Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo

sabato 25 ottobre 2014

Zenone Lavagna il pittore votato a grandi cose. Nato a Biancavilla il 14 febbraio 1863

Nato a Biancavilla il 14 febbraio 1863, Zenone Lavagna aveva quattro fratelli (Natale, Salvatore, Antonino e Francesco), e una sorella : Maria. Non si può qui non accennare a Salvatore : medico, letterato e commediografo, che ha lasciato un volume (Camene, Catania 1959) in cui sono raccolti quattro suoi lavori teatrali, tra cui « Thamar », definito da Federico De Roberto « per il disegno e la vigoria di tocco un vero poema drammatico », e « Agata » rappresentata con successo al Teatro Massimo Bellini e all'Anfiteatro Gangi.
Ancora ragazzo, Zenone Lavagna si era fatto notare per le sue spiccate attitudini artistiche. Condotto quindi dai genitori a Catania, qui fu affidato al pittore e pastellista insigne Angelo D'Agata, da poco ritornato da Firenze dove aveva frequentato l'Accademia di Belle Arti. Lo studio del D'Agata era al secondo piano della sua casa in via Madonna del Rosario.
Ottenuto in seguito ai suoi progressi un sussidio dal paese natio, Zenone Lavagna poté recarsi a studiare all'Istituto di Belle Arti di Napoli. Ammesso al corso di figura, divenne ben presto allievo prediletto di Domenico Morelli. Conseguito il diploma passò a Roma per perfezionarsi alla scuola del nudo. E a Roma s'iniziò la sua vita di pittore errabondo. Infatti, oltre che in Svizzera (Zurigo e Locamo) e in Germania, soggiornò ora a Milano, ora a Pallanza, ora a Venezia, ora a Catania, ora a Palermo, dove, colpito da un male inesorabile, spirò nel marzo del 1900 a soli 37 anni.
nudo di donna, collezione Frontini

Al lavoro originale di creazione alternava lo studio delle opere dei grandi maestri, dei quali soleva copiare noti capolavori che poi rivendeva per poter vivere.
A Napoli aveva dipinto fra l'altro una Testa di giovinetta e un'altra Testina (pure di giovinetta), che sono due notevoli pezzi di pittura non foss'altro per il possente rilievo delle loro figure e per la soavità espressiva dei loro occhi.
Quando Zenone Lavagna, dopo aver soggiornato all'estero e in mezza Italia, venne a Catania, mise lo studio, aiutato certo dal fratello Natale, allora Curato della chiesa di S. Cosimo e Damiano, nella chiesa della Confraternita di S. Giacomo, nel medesimo spiazzo della Madonna dell'Aiuto e della Casa di Loreto (« prototipo — dice Guglielmo Policastro — del Santuario Lauretano»). E lì andavano a trovarlo Giovanni Verga e Federico De Roberto, Luigi Capuana e Mario Rapisardi, Calcedonio Reina e qualche volta anche Giuseppe Sciuti, tutti suoi amici e ammiratori del suo genio e della sua arte. Sciuti, dopo aver visto alcune sue tele, gli predisse successo e grandezza. « Voi farete cose grandi », gli disse. E quel vaticinio si sarebbe avverato se il giovane e tra i nostri maggiori pittori dell'Ottocento non si fosse spento allorché il di lui meriggio stava per scoccare, come scrisse Saverio Fiducia in questo stesso quotidiano nel gennaio del 1954.
Giovanni Verga soleva accompagnarsi a Zenone Lavagna e soffermarsi a guardarlo mentr'egli fermava su tela o su tavolette angoli della Catania della fine del secolo. Uno di quegli angoli (un quadretto di cm. 23 x 16) mi fu regalato or son molt'anni, assieme ad una figura terzina di nudo dello stesso Zenone, dal di lui fratello e mio indimenticabile amico dottor Salvatore. Tale quadretto rappresenta l'antica chiesetta di Santa Maria degli Angeli, edificata nel 1383 e assegnata poi ai PP. Cappuccini e tuttora esistente, ma abbandonata, nei pressi dell'icona della Madonna del Conforto, o d' 'u pani cottu, come la chiama il popolo, lungo la via Cifali, che sarebbe stato più giusto chiamarla Cibele.

