Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo

domenica 24 gennaio 2016

Introduzione allo studio della letteratura italiana discorso letto nella R. Università degli studi di Catania dal prof. M. Rapisardi 1871


Il concetto che della scuola aveva Mario Rapisardi è molto diverso da quello che hanno i più, che scambiano l'insegnamento con un qualunque mestiere.

Egli pensava che la scuola è un istituto di massima importanza nella vita pubblica, che essa deve essere fucina di valori morali e palestra di educazione delle giovani generazioni, riteneva che la scuola non può essere estranea alla vita, se di essa non si vuol fare un esercizio di espiazione ovvero un museo di fossili.



I.
Chi vuol cominciar bene, incominci da Dio. Adottiamo il precetto da buoni credenti, e coroniamo di rose e di mirto gli altari inconcussi della nostra divinità.
Il nume che invochiamo non si chiama Jéova o Sabaòtte, Eloa o Brama, Osiride, o Giove ; non si chiude nei misteriosi tabernacoli di un tempio; non si asconde nei gelosi recessi del firmamento; non abita i monti o le foreste circondato dalle tregende di Teuta, o assordato dai timballi di Bacco. Va libero e sublime per le vaste regioni dell' aria e della luce, e all' aria ed alla luce si mesce, ed è luce ed aria dell' anima e della vita; spazia pei campi della terra e domina popoli ed età: — vario sempre ed uguale, debole a un tempo e onnipossente esso agita e dispone le universe cose della natura, scuote e commuove l'urna delle nostre sorti, e regge ed intreccia il filo secreto di tutte le umane azioni. Voi l'avete già indovinato : esso si chiama 1' Amore.
« Omnia vincit amor, et nos cedamus amori ! » Come potremmo noi ragionar dell'Arte, senza trarre gli auspicii dall' Amore, questo divino generatore dell' Arte, e primo ed onnipossente artista dell' universo ? — Voi lo sapete, o Signori : l' anima umana è come un cembalo chiuso : il pianista dell'anima è l'Amore; esso sveglia i sentimenti e le facoltà nostre come l'aria sveglia le virtù dei fiori ; e non solamente li sveglia e li prova come l'artefice amoroso il suo caro strumento, ma li modifica altresì e li corregge, e le anime più schive riduce al sentimento del Bello e al culto divino della Verità.
Perocché l' Amore, come irrequieto desiderio dell' assoluto ed eterno mediatore fra lo spirito e la natura, non può, per essenza sua, altrimenti manifestarsi se non come un vuoto indefinito ed immenso che s'apre nell'anima e nella natura, come una innata e necessaria contradizione fra il mondo corporeo ed il razionale. Cosicché mentre si mesce come potenza consciente ed ordinata nelle incontaminate regioni dell' ideale, egli soffre e gode, ride e piange con l'umanità ; è cieco ad un tempo e veggentissimo, è istinto insieme e coscienza, è finito ed infinito al punto istesso, e tiene fra le mani una misteriosa catena, il cui primo anello si perde nell' estasi luminose dello spirito, e si sprofonda l'altro nelle torbide voluttà della materia.
Or siccome egli desidera o di conoscere, o di contemplare, o di realizzar l'assoluto, ed è religione, arte, o filosofia, secondo che egli crede, pensa, o sente ; così la ragione, il sentimento e la fede costituiscono il triplice campo su cui si esercita la sua potenza; e la religione, l'arte e la filosofia la triplice destinazione di tutte le umane facoltà.

