Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
Visualizzazione post con etichetta Mimì Aguglia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Mimì Aguglia. Mostra tutti i post

martedì 7 febbraio 2017

Mimì Aguglia LE ORIGINI D'UNA NUOVA ATTRICE

LE ORIGINI  D'UNA NUOVA ATTRICE
Dal  caffè-concerto alla « Figlia di Jorio »


La signorina Mimi Aguglia è giovanissima. Non ha che venta'anni. Bruna, pallida, sorridente, con i capelli corti tagliati alla nazarena e un po' scomposti sulla fronte, con due occhi neri e fiammeggianti, offre tutte le attraenti caratteristiche delle fanciulle siciliane, che ondeggiano nella linea loro profilo tra Spagna e l'Oriente.
Fino a pochi mesi fa il nome della signorina Aguglia era completamente ignoto nel mondo teatrale italiano. O meglio, era conosciuto in una breve zona, in una penisola dell'arte scenica, cioè tra i frequentatori dei cafés-chantans che costituiscono una legione, che rappresentano una casta a parte, senza frequenti contatti con il pubblico ordinario dei teatri.
Ma anche caffè-concerto la giovinetta siciliana non aveva raggiunto la notorietà della Persico, della Ciotti, della Scozzi e di altre canzonettiste in voga.
E' vero che l'Aguglia è potuta arrivare, qualche volta, in locali di primo ordine, come l'Olympia di Roma, ma nella stessa città, poco dopo, ha pure calcato le tavole d'un piccolo locale di piazza Guglielmo Pepe, a breve distanza dai minuscoli serragli, dai giuochi di bersaglio e dai musei di galvanoplastica, in quella paurosa piazza romana dosa l'arte spicciola attirava e agglomerava parecchi strati di delinquenza, e che ora. dopo un ukase della Giunta comunale, è stata definitivamente spazzata di tutti i suoi equivoci edifici di legno, e degli ancora più equivoci spettatori diurni e notturni.
La bruna canzonettista dunque arrivando dalla Sicilia si trovava ancora a metà del suo cammino di gloria e di fortuna nel caffè-concerto, quando ne fu sbalzata con fulminea rapidità, per piom-
bare all'improvviso sopra un terreno che, dato il genere della sua arte, sarebbe apparso irraggiungibile, e ciò che è più prodigioso, da quel terreno si è levata subito vittoriosa, agitando il vessillo d un'arte novella, che fa esclamare a tutti: —Ma chi è quest'oscura attrice, la quale vince alla prima prova, eseguendo un lavoro di Gabriele D'Annunzio, che sgomentò artiste drammatiche esperte e consumate nella loro arte?

Insomma, la canzonettista diventava ad un tratto attrice tragica, e riceveva l'ampia consacrazione del pubblico teatrale, al di fuori e al di sopra della zona scenica in cui era apparsa e cresciuta.