Fra le opere più importanti di Zenone Lavagna, oltre quelle già citate, sono da ricordare : un ritratto del Card. Dusmet, che dovrebbe esistere alla Curia Arcivescovile ; l'Arabo, una testa trattata con una tecnica comune, sì, ad altri pittori del suo tempo, ma che tuttavia si distacca e differenzia dalla pittura coeva per una personale impronta e vigoria di disegno, impasto e tocco ; il Monaco, che è il ritratto di un noto frate catanese soprannominato Pisasale; i ritratti della Madre e della Signora Concettina. Questi due ritratti segnano, fra l'altro, il passaggio dell'arte di Zenone Lavagna ad una tecnica, per cui essi hanno per lo studioso una rilevante importanza. Si tratta di una nuova tecnica che andò poi sviluppandosi ed evolvendosi attraverso audacie coloristiche che se nell'Ottocento potevano sembrare ed erano tali, ora mostrano invece quanto fossero avveniristiche e precorritrici.
Accanto a codesti due ritratti stanno l'Opera che, ispiratagli dall'omonimo romanzo zoliano, figurò nel 1895 alla Triennale di Brera; Peccato e Perdono, che raffigura un pittore davanti il cavalletto in atteggiamento triste e pensoso con a fianco la modella compresa dell'afflizione del maestro; di Mater Admirahilis, nonché di paesaggi, quali, ad esempio, 77 lago di Como e Rio di Venezia. A proposito di Mater Admirahilis, che è una delle migliori e più avvenenti opere di Zenone Lavagna e della pittura dell'Ottocento non soltanto catanese, essa fu tuttavia respinta da una Mostra religiosa torinese, ma poi, nel 1898, accettata ed esposta alla Mostra Internazionale di Venezia ed acquistata dal cav. Francesco Parisi per la sua Galleria veneziana. Il titolo a codesta opera fu dato da Calcedonio Reina.
Un'opera veramente singolare è la tela che rappresenta : a destra Cristo in croce, a sinistra la Madonna straziata dal dolore e nello sfondo il panorama di Gerusalemme. A parte la bellezza delle figure animate di verità e poesia, la singolarità di questa tela, oltre che nella grandiosità (metri quindici per dieci), consiste nel fatto che mentre il fondo è azzurro le figure sono bianche, un bianco, però, che, col passare degli anni, si è un po' oscurato. Eseguita nel 1896 appartiene alla chiesa madre di Belpasso e viene esposta una volta l'anno dalla domenica delle Palme a Pasqua . A proposito della Pasqua, ecco un particolare che mi è stato raccontato dall'amico belpassese prof. Venero Girgenti. Un tempo, quando la gloria suonava di mattina, verso le ore undici, i ragazzi che affollavano la chiesa fuggivano a gambe levate per andare a prendersi 'i Cicilia, cioè i cuddura ccu l'ova.
A questo punto mi corre l'obbligo di ringraziare non soltanto l'amico Girgenti, bensì, per le notizie gentilmente favoritemi, il parroco Padre Giuseppe Vasta e il signor Antonino Lavagna, pronipote di Zenone, figlio del quasi novantenne nipote Giuseppe, che porta il nome del nonno.
   
nudo di donna 2, collezione Frontini

Ma non possiamo chiudere queste brevi note su Zenone Lavagna senza accennare al suo San Francesco di Paola.
È un'opera firmata. Nessun dubbio, quindi, che sia sua. Ma perché, vien fatto di chiedersi, perché sotto la firma l'artista ha scritto : « dal Tiepolo di Venezia », se non ha nulla che la faccia somigliare a quella del Tiepolo? Proprio nulla. Né l'atteggiamento della figura, ispirata e solenne nel Tiepolo, conclusa invece in una mistica compostezza nel Lavagna ; né la luce che, mentre nel Tiepolo non investe solamente l'immagine del santo ma tutto il quadro, nell'opera del Lavagna è crepuscolare e lo sguardo del santo traluce appena dalle palpebre socchiuse ; né, infine, lo sfondo, grigio nel Lavagna, splendente invece e rallegrato da alcuni angeli nel Tiepolo. Che Zenone Lavagna abbia visto il San Francesco di Paola del Tiepolo e gli sia venuto l'estro di trattare anche lui il medesimo soggetto, questo sì. Ma che poi lo abbia fatto a modo suo, anche questo non si può negare. E così il suo San Francesco di Paola è suo, tutto suo. Se qualcuno avesse dei dubbi, non ha che da andare a Venezia a vedere, nella chiesa di San Benedetto, quello del Tiepolo e poi venire a casa mia a vedere quello del Lavagna. Sì, perché ce l'ho io da circa quarantanni.
Era andato a finire, attraverso chi sa quali e quanti passaggi, nella botteghina di un caro vecchietto nei pressi di San Placido. Me ne parlarono, data l'amicizia che ci legava, il pittore prof. Benedetto Condorelli e il dott. Salvatore Lavagna, fratello, come già detto di Zenone.
Andammo insieme, ricordo, e io comprai il quadro. Lo feci incorniciare e da allora l'ho sempre tenuto nel mio studio.

* « LA SICILIA », 9 marzo 1977. di Francesco Granata
* Catalogo illustrato della « Mostra retrospettiva della pittura catanese » organizzata nell'ottobre del 1939 in Castello Ursino dal quotidiano « Il Popolo di Sicilia ».