Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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domenica 5 ottobre 2014

"La solita canzone" di Gian Pietro Lucini, critica di Gesualdo Manzella Frontini - 1910



Di Gian Pietro Lucini, non appena mi sarà dato, io voglio scrivere a lungo poi che i suoi grandi difetti e le sue meravigliose virtù di Poeta trascendono e sconfinano dai limiti d'una fugace rassegna.
È troppa complessa visione quella della sua anima perchè si possa riportare nei brevi tratti piani d'un articolo senza menomarne i contorni. Io ch'ebbi il piacere di parlare del suo volume penultimo Revolverate, e trovarmi a doverlo difendere dalle anonime scuriate di chi ebbe paura d'immergersi nel mondo pericolosamente ironico  del  Poeta, oggi con allegrezza ritorno all'ordine delle mie idee poi che col nuovo libro La solita canzone Egli dà una riconferma... rinterzata della sua bella e completa figura.

* * *
Non è la solita canzone ch'Egli ci canta, sebbene si compiaccia perdersi tra le grige nebbie d'un titolo repugnante: strana compiacenza di Artista, allora quando altri si scalmana a giocare sull'illusione delle etichette straluccicanti!
La solita canzone: Primavera, senso, fedeltà, stanchezza, desiderio, voluttà, spasimo, abbandono, debolezza... Tutti i motivi della sinfonia, della grande eterna sinfonia polifonica dell'Amore, principio e fine! Ebbene non adorò l'Uomo nella vibratile coscienza primìgena una imagine d'Amore, nel rozzo cervello passata quando selvaggiamente cantava a torno la Natura anarchica? Dice l'Ecclesiaste (I. 9,10): « Quello che è stato fatto è lo stesso che si farà; e non vi è nulla di nuovo sotto il sole! » E dunque le scuole, le chiese e chiesuole, le differenziazioni, le selezioni naturali non sono che modalità: l'Arte è un organismo di natura superiore, ma la sua materia è indistruttibile, eterna, unica e le sue
varietà  sono   soggettive.....   Vecchio
ciarpame questo ch'io vado sventolando, ma è che ancora ci si illude di poter trovare il nuovo assoluto.
Non à forse — sento obiettarmi — ogni movimento artistico riportato sulla via dall'Arte qualcosa che s'era trascurata, o che si era almeno da tempo smarrita dietro un vaneggiare incomposto ?
Io non nego valore all'obiezione affermando che la tecnica, gl'incroci, circostanze di luogo e di tempo abbiano potuto e ci daranno intuizioni, che potranno avere dal soggetto forme varie, ma i motivi nacquero con l'Energia del mondo, sin dal primo sorridere di cielo e lacrimar di stelle tra le tenebre.
La solita canzone ! Ma quali e quanti ravvicinamenti inattesi, quali e quanti accordi inusitati. Egli a volte s'accosta alla natura per una varietà, sonorità, incalzante rapidità di verso, che la Musica del Debussy sino ad oggi solo à saputo raggiungere.
Anima vasta canta su sette motivi differenti la primavera : è preoccupazione del sociologo il quale vede in essa la mezzana dell'aumento straordinario della razza : è la investitrice violenta che sconvolge le quiete coscienze e seduce : è breve inganno e rossa festa : è l'assillo della carne illusa che avidamente vuole : è morte voluttuosa in un bacio: è distruzione: infine è l'alimentatrice della pudredine necessaria che sboccia dai lieviti fermentati.
E su questa eclettica canzone settimina non s'affaccia che una maschera, comica o brutalmente ironica, a ricalcare certe variazioni dolorose: È la maschera del Poeta: innanzi alla tregenda della menzogna, delle ipocrisie, delle doppiezze vigliacche, scintillano i muscoli rilevati d'acciaio e gli occhi taglienti e penetranti della maschera mobilissima. Il Poeta Lucini à della ideal vita un senso eroico di Bontà, Ingenuità, Umanità, Grandezza, e pertanto al suo sguardo, cui non sfugge grinza alcuna delle pieghevoli e cangianti ani-mule, balza il contrasto: Il Poeta allora s'immerge nella lotta, s'azzuffa, svuota la sua sacra bile; oppure gonfia, gonfia le creazioni, vi alita dentro ridendo, e poi d'un tratto spacca con un pugno l'opera vana e ne ritrae la misera otre flaccida; oppure olimpicamente s'abbandona alla visione pura del suo Ideale, ma raramente: O ironia, creazione e distruzione di mondi superiori! Si è detto da alcuni che il Lucini sia maledettamente verboso. E si à torto e ragione.
Per la lunga esperienza fatta sul suo pensiero, speculando, il Lucini ne conosce ogni elemento della complicata composizione chimica, e così passaggi, variazioni, rinsaldamenti, rafforzamenti per una idea che credevamo esaurita, ci sorprendono: questo gioco a volte non gli riesce, e accusa al Poeta la pesantezza.
E quanti di codesti critici vivono — in silenzio — delle briciole di simili ingegni poderosi alla Gian Pietro Lucini, e s'allargano i polmoni piccioletti alle ventate d'ossigeno che la bocca ampia e le labbra instancabili non sparagnano!...
Ed ò detto anche: essi anno pure ragione, ma in un certo senso, poi che notano un difetto, ma ne ignorano la provenienza.
Il Lucini à troppe cose da dire perché la visione del mondo è troppo vasta in lui e profonda ; multiplo congegno intuitivo non sa spesso rispettare il senso della misura qualitativa, e vien fuori materia greggia, concettuale, che non è poesia.
Sarà magari spontaneità d'ispirazione e non volontà dell'Artista, ma la creazione ne soffre come un inquinamento, per un innesto infecondo deleterio.
La poesia procede per imagini — altro vecchio ciarpame e non mai troppo rimescolato — e perciò la terminologia scientifica non è poesia nè tende a divenirlo.
Ma quale delle canzoni del Lucini io dovrò notarvi se mai voleste correre ad esse svolgendo il volume nuovo ? Forse al ditirambo... e per rimuovere il Desiderio?
Ditirambo vertiginoso: esaltazione della vita e dell'amore, in un'orgia di immagini tumultuarie? O pure alla Primavera e gli Alabardieri ove l'impeto selvaggio è contemperato ad una purezza quattrocentesca di Giovinetta che invita dalla barriera, graziosa e ridente? Oppure alla satanica Eva biondina si espone, ove un trattato d'arte di farsi amare trae lacrime da da occhi dolorosi?
Il Lucini bisogna leggerlo e rileggerlo spesso, integralmente: non si presta alle improvvisazioni dei recensori da gazzette, miserabili parassiti d'una mala pianta prodigiosa di notorietà ad ore fisse; nè ai sgargianti papaveri sonniferi d'Italia — speriamo — vorrà venire la bizzarra idea di accorgersi di Lui: Ahi! povero amico come comincio a piangervi!