II.
E simili a tre virgulti nati dallo stesso tronco, cresciuti sotto la stessa temperie di cielo, alimentati dalle stesse rugiade, intrecciano e confondono le radici e le frondi, ingombrano ed usurpano lo stesso spazio di terra e rubano al sole lo stesso raggio di luce; la religione, la scienza e la l'Arte hanno fra di loro di tali attinenze e connessioni nell' ordine razionale, si alterano e si modificano in guisa nell'ordine storico, che non si può contemplare ed investigar 1' una senza incorrer naturalmente nell'altra; non si può determinare e circoscrivere il campo di questa senza descrivere, o rasentar per lo meno i domimi e le regioni di quella.
Nel mondo orientale, per esempio, la religione assorbisce la vita. La filosofia non è che lo studio della natura e degli attributi di Dio; l'Arte la gigantesca e bizzarra manifestazione dell' infinito. E l' arte, la scienza, lo stato, la civiltà, la libertà, e la personalità umana tutto viene annientato dinanzi l' inerte e malinconica contemplazione dell' assoluto.
In Grecia al contrario: la religione diventa la creatura e l'ancella dell'Arte. Giove esiste finché sa prestare immagini al pittore, allo scultore, al poeta. Omero, Zeusi e Polignoto facevano senza saperlo la causa della religione. Che importa che Mercurio sia il protettore dei ladri e si faccia messaggero d'amore? Egli è snello e leggiero come un uccello; i suoi splendidi talari percorrono il cielo e la terra con la rapidità del baleno ; le sue forme sono eleganti e leggiadre e si prestano mirabilmente alle concezioni dell' artista: Fidia lo scolpisce, la Grecia lo adora. Perchè ricordare che i sacri penetrali d' Aniatunta e di Pafo siano talvolta polluti dal furtivo abbracciamento delle sacerdotesse di Venere; che Venere istessa presieda alle intemperanti voluttà dei suoi devoti, che essa sia debole ed imbelle da tollerar le ingiurie dei mortali e fuggire spaventata e ferita dinanzi al selvatico sdegno di Diomede? Ella è sorta candida e fresca dalle feconde spume del mare; il suo cocchio di madreperla tirato dalle innamorate colombe dell' Erice scivola leggero leggero sulla tersa e trasparente superficie dell' acque; le Grazie intrecciano le candide rose di Cipro alle morbide a-nella delle sue chiome, ed ella saetta col raggio delle sue pupille tutto ciò che vive nella terra e nel cielo.
« Te dea, te fugiunt venti, te nubila Coeli « Adventumque tuum, tibi suaveis daedala tellus « Summittit flores, tibi rident aequora ponti, « Placatumque nitet diffuso lumine Coelum.
Che importa infine che Aspasia sia una cortigiana ? Essa è bella, e Socrate va ad apprender da lei i delicati lenocinii della parola, e a dischiuder l'anima alle serene contemplazioni della bellezza. Chi domanda se Frine abbia fatto traffico del suo pudore ? I suoi giudici umiliano la fronte severa innanzi alle sue mirabili nudità; le sue forme bellissime si ritraggono nelle tele e nei marmi dai più famosi artisti del tempo; ella merita un posto nel tempio di Delfo : Astrea si è fatta serva di Venere; la bellezza si adora nel tempio istesso della Verità.
Cosicché, mentre nell' India e nell' Egitto gli uomini si studiarono con ogni mortificazione di innalzarsi fino alla Divinità, i Greci vollero a ogni costo che i loro Numi lasciassero l'Olimpo per assistere ai loro giuochi, alle loro cene, ai loro sagrificii, partecipar dei loro godimenti, delle loro debolezze, delle loro sventure. Alle piramidi d'Egitto e alle catacombe d' Elefanta, s'oppose il Portico e il Partenone; al Mahabarata l'Iliade, alla dottrina dei Veda la filosofia di Platone. - Ma tornò la stagione che la fede dovea riassorbire la scienza e la vita. Sulle rovine del mondo Romano erasi piantato il simbolo d'una croce : il gemito dei martiri era uscito dal seno delle catacombe di Roma.
E come ai tempi antichissimi di Pittagora e d'Empedocle la filosofia avea preso, il no-me di teurgia, e la verità della scienza ebbe mestieri del manto dell' aruspice e del sacerdote per esser inculcata ai contumaci mortali, così dileguata dopo il mille, la stolta paura dell' ultimo giudizio, la scienza, volendo pur tornare all'antichità, non seppe altrimenti liberarsi dall' incubo delle nuove credenze che dandosi in braccio ad una nuova foggia di filosofare; sciagurato fornicamento della scuola e di Dio: due autorità invece d'una: quella di Cristo e quella d' Aristotile.
Come poteva l'Arte non risentire gli effetti di quel mostruoso connubio ? La scolastica invase le sue regioni ; la poesia s'addormentò fra le acute sottigliezze degli Arabi per esser più tardi svegliata dalla procace serventesi dei Provenzali ; l' architettura rivolse al cielo il suo sesto acuto, innalzò la cima dei suoi campanili come per portare a Dio la voce più vicina della preghiera; e per uno scambio di parte assai singolare, chi seppe adoperar bene o scalpello e la squadra, scriver poemi ed alluminar cartapecore meritò d'essere assunto alle prime dignità ecclesiastiche : 1' arte di pinger tele, e di scriver versi diventò un ramo della liturgia.


