trasferisce a Roma [...]» (Giuseppe Villaroel, Gente di ieri e di oggi, p. 54).

Dopo la politica i duelli (omettiamo totalmente le numerose vicende giudiziarie, a seguito di articoli particolarmente pungenti — e ritenuti diffamatori — sul d’Artagnan). Per Nino Martoglio occorrerebbe un ampio capitolo dedicato a questo vero e proprio ... esercizio. Non si esagera affermando che scese sul terreno ben oltre cento volte, ma rimangono tracce solo di alcune sfide e delle formalità connesse. E, anche per questo aspetto, fu figlio del padre Luigi (insegnante, giornalista polemico ed anticlericale, direttore per molti anni della Gazzetta di Catania, vivace ed interessante); il d’Artagnan lo segue da lontano e mette in evidenza « il duello che ha avuto luogo a Palermo tra il cav. E D’Ondes Cottù, direttore del Corriere d’Italia e il prof. L. Martoglio, redattore della Sicilia liberale (n. 25, domenica 23 giugno 1895). E in una puntata delle «Memorie d’un giornalista di provincia» di « Vega», ossia di Nino Martoglio, è riferito un episodio quanto meno sconcertante connesso a questa ... attività del genitore: «Ricordo sempre un fatto curioso e comico al tempo stesso. Un giorno mio padre torna a casa con la testa fasciata. S’era battuto ed una sciabolata gli aveva portato via una metà dell’orecchio destro». Esortato a riguardarsi e a rimanere in casa oppose un rifiuto perché « [...] doveva regolare ancora e presto altra partita colle armi» (suppl. al n. 49, giovedì 12 dicembre 1895).

La febbre del duello coinvolgeva anche i redattori del periodico, come « Chicot», al secolo Emilio Migneco, che nella «guerra delle acque» per l’approvvigionamento idrico di Catania sosteneva la «Manganelli», mentre «il signor di Pennino», ossia Francesco di S. Malato sosteneva la «Casalotto»; e quest’ultimo, direttore de La Giostra, concludeva la polemica: «ci aspetteremo certo una sua gentile visita, altrimenti andremo noi a trovarlo», ossia con un invito cortese a duello! (a. I, n. 30, 19 agosto 1894).
Con riferimento al Martoglio, il dianzi citato Villaroel rincara la dose: «Duelli a rotazione dovette affrontare il Martoglio in quegli anni. Ma egli li trattava e li considerava come piacevoli varianti delle sue giornate».

Il linguaggio è tagliente a corrusco più di una lama affilata, come nello stelloncino in carattere neretto rivolto a Federico Sigona di Villarmosa: «Ho appreso che avete lanciata una sfida e non comprendo come possiate fare ora il paladino, mentre non aveste il coraggio, dietro una sfida, di impegnarvi in una partita d’onore, precludendovi con uno studiato ripiego, la via cavalleresca ed obbligandomi a darvi querela» (n. 24, domenica 17 giugno 1894).
Una delle più lunghe e dure polemiche fu quella con Francesco Guglielmino, che alcuni anni prima era stato collaboratore del d’Artagnan (che pubblicava nel n 23 del 7 giugno 1893, la primizia «Ciuriddi di strata», poi inserita nella notissima raccolta). Nell’agosto 1902 inizia Martoglio con un articolo polemico anche nel titolo «Per il ‘professore’ Francesco Guglielmino», man mano trascende; le risposte riempiono la prima pagina, coinvolge il cav. Ignazio Corvaja, redattore del quotidiano La Sicilia, che ospita le puntate di risposta di Guglielmino. L’articolo di Martoglio, apparso il 31 agosto, è perentorio e costituisce una sfida totale: «Sono pronto a seguirlo, sul terreno che crederà migliore, per la questione personale, come son pronto a sostenere l’urto del suo poderoso ingegno e della profonda erudizione, nella polemica letteraria [...]». Ricaviamo quanto precede e quanto segue dal periodico martogliano. Iniziava a questo punto l’opera dei secondi per l’accordo preliminare, per stabilire quale duello doveva svolgersi per primo; dal verbale del 3 settembre apprendiamo; «Fatto il sorteggio su chi dovesse scendere primo sul terreno col signor Martoglio è venuto fuori il nome del prof. Guglielmino». Lo scontro avveniva il giorno seguente: su entrambi veniva riscontrata una ferita e quindi si chiudeva la vertenza. Rimaneva lo scontro con il Corvaja; i medici si recavano quotidianamente a visitare Martoglio (e lo ritengono «idoneo» il 5 settembre). Ma non è finita: Martoglio aveva lanciata altra sfida a Vincenzo Finocchiaro «per una lettera che questi pubblicò nel giornale La Sicilia mentre ferveva la polemica Guglielmino-Martoglio » (da altro verbale del 3 settembre). Sono in totale tre i duelli, ma i secondi il 5 settembre concordano «che le altre due vertenze [...] sono derivate dalla medesima causa [...] e quindi dichiarano chiuse le due vertenze». L’avv. Vincenzo Finocchiaro, docente e storico, svolse per anni sul d’Artagnan un’intensa attività di poeta dialettale (pseudonimo «Trampuleri»), Conoscendo il temperamento di Martoglio la sfida non può arrecare meraviglia: anche l’amico e compagno De Felice fu sfidato!