tratto da, Contemporanei e Futuristi di G. Manzella Frontini - 1910
                                                        
***
In 8, pp. 360 con 1 tav. n. t. Dedica aut. dell'a. al futurista Manzella Frontini. Il poeta siciliano Manzella Frontini, fu tra i primi aderenti al movimento, schierandosi subito sulle posizioni luciniane (insieme ai suoi conterranei Cardile e De Maria), antiborghesi e antidannunziane. Con il 1912 si conclude questa prima fase con l'esclusione dei luciniani. La solita canzone del melibeo chiude la collaborazione di Lucini con le edizioni di Poesia. Questo testo peraltro è considerato come l'esempio migliore di simbolismo italiano. Salaris, p. 25 - 26. ITA

Altro, archive.org


venerdì 7 ottobre 2011

Gian Pietro Lucini - una breve nota biografica.

 Gian Pietro Lucini è attualmente considerato precursore della neovanguardia ed importante innovatore della poesia italiana. Questa è una breve nota biografica scritta direttamente dall'autore pochi giorni prima della morte. Riportiamo per intero le righe che Lucini scrisse per l'Antologia a cura di Mario Puccini (Carabba, Lanciano 1917): 

«Sono nato il 30 Settembre 1867 a Milano, nella stessa casa e camera, Via San Simone, in cui pur nacque Cesare Correnti. Quella casa è oggi distrutta dal piccone del rettifilo, e la Via San Simone si chiama da quell'illustre a sangue freddo.
Continuo e conchiuderò una famiglia che non fu mai né muta né reticente nella storia lariana. Per le azioni delle arti, della guerra, della chiesa e del foro, svolse, per lunga serie di secoli, le proprie prerogative. Né meno l'episcopio ha saputo coprire in noi le determinazioni ghibelline, come nell'Arcivescovo di Magonza. Como è ripiena delle nostre memorie, che sono sempre di carattere liberamente solista ed espansivo.
Mi laureai in leggi il '92, col massimo profitto di avermi fatto comprendere la inutile menzogna delle medesime, che contrastano dal Codice alla Vita sì che imparai a maneggiare le armi anche fisiche per distruggerle. Mi compiacqui di medicina e di matematica.
Ma se è vero che l'Arte è rifugio e consolazione delli ammalati inquieti, in cui la salute del cuore e dell'intelligenza contrasta colla morbosità degli altri organi, all'Arte mi affidai come alla sposa ed alla madre, che non tradiscono.
Ho avuto ragione. Il mio atto di Vita d'allora in poi si è sempre confuso colla mia espressione d'Arte; la mia Azione è la mia Letteratura. Ogni anno vissuto da me dopo il ventesimo, è postillato da un nuovo successivo volume, e là dove tu riscontrerai miglior sofferenza, l'Arte sarà maggiore.
La revisione delli Uomini e dei Libri avvenne tra i Libri dal letto e dal lettuccio. Non sono tanto desto se non quando mi sorprendono in dormiveglia. Contrasto spesso con tutti: in questa antitesi si aumenta giornalmente il mio orizzonte. Le mie avventure cerebrali furono enormi e sconosciute: un eco sola ne vibra, a chi sa intenderla, dalle mie pagine.
Ma ciò che più mi soddisfà è d'essere in pace e contento con Me stesso, perché fui severissimo con Me ed indulgente ad altrui: il mio maggior titolo è di essermi sorpassato; li altri vaglieranno quelli tangibili del mio lavoro.
Eppure non prosperai, né prospero: mi avvisò Carlo Dossi che mi mancava l'arte del Ciarlatano. Non me ne dolgo. Il mio pensiero rosso, la mia candida onestà sono virtù negative in un mondo dove il grigio è pregiato sui colori pieni e non equivoci. Oggi, non uomo finito, posso anche riposare, perché so di aver compiuto il mio dovere, cioè sono sicuro di non essermi tradito, ed ora non desidero che di morir presto.
Milano il 1 di Giugno 1914
G. P. Lucini
»