III.
Ma l'Arte non potea viver lungamente nelle scuole e nei chiostri : essa non si compiace di riposo e di calma, non s'alimenta per natura sua di silenzio e di solitudine, ma vive e soffre e s' agita nella società.
Per questa e non per altra ragione si è considerata sempre come un apostolato ; per questo ha avuto i suoi persecutori e i suoi martiri, è stata chiamata col santo nome di religione, e sacerdoti ed istitutori di civiltà sono stati detti i poeti e gli artisti, i quali educando per mezzo dei sensi il pensiero, temperando le opinioni mediante gli affetti, hanno evangelizzato il bello ed il vero in tempi e fra popoli ad ogni bellezza avversi e nemici d'ogni verità. A studiar dunque 1' arte completamente sarà d'uopo investigar non solamente i rapporti e il legame, che essa ha potuto avere con le istituzioni sociali, ma il movimento che ha impresso alle nazionalità delle genti, e il ministerio ch'essa ha esercitato di fronte agli ostacoli di tempo e di luogo, e le lotte sostenute col pregiudizio e con la schiavitù, e le misere condizioni a cui 1' hanno talora obbligata o la falsa protezione dei principi o la maligna lusinga della popolarità.

IV.
Or perchè 1' Arte sia veramente sociale, ed eserciti una visibile influenza sui nostri destini, bisogna anzi tutto che sia vera. Ep-però è mestieri che essa attinga ispirazione dalla natura, e tragga argomento dalla realtà della vita.
Studiando il reale, noi sfuggiremo a quel falso e malinteso manierismo, che vorreobe ridurci alla semplice ed immediata espressione dell' ideale e tutto il bello riporre nella spiritualità; come penetrando nei recessi misteriosi dello spirito sapremo sollevarci dalla gretta imitazione della realità. L' Arte,' come l'umana natura, partecipa insieme del finito e dell' infinito. E se l'anima sua è l'idea, la forma è la sua naturale e necessaria sensibilità. Da ciò scaturisce che il culto della forma non è studio di pedanti, e che la perfezione della creazione artistica risiede nell' e-satto contemperamento dell' espressione e del contenuto.
E siccome lo stato naturale dell' uomo è la società, e l' umana personalità solamente si completa e si svolge nello stato sociale, così l'Arte ha da studiar l'uomo negli uomini, investigar negli uomini, e non nei libri, le tendenze, le aspirazioni, i costumi, i vizii e le virtù d'una nazione e di una civiltà. Il (...)
del tempio di Delfo sarà il motto della nostra bandiera.
Non rivolgeremo soltanto lo sguardo sulle orme impresse dalle generazioni mortali sulla faccia della terra, ma spingeremo il volo dell'anima attraverso i veli dell' avvenire; non canteremo la nenia sui trapassati, ma intuoneremo l'inno della redenzione. A questo patto noi saremo degni della nostra missione, divideremo i dolori e le speranze dell' epoca nostra, riusciremo insomma ad una vera e civile utilità.

