Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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giovedì 17 febbraio 2011

Malìa ha questo grande pregio indiscutibile, di essere una fonte preziosa alla quale si può attingere, se si vuole conoscere veramente l'anima musicale siciliana.






Piantai un fiore nel mese d'aprile,
Nel maggio mi sboggiò rosso avvampante ;
Quel fiore siete voi, donna gentile,
Fioriste nel mio cor, donna galante.
COLA - atto I scena V

L'ultimo decennio del secolo diciannovesimo — definito per antonomasia la primavera della nuova arte musicale italiana — passa oggi quasi inosservato.

Quella certa stabilità che allora pareva dovesse conservare l'arte musicale italiana fino alla meravigliosa evoluzione verdiana, sboccò tutto a un tratto in un verismo provinciale che, secondo valutazioni errate, avrebbe dovuto essere il punto di riferimento di una nuova concezione dell'arte e quindi di una nuova estetica musicale.

L'influenza mascagniana aveva fatto passare quasi inosservato l'apice della ascensione artistica di Giuseppe Verdi, perchè il « fattaccio » di cronaca quotidiana aveva cominciato a stendere un velo di incomprensione sul significato altissimo dell'ultima parola verdiana.

La divergenza verista affiorata improvvisamente sul decadentismo ottocentesco, trovò contro la sua spinta iniziale una corrente opposta nell'impressionismo che già aveva cominciato a far capolino, riuscendo poi a travolgere anche quel po' di Wagnerismo rimasto latente, malgrado l'infiltrazione incontenibile e la base solida che si era ormai costruita in Italia.

Cosicché all'inizio del ventesimo secolo vediamo scomparire non solo la parentesi verista, ma anche il pericolo teutonico a base di leitmotiv e di pesantezza sonora.

La conseguenza fu naturalmente questa, che l'ultimo slancio di ispirazione del genio di Verdi non trovando motivo di paragone con la nuova concezione musicale dell'ultimo decennio non completamente sviluppata ma allacciandosi al giocondo spirito rossiniano, rimase senza eco, mentre la nuova corrente che faceva capo a Mascagni di Cavalleria scompariva completamente nel giro di pochi anni e con essa, venivano anche a mancare i tentativi dignitosi di Giordano, di Cilea, ecc.

Ma il periodo, per quanto di breve durata, ebbe allora frutti insperati e conserva tuttora, dopo il trapasso dei tesori nascosti.

Il verismo sulla scena aveva fatto accapponare la pelle a quella parte di pubblico italiano meno adusato alla violenza del carattere e più incline alla irrealtà sdolcinata, cosa del resto che è nella stessa essenza dell'arte musicale.

Ma nelle regioni meridionali dove l'elemento ideale è tutto intessuto di tragicità e di violenza, il verismo trasportato sul palcoscenico, centuplicava la sensazione della realtà, riuscendo a trascinare e a conquistare la massa.

E se si riflette che l'anima popolare del mezzogiorno canta per istinto, per natura, per necessità dello spirito, ben si deduce che un'arte basata su elementi melodici, folkloristici e passionali è forse l'unica che risponda alla comprensione di quel popolo.

Arte regionale, ne conveniamo pienamente, ma arte nel senso assoluto della parola, arte che sa scegliere i sentimenti più reconditi, che sa dire una parola propria, che sa trascinare.

Pensavo a tutto questo rileggendo quel mirabile finale, secondo di Malìa la bella opera di F. Paolo Frontini, la scena cioè in cui tutti gli elementi tragici, passionali, idealmente amorosi e superstiziosamente violenti, culminano nella maledizione estrema al simulacro della Madonna, trascinato sotto le finestre di Jana dal popolo devoto.

Grido infernale e di dannazione, schianto angoscioso di follia insana contro la fede immensa che sovrasta sul cuore dei popolani, muti dinanzi al mistero della Divinità.

Scena di verismo crudo, brutale, che è però fatale conseguenza di passione soffocata, annientata dalla inesorabilità del destino, che si accanisce contro un'anima fragile, sensibilissima.