***
M'è parso perciò interessante farmi raccontare da Mimi Aguglia la sua vita artistica, che rappresenta indubbiamente un capitolo curioso ne' nostri costumi teatrali.
La sua narrazione è stata semplice e sincera.
La nuova attrice è nata a Palermo. Suo padre Ignazio ha diretto alcune di quelle modeste compagnie di varietà nelle quali si recita, si canta e si balla, unioni patriarcali di due o tre famiglie, che percorrono ordinariamente le piccole città, le borgate e perfino i villaggi più remoti della Sicilia. La madre, Giuseppina Di Lorenzo (parente di Tina di Lorenzo, che, come si sa, è di famiglia siciliana), è morta due anni or sono, ma ella pure recitava accanto al marito, come recitano e cantano i fratellini e le sorelline di Mimì.
Don Ignazio Aguglia meriterebbe un' illustrazione a parte. Irruento ed eccitabile, ma galantuomo sino allo scrupolo, egli ha difeso la figlia contro tutte le insidie che potevano presentare il café-chantant e una vita costantemente errabonda. Le sue mani ni sono levale minacciose, e qualche volta hanno colpito nel segno. Così pure nel suo pugno ha balenato la canna di un revolver, Fortunatamente  senza disastrose conseguenze.
Ma è certo elle la bella Mimi è passata, come la proverbiale salamandra, attraverso il fuoco scottante del mondo canzonettistico, accontentandosi di eludere la fiera vigilanza paterna con qualche scappatella sentimentale. Del resto l'amore, l'amore a tinte romantiche, è un'istituzione radicata in Sicilia, e Mimi Aguglia mi ha confessato di essere stata furiosamente amata a dodici anni, e di avere, in quell'età infantile, provocato ì primi clamorosi rabbuffi di suo padre.
A cinque anni la piccina esordiva in una vecchia operetta drammatica, La Bastiglia, sostenendo la parte d'una bambina rapita che chiede l'elemosina ai passanti, e già strappava molte lagrime all'ingenuo pubblico de' piccoli teatri siciliani. A sette anni cantava delle canzonette 
allegre nell'Arena San Giorgio di Palermo, e un anno appresso destava nuova commozione recitando: Così va il mondo, bimba mia, a Mistretta.
La ragazzina, in tal guisa, foggiava sé stessa, quasi inconsciamente, ad un doppio gioco drammatico e comico. Per un momento i genitori 
pensarono di allontanarla dal teatro e di farne una maestrina. Infatti la mandarono a studiare nelle scuole, qua e là. Ma la nostalgia del palcoscenico era in Mimi così forte che a dodici anni ritornò giuliva alle farse ed alle canzonette.
Fu allora che, sviluppatasi la sua bellezza, ebbe la prima avventura romantica, di carattere spiccatamente siciliano.
Un giovinetto di sedici anni - come è precoce l'amore in Sicilia -
frequentando il caffè nel quale cantava l'Aguglia, s'innamorò della dodicenne canzonettista.
Egli non vantava alcun titolo per salire sul palcoscenico, e tanto meno per avvicinare in altro
modo la ben guardata divette. Che cosa pensò di fare allora? Sottrasse duemila lire a suo padre,
un agiato signore, e poi si presentò a don Ignazio Aguglia, che di nulla sospettava, per scritturare tutta la famiglia
a condizioni più vantaggiose di quelle che offriva il proprietario del caffè catanese.
Quindi improvvisò una piccola compagnia, vi si mise a capo, e incominciò con essa a girare la Sicilia, delirando allo stesso tempo d'amore per Mimì, la quale corrispose subito con entusiasmo alla passione del signorino.
S'intende che il loro affetto era improntato ad un puro platonismo  
ed i loro colloqui riuscivano rari e brevi, giacchè
don Ignazio Aguglia, fino da allora, passava le sue giornate accanto alla figliuola.

Viceversa gli altri comici, per spillare quattrini all'imberbe innamorato, si prestavano volentieri a rendergli degl'innocenti servigi amorosi, ed è così che un brutto giorno don Ignazio Aguglia indovinò il trucco e fece balenare per la prima volta in aria la canna del suo revolver! 
La compagnia tosto si disperse, la coppia amorosa versò un mare di lacrime, ma l'eroe del romanzetto dovette partire precipitosamente per Catania.
Dopo sono venuti gli anni de' maggiori successi provinciali, con alternative di miseria e di guadagni, 
tra  le variabili vicissitudini di tutti gl'irregolari della scena. tra  le variabili vicessitudini di tutti gl'irregolari della scena
Una sera, a Termini Imerese, la canzonettista si tramutò un'altra volta in attrice 
drammatica, e recitò, insieme a Giacinta Pezzana, nel Signor Alfonso di Dumas. In seguito
Mimì fece la prima conparsa accanto a Giovanni Grasso, il formidabile attore siciliano non ancora svelato all'Italia,
in quel sotteraneo teatro Machiavelli, dal quale è balzata una nuova arte, impressionante per la sua cruda verità.
La scrittura offerta a Mimì la obbligava a sostenere tutte le parti, dalla vecchia caratteristica alla giovane amorosa, e di più la obbligava a cantare e ballare. 
Da quel caos rappresentativo uscirono le prime affermazioni drammatiche della giovinetta, che delineava la propria arte in Cavalleria Rusticana, nella Zolfara e nei Mafiusi.
Con il Grasso, allora, rimase poco tempo. Ragioni economiche attrassero di nuovo lei e la famiglia verso gli spettacoli di varietà e di operetta. Mimì fu anche operettista al Rossini e alla Fenice di Napoli, ma il café-chantant rimaneva sempre il suo campo preferito. Mimì Aguglia, nella sua colorita narrazione, ha pure accennato alle prime rivalità artistiche con le compagne, a' nuovi amori sentimentali sempre bruscamente interrotti dal focoso don Ignazio, e sopratutto ad una solenne bastonatura che egli somministrò ad un pseudo-giornalista teatrale, che aveva tentato un grossolano ricatto contro la figlia. 
Ma questi — ha osservato ridendo la mia narratrice — sono gl'incidenti inevitabili del mondo canzonettistico.