V.
Nè l'utilità  dell' Arte è semplicemente morale.
A voler porgere orecchio a certi pregiudicati detrattori delle arti liberali, noi dovremmo vergognarci di attender seriamente allo studio di esse e di sprecare il nostro in gegno e la nostra fatica intorno ad un futile e quasi fanciullesco esercizio, in questo secolo segnatamente che tutto il lustro e la gloria sua ritrae addirittura dalle macchine, e dagli internazionali commerci ogni ricchezza ed ogni prosperità
Si parla degli Spartani, che non vollero sentire nè d'arti, nè di lettere, e i loro mobili fabbricavan con l'ascia, secondo le prescrizioni di Licurgo, e ogni merito della parola facean consistere nella concisa espressione del necessario. S'invoca l'autorità di Platone, il quale, non a caso, volle dalla sua repubblica bandire i poeti, razza di superbi e di vagabondi che vivono nell' ozio o nella mollezza, e deviano le menti degli uomini dall'esatto apprezzamento della serietà della vita. Ma noi proveremo che le Arti risvegliando il senso del bello, educando il gusto del popolo, giovano mirabilmente all' industria, abbelliscono le nostre manifatture, danno rinomanza alle nostre mode, ordine e varietà alle nostre vie, ai nostri edificii, ai nostri giardini.
Che 1' Attica il suo massimo splendore e la massima ricchezza ritrasse dall' Arte ; dall' Arte acquistarono reputazione e valore gli antichissimi figulini d' Etruria, i grafiti tosca-nici, le pietre dure di Roma, i vasi di Arezzo e gli alabastri di Volterra, i vetri soffiati di Murano e i mosaici di Venezia.
Che un quadro insomma, una scultura, un poema, non è, come volgarmente si dice, un valor morto ed improduttivo ; che gli artisti e i poeti non sono dei consumatori soltanto, ma dei produttori; che essi non producono esclusivamente dei valori morali, ma dei materiali, non solamente gentilezza di costumi e progredimento di libere istituzioni, ma delle cifre rispettabili. Che le gallerie di Roma e di Firenze non danno meno d'una fabbrica Qualunque di Manchester e di Lione, e le ditte Michelangelo Raffaello e C. danno forse qualcosa di pi delle speculazioni più ardite di qualunque borsaiuolo del giorno (Dall'Ongaro).

VI.
L' Arte dunque è bella, è vera, è sociale, è utile.
Ma se l'incarnazione del bello nel vero suppone una serie di evoluzioni e di sforzi, che noi diremo intrinseci e primitivi, e concernono l'impulso dell' idea infinita verso la sua coerente e determinata esteriorità, così quando l' espressiene è trovata e vuole inculcarsi nel campo della vita reale, essa non può non venire in collisione con tutti i pregiudizii e le colpe sociali, e tanto più troverà ostacoli da sormontare, e battaglie da sostenere quanto meno la società, nella quale si svolge, sarà ordinata secondo le norme naturali, e le leggi razionali del diritto.
Io non cercherò quindi ingannare ed illudere le giovani menti intorno ai triboli della nostra carriera; nè dissimulerò come l'esilio e la sventura, e l' abbandono dei mortali e la povertà siano spesse volte la ricompensa del più generoso ed incorrotto sacerdozio dell' Arte.
Ma dal seno della solitudine e del dolore, dall' invidia stessa o dall' indifferenza degli uomini sorgerà pur sempre il raggio d' una speranza, il sorriso d'una consolazione, la certezza d' un gaudio o d' un riposo. Alle contese ed invidiate contemplazioni del Bello, alle vigilate cure di realizzarlo nel mondo terrà sempre dietro quella dolce e serena fiducia nella nostra coscenza, che mai le anime gentili non abbandona; e ai dolori della miseria e delle infermità, ai sacrifica per l'arte pazientemente e con forte animo tollerati, renderà piena e solenne giustizia il tempo e il pentimento dei mortali e la gloria del nome e la ricchezza della fama avvenire:
« Solve metus ; feret haec aliquam tibi fama salutem !