La musica coglie appunto il senso più dolce della tragedia umana e descrive il tumulto delle passioni in un canto che si snoda a sussulti e a singhiozzi e a frasi larghe di disperazione e di violenza in cui però predomina sempre il cuore.

Il popolo siciliano è unico nell'offrire questo strano contrasto di dolcezza tragica e violenta.
C'è forse bisogno di ricorrere al pletorico, all'assordante, a tutti i mezzi di cui dispone la scienza per descrivere il dramma che si compie in un minuto?

L'anima siciliana si ribella alla confusione: semplice, lineare, tanto nell'intrecciare un idillio quanto nel concludere una partita « d'onore », ha bisogno solo di chiarezza e di comprensione.

L'arte deve essere la sua, i canti devono essere i suoi, l'espressione deve dire tutta la forza del sentimento che si nasconde nel cuore per il quale sentimento non ci sono finzioni, ne restrizioni, ma deve svolgere puro e semplice Verismo.

Ecco perchè il fortunato tentativo mascagniano di portare sul teatro di musica il rapido dramma di Giovanni Verga trovò salde e profonde radici nel mezzogiorno, dove parve sollevare d'un tratto un'ondata di passione ardente.

Ma la concezione frontiniana, se si riallaccia per un momento al tentativo verista, si distacca profondamente, come essenza e come idealità, da tutto ciò che di caduco e di convenzionale si trova inevitabilmente in questo genere.

Per capir questo, bisogna partire da un punto di vista completamente diverso di quello di coloro i quali trovarono una facile via di ispirazione in una espressione artistica, che sembra a prima vista accessibile anche ai più refrattari.

La descrizione della vita vissuta e l'estrinsecazione dei sentimenti che si agitano, può suggerire è vero, mezzi facili di espressività artistica ma trascina spesso al convenzionalismo volgare e insufficiente per assurgere a dignità di arte; convenzionalismo del resto, che rimane confinato in un vicolo cieco senza speranza di espansione e di conquista.
Ma nell'arte di F. Paolo Frontini, oltre alla sincerità evidente di una ispirazione non contagiata da influenze discutibili, abbiamo elementi tali di coloriti regionale e slanci di passionalità tutta siciliana, da farci considerare la sua Malìa non alla stregua di altre opere dello stesso genere ma, presa isolatamente, come il prodotto più spontaneo di un'arte tipicamente genuina.

La semplicità dei mezzi di espressione è la sola che potesse mettere in rilievo tutta la forza di ispirazione, che si rivela in una linea ininterrotta di melodicità veramente sentita; l'elemento folkloristico, di cui è tutta imbevuta quest'opera d'arte aggiunge al pregio della spontaneità un valore intrinseco come esempio tipico di arte regionale, e il dramma della superstizione e dell'amore accentua quel senso di umanità che sulla scena ogni tanto non fa male.

E' inutile cercare nella musica di F. Paolo Frontini la dissertazione, la ricercatezza studiata, la pedanteria accademica, la confusione, la stiracchiatura fatta coi denti.

Tutta la sua produzione, dai piccoli componimenti per pianoforte all'«opera», reca un'unica impronta.

La fonte d' ispirazione è una sola, come unico diventa il mezzo di tradurre in espressione sonora il senso ultimo della propria spiritualità.

Il tragico e l'idilliaco sboccano sempre in frasi melodiche che traducono l'affanno e la calma.
La concitazione è melodia, come è melodia l'amore. I sussulti nervosi, isterici, non diventano pesantezze armoniche o pletoricità orchestrali: contrasterebbero non solo con la natura dell'artista ma sarebbero in contraddizione col folklore siciliano.

Malìa, nella sua veste semplice e tipica trascina alla meditazione e, per chi sente scorrere nelle proprie vene tutto il calore del sangue generoso, par che il profumo di zagara si espandi nell'aria come per mitigare la nausea della caducità delle cose di questo mondo.
Ma se l'arte di Scarlatti o di Vincenzo Bellini diventò arte nazionale, anche l'opera folkloristica può offrirci un motivo di evoluzione e un modello sincero di espressione spirituale popolare.

Se non fosse per tutto quanto e stato detto avanti, Malìa ha questo grande pregio indiscutibile, di essere una fonte preziosa alla quale si può attingere, se si vuole conoscere veramente l'anima musicale siciliana, di cui F. Paolo Frontini è il più degno rappresentante.

