Catania, in ogni tempo, ha espresso giuristi ed avvocati prestigiosi, che hanno onorato il suo Foro e la cui fama ha varcato i confini non solo della città ma della Sicilia. «Il foro di Catania in particolare non è inferiore al foro di Napoli, di Torino, e di Parigi, né nella scienza del diritto, né nella energia della difesa» (così, nel gennaio 1861, affermava nel discorso inaugurale dell'anno giudiziario il Procuratore generale avv. Gabriele Carnazza.
Fra i grandi civilisti della seconda metà dell'Ottocento, un posto eminente occupò certamente Salvatore Paola Verdura (Catania, 1837 /20 luglio 1916). Ottenuta la licenza di procuratore nel 1858, a ventun'anni, fu attratto irresistibilmente dall'entusiasmo che destava — anche in Sicilia — l'imminente guerra contro l'Austria e fu, nell'anno successivo, tra i più infervorati nel corso delle manifestazioni patriottiche a Catania «il cui centro era il gabinetto di lettura Fanoj » (come ricorderà il Paola in una memoria — inedita — stilata quarantanni dopo verso la fine del secolo). Nel giugno 1860 lo troviamo a Palermo prendere parte ad una grande dimostrazione unitaria organizzata da Giorgio Tamajo e con le funzioni di segretario in una delle commissioni che preparavano il plebiscito. «Nel 1862, quando Garibaldi entrò in Catania feci il mio dovere di soldato nella Guardia Nazionale» (e durante il servizio avvenne l'incontro con Giovanni Verga, anche lui milite, e l'inizio di un'amicizia durata oltre mezzo secolo, fino alla morte del Paola: vedi « L'amico avvocato », La Sicilia, 25 gennaio 1981).
Diamo ora rapidi cenni sulla sua presenza nell'amministrazione comunale. Dal 10 giugno 1860, quando fu nominato con decreto del Governatore del distretto di Catania Vincenzo Tedeschi, componente del Consiglio civico, poi consigliere sempre rieletto fino al 10 agosto 1897 (ed assessore il 2 settembre 1874 e più volte dopo, ed ancora eletto in Giunta il 7 gennaio 1891), diede negli incarichi tutti prova di rara competenza e probità. Alla fine del secolo, lo troviamo presidente della commissione consiliare per la Circumetnea.
Il 26 gennaio 1861 conseguì la laurea (e la coeva iscrizione nell'albo degli avvocati) e quindi — dopo un periodo trascorso nella fucina del grande Filadelfo Faro (che venne definito «ultimo della pleiade degli insigni avvocati catanesi», e che nel 1884 — primo anniversario della morte — degnamente commemorò) —, ebbe inizio un'attività professionale di tale fulgore, che dopo un quarantennio fu definito il primo avvocato d'Italia. Nel gennaio 1875 (a seguito della legge 8 giugno 1874) gli avvocati catanesi elessero il loro primo consiglio e Salvatore Paola fu uno dei quindici componenti. Trentacinque anni dopo, nel 1910, fu eletto presidente dell'Ordine (il quinto della serie), incarico che mantenne per i sei anni successivi fino alla morte.
Le scarne notazioni che precedono non mettono appieno in risalto la statura del giurista e dell'avvocato, ma d'altra parte non mancano testimonianze, episodi, giudizi, espressi in vita o dopo la morte da personalità di primissimo piano. Abbiamo posto in risalto che Paola fu amico fraterno di Giovanni Verga, che ricorreva spessissimo ai suoi sapienti consigli ed aveva fiducia illimitata solamente in lui. In tutte le cause che si svolsero a Roma, Torino, Milano (per i diritti d'autore di «Cavalleria rusticana», anche se i patroni di Verga erano professionisti di quelle città, sappiamo dall'epistolario che il deus ex machina rimaneva Salvatore Paola, con le citazioni comparse e memorie che spediva da Catania.