VII.
E la società, giova bene sperarlo, andrà sempre più migliorando le sue condizioni, e con essa miglioreranno le condizioni e le sorti degli uomini di lettere e degli artisti. I quali non saran più costretti a viver derelitti e meschini, o a cercar un aiuto e un riparo nella protezione dei grandi : bivio funesto e non meno pericoloso per tutti; da poichè se la miseria affatica gli animi e isterilisce gli affetti e la fantasia, e pochissimi sono coloro che sanno resistere alle sue tremende agonie; la protezione infiacchisce ed umilia gl' ingegni, stempra il carattere e corrompe il cuore, ci toglie la coscenza degli altri e di noi, c' incatena alla menzogna, ci prostituisce nella servitù.
Noi non cercheremo dunque la protezione della ricchezza e della potenza, nè ci ostineremo per questo nella povertà, come quelli che siamo convinti, che gli agi e le sostanze dignitosamente acquistate ed usate con animo temperato e prudente, anzichè invilire la nostra missione, giovano più che altro alla indipendenza del nostro istituto, alla libertà delle nostre opinioni e alla sdegnosa condotta della nostra vita.
Noi non crediamo che la povertà abbia ad essere la miglior palestra del filosofo e il retaggio fatale dell' artista, anzi stoltissimo di tutti gli uomini abbiamo sempre tenuto Diogene, avvegnaché tutto il pregio e le consolazioni dell'umana filosofia non consistono nell' astenersi dai piaceri della vita, ma sì nel modo di saperli padroneggiare; e sostenere con animo abitualmente impassibile i disinganni e le avversità sia molto più agevole per avventura che non sia il rivolgerle a nostro morale avvantaggio e il trarne argomento a generosi ammaestramenti, e a fortezza d' animo ed incitamento a virtù.

VIII.
Scendendo poi ad un ordine più ristretto e ravvicinandoci particolarmente allo studio dell' arte letteraria, noi non potremo esentarci dal dimostrare la naturale attinenza fra le arti tutte, di cui quelle della parola sono una singola espressione e un aspetto. Un' espressione sì ed un aspetto, ma il più complessivo per avventura e sintetico. Poiché la poetica, come più libera ed immediata manifestazione dell' assoluto, abbraccia e comprende le principali modalità delle altre arti e può offrire contemporaneamente al pensiero lo spettacolo dei momenti diversi dell' intuito : il passato e il presente, il tempo e lo spazio, l'avvenire e 1' eternità.
Quando la letteratura degli studii superiori e delle università fu voluta ridurre ad un superficiale ed ozioso esercizio di rettorica e d'umanità, bastava esporre più o meno diffusamente le regole del bello scrivere, annoverare con più o meno di scrupolo le figure così dette di parola o di pensiero, leggere o commentar Petrarca a documento incontestabile della loro patavinità, invocar l' aiuto del P. Segneri o del P. Bartoli (padre sempre, già si intende), masticar qualche verso latino d'Orazio a foggia d'agnus dei, e impartire infine la , santa benedizione a solenne remissione dei peccati di pensiero o di parola, come le loro figure, che gli scolari avean potuto commettere fra una tentennata di capo ed un sonoro sbadiglio.
Per noi, o signori, lo studio della letteratura è tutt' altro. Io mi sarei vergognato di salir questa cattedra, se non avessi assunto con me stesso l'impegno di dimostrarvi, come la letteratura non sia semplice studio di forma ma di concetti, non di soli libri, ma di uomini, non maestra di lambiccate eleganze e di provocanti civetterie, ma solenne istitutrice di popoli ed esempio di virili costumi e documento infallibile di civiltà.
Per la qual cosa, mentre noi rivolgeremo le nostre cure all'investigazione delle forme differenti delle arti della parola, non trasanderemo di studiar l'armonia che tutte le obbliga ed affratella ; mentre discorreremo i principii e la storia gloriosa dell' arte nostra, noi andrem ricercando le più o men visibili influenze esercitate dalle antiche letterature e dalla lingua greca e latina sull' indole della nostra lingua e sullo spirito della nostra letteratura; mentre studieremo le glorie e gli errori, le vergogne e i trionfi del nostro passato, disporremo l'animo e l' ingegno alle più strenue battaglie dell' avvenire.