REVOLVERATE

• Da: La canzone del Giovane Signore.
«............................
Io sono tutto qui, o Signori, vi esprimo;
fiero protezionista ed uomo d’ordine,
non vado in chiesa e pregio la Santa Religione;
vanto il liberalismo del Corrier della Sera vescovile,
e mi reggo col soldo, colla legge e la truffa:
calo la buffa nelle lotte civili per non farmi conoscere;
uso de’ prestanomi in losche società.
Desidero morir, come conviensi,
paralitico osceno, salvando la morale,
l’occhio spento, le mani rattratte,
cencio d’uomo sbiancato e miserabile,
a pubblica e lodata edificazione,
colla assistenza estrema dell’estrema unzione
e magna pompa di funerale.
............................................
Riavvolto nelle pieghe del gonfalone,
il volto glabro, pallido d’emozione,
ben pettinato e biondo d’acqua ossigenata,
prezioso ostensorio, per antonomasia,
vero Padrone,
sono il campione dell’italianità.
La mia tuba risplende come per gemme rare
col triplice riflesso dei moerri:
porto la tuba come una tiara, meglio di una corona,
nelle permesse dimostrazioni
al patrocinio armato delli sgherri».

Canzone, compiaciti, accogli il Peana.
Ama, riamato, questo signore.
L’estetica si gode de’ baffi provocanti,
dell’adipe compressa e castigata dai panciotti bianchi,
dai financiers sapienti lusingatori,
come nei cimiteri ai bei sarcofaghi,
che serran le carogne, si compiacciono i fiori.
..............................................
Bada e rifletti, Canzone, in cortesia;
ripeti sempre la palinodia:
«Il Galantuomo viva della propria onestà:
dopo di noi il diluvio! Sarà quel che sarà!.»


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Lucini, nato a Milano nel 1867, è considerato tra gli innovatori della poesia italiana per la  sua continua ricerca di una lirica sperimentale che lo avvicinò prima alla Scapigliatura, poi al Simbolismo ed infine al Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti. Proprio Marinetti lo fece esordire nel 1905 sulla rivista “Poesia” che poi, nel 1909, pubblicò la sua raccolta di poesie più celebre: Revolverate. Ma il suo carattere anarchico, antiborghese e antimonarchico lo fecero allontanare sempre più dal Futurismo. In Antimilitarismo Lucini esaspera ulteriormente i toni polemici e satirici delle sue Revolverate  per dichiarare  tutto il suo disprezzo e il suo risentimento contro la guerra. Proprio un suo articolo, apparso sulla prima pagina del quotidiano “L’Italia del Popolo”, determinò l’intervento del Tribunale di Milano che  considerò il suo scritto “oltraggioso nei confronti dell’esercito regio” e ne dispose l’immediato sequestro. Da questo episodio e dal conseguente iter processuale parte Antimilitarismo che inizia con questa ironica dedica: “Signori uomini d’importanza, di sussiego e di vanità, che, promossi in procacciati uffici, da quelle poltrone più in vista, che non meritate, dal favore delle vostre penne vendute, di là, andate blaterando sui benefici della nuova guerra libica, – la quale ha fatto grande Italia dei Savoia – : questo libretto non è per voi”. Lucini dimostra  di essere stato un pacifista che alle bombe incendiarie ha avuto l’intelligenza di preferire le molotov d’inchiostro. Parole che, però, lo isolarono dalla società civile e intellettuale del suo tempo. Perché, come scrisse, “A noi non giovano né i concetti degli antimilitaristi per tornaconto, né i rumori dei guerra-fondai per necessità”. Tratto da SATISFICTION #6 – GIAN PIETRO LUCINI, UN NO GLOBAL ANTE LITTERAM.

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"La solita canzone" di Gian Pietro Lucini, critica di Gesualdo Manzella Frontini - 1910