Piuttosto è da ricordare una curiosa avventura giudiziaria che toccò, quando aveva diciassette anni, alla signorina Aguglia.
Ella cantava in un caffè di Salerno delle canzonette napoletane, e tra le altre una intitolata La serva un po' libera, ma appunto per questo accolta con speciali applausi. Una sera capitò nel caffè un delegato di P. S., e le sue orecchie pudiche rimasero offese dalle strofe a doppio senso della Serva. Senz'altro salì sul palcoscenico ed ingiunse all'Aguglia di non cantare più la gioconda canzone. La sera appresso, quando il pubblico salernitano si vide defraudato del numero prediletto, incominciò ad urlare e a strepitare, minacciando di porre a soqquadro il locale.
Accorso un altro delegato che non aveva gli scrupoli del suo collega, per evitare maggiori disordini tolse il divieto, e Mimi riprese subito La Serva, tra un uragano di applausi. Ma il delegato amico della pudicizia, sconfessando l'operato del collega, stese una feroce denunzia, obbligando la graziosa canzonettista a comparire innanzi al Pretore, sotto la duplice accusa di contravvenzione ai regolamenti di P. S. e di oltraggio al pudore. Tutta Salerno insorse a favore d: Mimi Aguglia, ed il processo — svoltosi innanzi ad una folla enorme — si tramutò in un'apoteosi.
L'accusata non diede campo al suo avvocato di profferire una sola parola. Essa dimostrò eloquentemente che La Serva era una delle canzoni meno immorali del suo repertorio, mentre le altre, più pepate, non erano state colpite dalla censura. E a richiesta del Pubblico Ministero, ne accennò, canticchiando maliziosamente, qualcuna, e disse, per esempio,  due versi della Farenara...
Il pubblico intanto incominciava ad appassionarsi e ad applaudire come al caffè! Sicché il Pretore, esaurientemente convinto che il primo delegato aveva preso un granchio ed il secondo meritava una promozione, si levò e lesse una sentenza di non farsi luogo a procedere per inesistenza di reato.

Mimì Aguglia in Malia di Luigi Capuana


Ho voluto riferire le bizzarre origini della nuova attrice — che ora trionfa nella Figlia di Jorio in siciliano — com'essa me le ha narrate, perchè questo repentino passaggio dal caffè-concerto al teatro tragico mi pare degno di studio, ed è una novella prova della singolare versatilità de' nostri artisti. Il caso di una giovinetta che ha vuto innanzi a sé un orizzonte artistico ben ristretto, e che tuttavia ha saputo sdoppiare le sue qualità sceniche per giungere all'esecuzione di un'opera d'arte superiore,  non è frequente.
Certo, se ora noi ci domandassimo quale altro cammino potrebbe fare la signorina Aguglia per arrivare ancor più in alto e poter conquistare con uguale sicurezza la scena italiana dopo quella dialettale, rimarremmo un po' imbarazzati. E poi, sono tante le contraddizioni di cui è seminata la giovanile carriera della pallida Mimi!
Vi sorprenderebbe se, un bel giorno, la tragica Mila di Codra ripiombasse di nuovo dall'Olimpo, ricomponendo il suo viso espressivo ed i suoi occhi seduttori alle grazie della canzonetta napoletana?                               Stanis:  Manca. - Varietas  aprile 1905