Nella evoluzione che si compie ineluttabilmente, soltanto il dimenticare è imperdonabile nelle cose belle.




*............Ma ciò che qui interessa e dal carteggio scaturisce chiaramente, è l'influenza determinante che, negli anni della sua formazione al Conservatorio di Palermo, ebbe sul Frontini l'incontro col Pitrè, l'uomo dotto e generoso che, intrattenendosi a ragionare con lui di canti popolari, gli comunicò succhi vitali pei suoi orientamenti futuri. 
Prova di ciò sono le ben sei raccolte di melodie lasciate dal catanese, tutte riguardanti la Sicilia, e il loro alto valore scientifico, senza dire del libretto di Malìa, il capolavoro, musicato su testo di Luigi Capuana, in cui l'ambiente, caratterizzato da canti popolari, stornelli a risposta, danze, trovò, in un compositore spiccatamente congeniale alla poesia di popolo, un interprete di eccezionale merito e sensibilità.

Estratto dal volume - Pitrè e Salomone - Marino

martedì 4 gennaio 2011

La canzone siciliana - canti popolari - L'amanti cunfissuri

da Eco della sicilia - Cinquanta Canti popolari siciliani con interpretazione italiana raccolti e trascritti, Ricordi - Milano - 1883.di Francesco Paolo Frontini.
Libera interpretazione dei ROBASICULA



giovedì 30 dicembre 2010

La poesia di Giovanni Meli in musica, da Eco della Sicilia - 1883

Giovanni Meli (Palermo6 marzo 1740 – Palermo20 dicembre 1815) è stato un poeta e drammaturgo.



Dimmi, dimmi, apuzza nica
Unni vai cussì matinu?
Nun c'è cima chi arrussica
Di lu munti a nui vicinu:
 
Trema ancora, ancora luci
La ruggiada 'ntra li prati,
Dun'accura nun ti arruci
L'ali d'oru dilicati!

Li ciuriddi durmigghiusi
'Ntra li virdi soi buttuni
Stannu ancora stritti e chiusi
Cu li testi a pinnuluni.
 
Ma l'aluzza s'affatica!
Ma tu voli e fai caminu!
Dimmi, dimmi, apuzza nica,
Unni vai cussì matinu?
 
Cerchi meli? E s'iddu è chissu
Chiudi l'ali e 'un ti straccari,
Ti lu 'nsignu un locu fissu
Unn'hai sempri chi sucari
 
Lu canusci lu miu amuri,
Nici mia di l'occhi beddi?
'Ntra ddi labbra c'è un sapuri,
'Na ducizza chi mai speddi
 
'Ntra lu labbru culuritu
Di lu caru amatu beni
C'è lu meli chiù squisitu...
Suca, sucalu, ca veni.
 
Ddà ci misi lu Piaciri
Lu sò nidu 'ncilippatu
Pri adiscari, pri rapiri
Ogni cori dilicatu.
 
A lu munnu 'un si pò dari
Una sorti chiù felici,
Chi vasari, chi sucari
Li labbruzzi a la mia Nici.




"Lu Labbru",da Eco della sicilia - Cinquanta Canti popolari siciliani con interpretazione italiana raccolti e trascritti, Ricordi - Milano - 1883.
parole di Giovanni Meli, musica trascritta di Frontini.
http://frontini.altervista.org/canti_...

Lettera del 1/01/1894 a F. P. Frontini
« Tra gli artisti e compositori dell'Isola voi siete,
« se non il solo, uno dei pochissimi che comprendono la
« bellezza e la grazia delle melodie del popolo. Pur com-
« ponendone di belle e di graziose, Voi sapete apprezza-
« re queste vaghe e dolci reliquie d'un passato che non
« ebbe storia, e serbate a durevole monumento, delle
« note piene di sentimento squisito e di candore vergi-
« nale. Altri non penserà neppure a ringraziarvi dell'ope-
« ra patriottica da voi compiuta; io Vi ammiro ». Parole, sentite e quasi solenni.
Giuseppe Pitrè

Voce di Rosalba Sinesio


"La vucca",da Eco della sicilia - Cinquanta Canti popolari siciliani con interpretazione italiana raccolti e trascritti, Ricordi - Milano - 1883.
parole di Giovanni Meli, musica di Frontini, voce di Cinzia Caminiti, madolini di Paolo Capodanno e Gianni Nicotra, chitarre di Michele gagliano e Massimo Genovese 


La Vucca
Ssi capiddi e biundi trizzi
sù jardini di biddizzi,
cussì vaghi, cussì rari,
chi li pari nun ci sù.

