Dalla sua polemica al successo bolognese: questa è la storia dell'opera Malìa di F. P. Frontini oggi, ingiustamente posta in oblio.
Non sempre il maestro Frontini era propenso a far confidenze, ma negli ultimi anni della sua vita ne fece qualcuna assai interessante.
Si tratta della storia della “Malìa”, il maggior lavoro del musicista catanese e certamente uno dei più bei melodrammi “veristi" dell'ultimo ottocento, degno della più fortunata popolarità se non fosse nato sotto cattiva stella.
“Malìa” ebbe una genesi polemica.
L'idea di un'opera di argomento e carattere siciliani nacque, nella mente del Frontini, poco dopo l'apparizione della “Cavalleria “ mascagnana.
Non fu sentimento di invidia quello del musicista catanese - ma una specie di risentimento campanilistico.
Frontini aveva, fin dal 1882, iniziato la raccolta di cantilene e arie popolari catanesi che - sotto il titolo “Eco della Sicilia” - aveva pubblicato presso Ricordi.
Per merito suo l'Italia aveva potuto conoscere ( per la prima volta Mi votu e mi rivotu, Ciuri..ciuri, Amuri, amuri e altri 47 canti ) i veri sentimenti che si nascondono in questa ermetica anima siciliana e che sogliono effondersi attraverso i canti popolari.
Dal canto suo Giovanni Verga - e nei libri e sul teatro - ne aveva saputo mettere in giusta luce tutti gli aspetti della primitiva psicologia.
Frontini era molto amico del Verga e non gli garbò molto vedere tradotta la scarna e densa prosa verghiana ai versi piuttosto retorici intonati da una musica che recava accenti dialettali toscani.
La Sicilia è dei siciliani pensò, e raggiunse Luigi Capuana che, in quel tempo viveva a Roma.
Poeta e musicista dopo molte discussioni, si accordarono su un soggetto originale e di grande evidenza scenica.
L'argomento era verista s'intende, non per nulla il Capuana era il propugnatore italiano della nuova corrente estetica.
Ma il musicista chiese un verismo che non mettesse in evidenza un fattaccio: desiderò la narrazione di una vicenda passionale imperniata si su un “documento umano” ma trasfigurata e purificata dalla musica.
Frontini ritornò a Catania con la testa in fiamme e aspettò il libretto che Capuana gli aveva promesso.
Passarono settimane, quindi qualche mese.
Poi la poesia del libretto cominciò ad arrivare a squarci, a brani, a pezzetti e a Frontini, oltre che il musicista, toccò fare il sarto per ricucirli insieme.
Poesia ottima, versi incisivi si, ma troppo scarni, troppo laconici nei quali la musica - nella sua espansione sentimentale - mal si costringeva.
Il musicista cercò di allungare i versi con qualche ripetizione in attesa che il poeta gli inviasse sviluppi richiesti e il resto del libretto.
Ma Capuana tacque del tutto e Frontini rimase, inoperoso a rodersi nell'attesa.
Fortunatamente non era uomo da abbattersi.
Ripartì per Roma e Capuana se lo vide piombare inaspettato, in quell'ultimo piano della casa dove abitava.
Le parole del musicista furono secche e concise come, fino allora, erano stati i versi del poeta.
Non mi muoverò più da qui se non prima potrò portare con me il libretto di “Malia” completo.
Capuana cedette.
Mise da parte gli altri lavori incominciati, raccolse gli appunti sparsi del libretto di “Malìa” e vi si buttò a corpo morto.
Il lavoro, in breve prese forma.
Il libretto venne acquistato dal musicista che ritornò a Catania elargendo sorrisi, ringraziamenti e tante scuse al poeta: poi lo fece leggere a Mario Rapisardi, lo lesse lui stesso ad una piccola cerchia di amici: tutti lo trovarono bellissimo.
Con questi consensi, il musicista si mise a lavoro e terminò l'opera in poco tempo.
Con il manoscritto Frontini si recò a Milano da Giulio Ricordi, suo editore.
Il quale ascoltò e lodò molto l'opera, però…. però quell'anno c'era troppo lavoro: bisognava rimandare la stampa e la rappresentazione di “Malìa” per l'anno seguente, Frontini, che bolliva non se ne persuase affatto.
Chiuse la partitura e infilò l'uscio con tanti saluti per l'editore famoso il quale lanciò al musicista focoso la sua pacata profezia: Ve ne pentirete.
Li per li Frontini non ci badò affatto.
Un nuovo Editore di musica, il Demarchi, voleva insediarsi a Milano e cercava giovani musicisti da lanciare .
Era una manna. Frontini si presentò a lui e gli fece sentire la sua opera.
“Malìa” venne subito accettata e inclusa nel cartellone del teatro Brunetti di Bologna.
La sera del 30 maggio 1893 Frontini diede la sua risposta a Mascagni: una risposta rispettosa ma fiera.
Ecco La Sicilia, parve dire il musicista catanese e l'entusiastico successo che accolse l'opera parve confermare la sua aspirazione.
Dopo Frontini dovette fare i conti con il destino avverso profetizzato da Giulio Ricordi.
L'editore Demarchi fallì, Frontini si affrettò a riacquistare la proprietà della sua opera che venne rappresentata anche a Catania, l'ultima volta nel 1957.
Poi fu condannata a giacere, sotto chiave.
L'opera - ancora viva e vitale - continua a restare chiusa dentro lo scaffale e aspetta che qualche buon santo la proponga. ( Per approfondire Malìa - qui )
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