IX.
Or siccome lo studio delle diverse forme letterarie, s'incontra non solo ma s' intreccia intimamente con la storia dell' Arte, così noi combineremo la storia della nostra letteratura a quella delle differenti manifestazioni di es-, sa: coordineremo la storia delle grandi, produzioni artistiche a quella dei principii regolatori del bello ; uniremo sotto la medesima categoria nomi ed opere di diversi tempi e scrittori, e lasciamo volentieri a tutti altri la gloria dei sincronismi e delle biografie. Dovremo noi forse accettare il metodo di coloro, i quali traendo esclusivamente da una storia tutti i loro tipi, o formulando senza il soccorso di nessuna storia delle astratte e vaporose teorie, vorrebbero incatenare il genio alla loro autorità; vero letto di Procuste su cui si vuole adattare e circoscrivere questa creatrice e possente e veramente divina parte di noi, che si chiama la fantasia? — Io ve lo dico sin d' oggi, o Signori, ad onor dell' Arte e di me. 
Noi non riconosciamo altri tipi, altre leggi, altre teorie fuori di quelli che lo studio del vero ci detta: altra guida fuorchè il nostro gusto. Accettiamo gli ammaestramenti che la storia ci inculca, ma prima e sola autorità, il nostro cuore ! Noi non siamo qui per imporre tirannidi e freni al pensiero, ma per renderlo libero e indipendente secondo la sua natura. Accettiamo l'Arte sotto tutte le forme; ammiriamo il bello dovunque lo troviamo : nell'astro che sorge e sul mare che geme ; nel bacio dell'amore e nell'addio della morte; nel chiaro azzurro dei firmamenti e nella cupa solennità degli abissi. Qualunque voce, qualunque oggetto, ogni gemito dell' anima e ogni sorriso della natura, tutto ciò in somma che trovi un riscontro nel nostro pensiero, che muova una fibra del nostro cuore, agiti una penna della nostra fantasia, trovi e stabilisca rapporti fra le, destinazioni degli esseri e le loro apparenze, ritragga il perpetuo dualismo fra le cose dell' anima e della natura, tutto ch'è stato e potrà essere oggetto dell'Arte, e tutto formerà oggetto delle nostre indagini, del nostro studio, del nostro amore. Dai terribili clangori della tromba d' Omero noi passeremo alle tranquille armonie della zampogna di Teocrito e di Sannazzaro; dall' urlo disperato dei dannati di Dante al patetico lamento del romito di Valchiusa ; dalla bestemmia di Fausto e di Manfredo agli amori innocenti della Messiade; dalla placida rassegnazione di Pellico e di Manzoni alla disperata e sublime ironia del Leopardi.