Ma la vucca cu li fini
soi dintuzzi alabastrini,
trizzi d'oru, chi abbagghiati,
perdonati, è bedda chiù.

Nun lu negu, amati gigghia,
siti beddi a meravigghia;
siti beddi a signu tali
chi l'uguali nun ci sù. 

Ma la vucca 'nzuccarata
quannu parra, quannu ciata,
gigghia beddi, gigghia amati,
perdonati, è bedda chiù.

Occhi, in vui fa pompa Amuri
di l'immensu so valuri,
vostri moti, vostri sguardi
ciammi e dardi d'iddu sù. 

Ma la vucca, quannu duci
s'apri, e modula la vuci,
occhi... Ah vui mi taliati!...
Pirdunati, 'un parru chiù.





A Nici! poesia dell'Abate G. Meli trascrizione di F. P. Frontini

O bedda  Nici, 
Scuma  di zuccaru,
E chi ti fici 
Ca'un m'ami cchiù?
Nun cc'è jurnata 
Chi'un si 'ncagna
.Chi sorti rètica 
La mia chi fu !

Chi ti nni veni, 
Bedda, ad amarimi? 
Vogghimi beni; 
Chi custa un sì !
Gnocu - gnucannu 
Vai rifriddannu; 
Santu dipantàni ! 
Dimmi pirchi?

M'ài pr'importunu; 
Pirchì lu saturu 
A lu dijunu 
Fidi 'un cci dà.
Lassati amari, 
Biddizzi rari; 
Via cumpatemuni 
Pri carità!

'Ntra ssi labruzzi 
Cc'è l'incantisimu, 
Dintra ss'ucchiuzzi 
Cc'è un non so chì,
'N 'amuri- duci 
Chi s'introduci, 
E manna'mpasimu 
L'alma a ddì-ddì.

Pri qnantu aduru 
Ss-ucchiuzzi amabili, 
Bedda, ti juru, 
Chi'un pozzu cchiù.
Si tu'un ti muti, 
Si tu'un m'ajuti, 
Io moru e causa 
Nni sarai tu.




domenica 14 novembre 2010

Iginio Ugo Tarchetti - L'amor sen va - l'amor sen vien


Al sorriso dell' arte egli era nato 
ardito giovin forte; 
ora dorme laggiù l'immacolato 
cavalier dell' amore e della morte.

Povero Iginio ! a lui la croce e i rudi 
tumulti della mente, 
e i giorni macri tenebrosi ignudi, 
e morir, ahi, morir come un pezzente.

A lui nel petto le febbri d'amore 
e gli spirti gentili,
a lui quattr' anni d'ansia e di dolore 
e la freddezza vostra, anime vili.

* dal Canzoniere di Domenico Milelli



Non mi promettere
Eterno amore
Lascia che libero
Batta il tuo core:
Non ti lagnare,
Non ti crucciare
Se amore i caldi
Giuri non tiene...
L'amor sen va
L'amor sen viene


     Nulla promettimi,
Voglio i tuoi baci;
Oggi puoi darmeli?
Baciami e taci.
Non vo' giurare
Non vo' pensare
Se il cor domani
Pur tuo sarà....
L'amor sen viene
L'amor sen va.
Ed. A Tedeschi XIX, parole di Iginio U. Tarchetti, musica di Francesco Paolo Frontini.

Pochi cenni sul salotto della Contessa Maffei

mercoledì 27 ottobre 2010

Danza Sacra Orientale

Compositore, Francesco Paolo Frontini

ed. Carisch 1919 - per orchestra o piccola orchestra con pianoforte conduttore.