Lettera inedita di Giovanni Verga all' avv. Paola (per Malìa)
In una lettera — a tutt'oggi inedita — all'inizio delle vicende giudiziarie di «Cavalleria rusticana», Giovanni Verga esprimeva profonda delusione per la chiacchiera dei forensi (e va oltre adoperando spregiativamente « sproloquiavano ») e nel contempo riesce a mettere in buona evidenza la qualità di fondo > del Paola: la dialettica fine e sottile (rimarcata poi nella commemorazione del 30 luglio 1916, pronunziata da Gabriello Carnazza per incarico dell'Ordine forense):
«Milano, 27 maggio 1891 — O Paola! Anzi, o Turiddu Paola! Dove sei? dove eri ieri, mentre questi deputati ed ex ministri sproloquiavano delle ore per non dire nulla? Dov'è la logica serrata e stringente delle tue conclusioni, in luogo di questi volumi che nessuno legge e che è inutile leggere? [...] G. Verga».
Ed è ancora il Verga che riferisce, in una lettera del 1902 (che possiamo annoverare fra quelle di valore storico) inviata da Milano al Paola, un giudizio espresso dall'insigne giurista Emanuele Gianturco (nel 1901 ministro di Grazia e Giustizia):
«Milano, 16 ottobre 1902 — Carissimo Amico, l'altra sera, pranzando con Donna Elena Cairoli, seppi da lei, con gran piacere, che Gianturco in casa sua a Roma aveva parlato di te, con altri, come del 'primo avvocato d'Italia'. Il tuo nome cadde nel discorso a caso, e la Cairoli mi riferì le parole del Gianturco senza sapere affatto che io ti sono tanto amico (e neppure che io ti conoscessi); il che mi affrettai a dichiarare come puoi immaginare, perché dell'amicizia tua sono lieto e orgoglioso, e l'alta stima in cui ti hanno uomini come il Gianturco, e la fama che accompagna il tuo nome mi fanno piacere immenso.
Ti abbraccio tuo aff.mo G. Verga».
Catania e la Sicilia furono sconvolte dall'affare che ebbe per protagonista l'ex ministro Nunzi Nasi, accusato di peculato in danno dello Stato. E Catania si mobilitò: il 21 aprile 1907 con n comizio indetto dai partiti popolari e il 17 luglio successivo con una manifestazione di protesta per l'avvenuto arresto (oratore l'avvocato Giuseppe Simili). Ricordiamo ciò per due motivi: il caso giudiziario ebbe l'epilogo avanti la nostra Corte di appello (in sede di rinvio) e perché l'atto di appello a stampa («Sul diritto elettorale di Nunzio Nasi», Catania, Tip. del Popolo, 1913, pp. 33), presentato alla fine di gennaio, fu sottoscritto come primo difensore dal comm. avv. Salvatore Paola (e di seguito da ben quaranta avvocati catanesi, di cui sette docenti universitari).
Nonostante la fama e la deferenza della clientela altolocata, dei colleghi, dei magistrati, delle personalità politiche che lo ricercavano, non conobbe vanità e superbia: «Corretto, elegante e semplice nella conversazione, non parlava mai di cause e molto meno di successi; deviava, anzi, l'argomento» (così delineava il carattere e lo stile l'avvocato Salvatore Boscarino nell'ottima «Rievocazione» del 18 aprile 1936 al Palazzo di Giustizia).
E una consuetudine cara all'ultimo Verga viene ricordata da G. Poidomani, già vice prefetto di Catania, «sedeva al ' Circolo Unione ' con gli inseparabili amici avvocato Paola e prefetto Minervini». Ma la testimonianza e l'elogio più alto per l'avvocato provengono dalla Magistratura catanese: «Ebbe felice e fulmineo l'intuito, la visione chiara, netta, precisa della controversia, ed il suo parere conteneva la sentenza che inderogabilmente doveva chiudere il dibattito » (così il procuratore del Re Giovanni Binetti nell'Assemblea generale del 6 novembre 1916).
A un professionista eccezionale non poteva mancare un singolare privilegio: l'epigrafe sul marmo della sua tomba fu dettata da Giovanni Verga:
«Qui la salma / di / Salvatore Paola Verdura / e il cuore dei suoi / con la reverente memoria / di quanti ne conobbero / l'alto spirito e l'opera».
(La Sicilia, 21 luglio 1981) Sebastiano Catalano
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