Dopo la politica e i duelli, arrivò la morte, prematura, in circostanze misteriose. Il 15 settembre 1921, il Martoglio — avendo ricoverato il figlioletto ammalato nell’ospedale «Vittorio Emanuele» — si trovava nel reparto pediatrico e al termine della giornata si dirigeva verso l’uscita e inoltrandosi in un corridoio buio avvenne la disgrazia. Dubbi sulla tragica fine furono allora espressi dalla stampa catanese.

A distanza di sessantanni, rimane un residuo di perplessità. Martoglio la sera del 15 settembre «era atteso dal nostro direttore e dal cav. Salemi direttore dell’ospedale » (Giornale del’Isola, sabato 17 settembre 1921, direttore era Carlo Carrozza). Un altro particolare interessante: «A breve distanza del luogo in cui la disgrazia avvenne è la palazzina abitata dal direttore dell’ospedale, che in quella sera assieme a qualche congiunto stava seduto nella villetta nell’attesa del Martoglio col quale doveva uscire» (La Sicilia, sabato-domenica 1-2 ottobre 1921). Meraviglia che nessuno si sia preoccupato, quella stessa sera, e in particolare Gaetano Salemi che l’attendeva, del mancato appuntamento. La versione, densa di «ombre» e di «sospetti», fu del corrispondente da Catania del quotidiano romano L’Epoca, riportata integralmente dal Giornale dell’Isola del 30 settembre, che titolava «Nino Martoglio assassinato per isbaglio?».

Anche la data della morte non appare univoca: nella lapide apposta sulla facciata del reparto pediatrico dell’ospedale «Vittorio Emanuele» è specificato il 15 settembre; nel manifesto a lutto del Sindaco «Catania, 17 settembre 1921» si affermava «cessò di vivere ieri», cioè il 16 settembre; infine nell’estratto dal registro degli atti di morte, n. 534, risulta, al di là di ogni ragionevole dubbio, che «il giorno diciassette settembre dell’anno 1921 alle ore 14 in ospedale Vittorio Emanuele è morto Martoglio Antonino di professione scrittore di anni 51».

I funerali si svolsero imponenti a Catania (e successivamente a Roma, con l’intervento del ministro Vincenzo Giuffrida e di altre personalità): seguiva la salma, fra le autorità, il venerando senatore Giovanni Verga, ottantunenne. Il cordoglio fu unanime. Fra i telegrammi pervenuti spiccano, per i sentimenti accorati espressi, quelli dell’on. Emanuele Modigliani, esponente socialista, di Luigi Pirandello — diretto a Giuseppe Villaroel — che incaricava di rappresentarlo ai funerali, e quello umanissimo di Angelo Musco a Pippo Marchese: «Oggi ore 16 San Giovanni decollato tragedia del compianto Martoglio. Mentre il pubblico ride io piango con voi. Musco».

(Sebastiano Catalano, 17 settembre 1981)


Nino Martoglio











domenica 29 gennaio 2017

Nino Martoglio

disegno di Gandolfo

 Spadaccino, dongiovanni e moschettiere, Nino Martoglio, nel periodo della mia giovinezza, ebbe fama torbida e movimentata a Catania, quando sopravvivevano ancora usanze e pregiudizi borbonici, e le signore uscivano in cabriolet, con gli ombrellini a merletti, e i cavalieri mostacciuti fulminavano logge e terrazze con gli occhi, e gli amanti si nutrivano di baci soffiati al vento sul palmo della mano. 
Allora, guardare dentro un cortile, fermarsi sotto un balcone, premere col braccio il braccio di una rosata fanciulla poteva costare la vita. 
Era il tempo in cui padri, fratelli, mariti assumevano il compito protettivo dell'integrità, non solo fisica, sibbene morale e mentale della donna; era il tempo delle mutande a fil di caviglia e dei costumi da bagno con le calze e le scarpette. 
Nino Martoglio cantava gli occhi delle more venditrici di arance e di gazose, le sartine del popolo, le belle alle finestre dietro i vasi di basilico; e aveva motivi delicati e nostalgici, non senza un remoto lievito di arguzia; ma non era soltanto il lirico degli idilli umbertini; era altresì il vivido colorista degli ambienti e dei costumi locali, giocondo ironizzatore dell'ingenuità e della fantasia popolare In questo risentiva un po' del genere, allora in voga, dopo la « Scoperta dell'America » del Pascarella e i quadretti napolitani del Di Giacomo.
Le sue scenette parodistiche degli « 'mbriachi scienti », dei « Civitoti in pretura », dei « Nimici salariati »,' della « Triplici allianza » rieccheggiavano i poeti vernacoli già celebri in terraferma; e, un po' di qua un po' di là, si avvertivano in aria movenze trilussiane o barbaranesche. 
Ciò nondimeno il mondo martogliano è schiettamente insulare. 
Nuovo era egli, e di piglio e di tono, nel singolar modo di esprimersi o di trattare il gergo o di dar mordente e vita al color del luogo. 
Il suo impasto espressivo è tutto umoroso di siculo fondiglio: e più si avvantaggia, nell'icastica dei tipi e dei personaggi, quanto più si avvale, nel rendere la drammatica comicità del temperamento e del carattere siciliano, di una sua inimitabile e irripetibile contaminazione del dialetto vòlto in lingua e della lingua trasferita in dialetto. 
Qui fu veramente maestro e Musco apprese da lui il giuoco. 
I paladini di Nino Martoglio parlano per metafore grottesche (la durlidana di Orlando col solo vento « arrifriscava l'aria »), la sua « criata sparrittera » è fervida di sintesi caricaturali deliziose (« ogni tantu tei -porta a so mugghieri — tutta '.mpupata ccu 'idi cornocchiali — ca pari ca a scupriri l'amisferi ti), i suoi ubbriachi scienti sono vividi di sdottorante ignoranza:

« la luna nesci quannu è scuru fittu 
e iu sparagna, supra l'ogghiu a grassi; 
u suli nesci a 'gghiornu; cchi nni fazzu? ».



Citiamo a memoria. Non stia, dunque, il lettore con le pinze pronte.
A Catania il Martoglio iniziò la sua attività giornalistica fondando e dirigendo un settimanale satirico: il D'Artagnan. 
In una cittadina che, allora, si giaceva in pace, sobria e pudica, entro la cerchia delle antiche mura, come la Firenze di Cacciaguida, questo  coraggioso  ed esplodente  ebdomadario suscitò allarmi e scalpore. 
Martoglio non era l'uomo degli eufemismi e delle perifrasi. 
Attacchi, polemiche, indiscrezioni, mottetti, allusioni, satire pullularono in quel diabolico foglio, dove le parole erano sempre sostenute con la punta del fioretto o con la lama della sciabola. 
Duelli a rotazione dovette affrontare il Martoglio in quegli anni. 
Ma egli li trattava e li considerava come piacevoli varianti delle sue giornate.  
Una ferita al polso, un taglio sulla mano, una piccola incisione sulla spalla o sul viso erano logici e normali infortuni del mestiere. 
Alla fine di uno scontro,   o illeso,  o fasciato leggiadramente, il fiero Nino usciva a passeggio per la via Etnea, alto, dritto, con tanto di barbetta petulante, focosi gli occhi,  adunco il naso, ampia la fronte, forte il labbro. 
La gente si torceva di rabbia e di paura; e le donne andavano in estasi per il poeta dolce di pensieri e ardimentoso di braccio. Infine, altro non era che un romantico spaeasato, un po' moschettiere, un po' ciranesco:

« Nica, Nicuzza mia, Nica d'amuri 
e Nica ti chiamai... ».

Come nei drammi rostandiani   cerca un nome alla sua donna. Come nei drammi rostandiani canta sotto i veroni con una mano sul petto e l'altra su l'elsa.
Questo stato di cose non può durare. Un increscioso incidente gli leva contro l'opinione pubblica
I nemici ne approfittano per liquidarlo anche nel campo della sua operosità giornalistica. Deve cedere il D'Artagnan ad altri e far fagotto.

Si trasferisce a Roma, cambia vita, mette casa, prende moglie, abbandona la musa. 
Musco più volte l'aveva sospinto a scrivere per il suo repertorio. E venuto il momento propizio. Ormai bisogna smetterla con i lirismi e con le avventure pericolose. Il poeta sente già il peso degli anni, dei figli, della famiglia. Si dà al teatro ed è la sua fortuna. Ma Catania gli resta sempre nel cuore. Vi ritorna più volte e più volte riappare lungo le vie della città con quella sua barba a spatola, impettito e altero, in bombetta grigia.
In uno di questi approdi insulari un suo figliuolo si ammala di tifo. Ricoveratolo in ospedale, i genitori lo assistono assiduamente. Martoglio, tuttavia, è costretto a viaggiare. Va e viene da Roma. 
Nell'ala del fabbricato, ove ha stanza il degente, c'è un ascensore in costruzione. Quando si dice il destino ! Una notte Martoglio si leva, innanzi l'alba, per avviarsi alla stazione e si avventura, al buio, per le corsie, fidando nel suo istinto di orientamento. Imbocca il corridoio, apre una porta. È quella dell'ascensore. Il baratro lo inghiotte. Nessuno se ne accorge. Il salto dalla vita alla morte è spaventoso e fulmineo.

*di Giuseppe Villaroel ed.1954