X.
So che avrò molti ostacoli da sormontare, parecchi pregiudizii da combattere, e che gli studi forse, non il coraggio mi mancherà. So che i tempi sono manifestamente forieri di grandi riforme; che l'epoca nostra benchè transitoria lascerà di grandissime tracce e profonde nel seno della nuova civiltà; che l'Arte ha grandi battaglie da combattere, solenni destini da compiere, nuove persecuzioni forse da sostenere, ma il trionfo e la gloria non ci fallirà. Ond' io non voglio nè posso dissimularvi, o Signori, la dolce e profonda commozione dell'animo mio, da che m'è dato in questi momenti solenni di venir conferendo con voi quelle idee e convinzioni ch' io ho potuto formarmi di quell' Arte santissima, a cui, lo sapete, vado superbo d' aver consacrato, e sono ancor disposto di consacrare, le mie cure, i miei pensieri, gli affetti più cari della mia vita:
« Dum memor ipse mei, dum spiritus hos reget artus ! »
Voi non troverete prababilmente nei miei discorsi nè quella ricca suppellettile d' erudizione, che facilmente illude, e troppo facilmente s'acquista, nè quel fare solenne e quasi apostolico che con tanta leggerezza si assume e si vuol sostenere con tanta serietà. Vi par-lerò franco e sincero, smetterò, se è possibile, tutto ciò che possa sentir di didattico e di precettivo; non pretenderò d'insegnarvi l'Arte, ma spero però di farvela amare. Perocchè allo studio coscienzioso delle serene e civili discipline del bello è anzitutto bisogno d' intenderci e di affratellarci ad attinger rispettivamente coraggio contro la spregiata indifferenza dei tempi e gl' ingiusti rigori degli uomini e della fortuna. Ond' è ch' io invoco sin d' oggi, non solamente la vostra attenzione e la frequenza vostra, ma il vostro coadjuvamento e l'affetto vostro. Esso mi è di mestieri per esprimervi senza veli ed ambagi tutto ciò ch' io ho saputo sperimentare dell'Arte in quel tanto d' esercizio che ne ho avuto; e per valermi di quella franca ed onesta imparzialità che l'indole mia liberissima mi impone, e la libertà dei tempi e l'avvenire dei nostri studii.
. Stretti in tal modo nell' intemerato amore del bello e del vero, noi moveremo la guerra a tutti coloro che pretendono dommatizzare la legittimità dei loro istituti; sfideremo le folgori dei tanti pontefici massimi che si arrogano il diritto d' inculcare la loro letteraria infallibilità; disprezzeremo il diritto divino dei loro rabescati diplomi ; combatteremo insomma l'assolutismo sotto qualunque forma; cacceremo l'arte italiana dalle Accademie e dalle Scuole, come Gesù ebbe a cacciare i mercanti dal tempio.
Lo ripetiamo dunque, o Signori. Un completo perfezionamento letterario non si potrà mai ottenere, quando si voglia restringere i nostri studii ad una vuota esposizione delle regole del comporre, a un' arida descrizione delle forme letterarie, ad una analisi pedantesca e grammaticale, ciò ch' è sintesi miracolosa di pensiero e di civiltà. Da questo inesatto e grettissimo esclusivismo, dal pregiudizio sciagurato di allontanar l'Arte dal vero, di scompagnarla dalla vita reale, di ridurla a semplice rudimento o a patrimonio esclusivo di pochi, è venuto nascendo quello sconcio deplorabilissimo in cui è incorso il ministerio della letteratura, quella piaga vergognosa di tutte le arti moderne, e la negligenza e il disprezzo in che sono cadute.
Io fremo ed arrossisco a pensarlo. Noi troviamo pittori ignoranti e talvolta analfabeti costretti a trarre le loro ispirazioni dal più laido fondo della realtà; maestri di musica che non sono in grado d' intendere il melodramma che pretendono rivestir d'armonie; incisori che altra cosa non sanno che il mestiere di tagliare il rame ; scultori che ardiscono tuttora incarnare le loro ibride concezioni sotto le rancide forme della vecchia o della nuova mitologia; che scolpiscono Veneri bagnanti e Cristi discesi dalla croce mentre gl' Italiani vanno ad affrontar la mitraglia di Porta Pia, e Re Guglielmo il Conquistatore ordina di bombardare la capitale del mondo civile !