Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo
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domenica 25 marzo 2012

Federico De Roberto - Dura tu eterna, o Notte! - poesia

Dura tu eterna, o Notte!

Non alitar di vento, non voci: divino silenzio;
già l' Ombra nunziale tutte le cose cinge.

Le vegetali forme, immote nell'aria clemente,
posano anch'esse in braccio al sonno prestigioso.

Il salice argentino che sogna? Che sogna il nebbioso
ulivo, il rovo ardente, la folleggiante vite?

L'anima della pia Desdemona bianca tremante
erra d'intorno al salce, prega, sospira, geme.

Sere lunghe d'inverno, il Ceppo, le fiamme guizzanti,
gli urli dell'aquilone, i baci della neve

sogna l'ulivo; e il rovo un cuor lacerato che gronda
sangue, due rosse labbra, rosse di sangue umano.

Dazar felici amanti al rezzo di folti aranceti,
al carezzoso suono di flauti e di viole,

correr Fauni e Baccanti, disciolte le chiome, roventi
le fronti inghirlandate, vedono l'ebre viti.

E i monti secolari, e l'acque perenni, voraci
sepolcri di viventi, sognano anch'essi l'ere

chiuse senza ritorno, i tempi che l'uomo non visse,
l'albe del mondo, i primi lampi dell'esistenza.

E l'Anima turbata, oppressa, smarrita, perduta,
l'Anima vulnerata, l'Anima senza speme,

l'Anima senza pace or ecco s'acqueta, si placa:
la spasimata veglia tregua ha di sogni alfine.

Sogno! Visione! Ebbrezza! Finiti, dispersi i tormenti;
vinto è l'orrore, vinti i malefizii sono.

Giorni delle speranze ingenue, dei buoni pensieri,
giorni di pura fede, o tramontati giorni,

ecco: sorgete ancora; risorge il Passato, la santa
gioia dell'innocenza, ecco, fiorisce ancora.

Anima tenebrosa, la luce t'inonda; il sorriso
d'una miracolosa Anima sfolgorante

schiara la notte tua, ti trae dagli oscuri perigli,
nitidamente addita le vie della salute.

Tempo, t'arresta! Vita, trattieni il tuo corso fatale!
Sogno, non t'involare! Dura tu eterna, o Notte!

Non altitar di vento, non voci, non suoni, non moti:
alta, soave, sacra, mai più sperata Pace!

Ah! Già si sbianca il cielo; distrutto è l'incanto supremo:
fuggono le visioni, riede il dolor col sole.



giovedì 15 dicembre 2011

Giuseppe Nicolosi Scandurra - Poeta dialettale (Catania 1877-1966).

«Da una campagnola e da un fabbro ferraio, scalzi, nudi, afflitti e miserandi, nel '77, di febbraio, nacqui, fra quattro mura e quattro canne ». 

Lo chiamarono «il poeta-contadino ». Non scrisse mai né sapeva ben parlare in italiano: tutto il suo mondo letterario era dialetto siciliano; nei suoi volumi sono in dialetto anche le dediche, talvolta indirizzate alla direttrice della scuola comunale in cui egli era bidello, talvolta al proprietario del vigneto che egli zappava, potava, innestava. Imparò a leggere da solo, perché non aveva il denaro per pagarsi la scuola; scandiva, una sillaba dietro l'altra, le insegne dei negozi; giovanissimo componeva poesie e voleva trovare il mezzo per metterle nero su bianco; quel compitare da autodidatta integrale fu per lui una conquista insperata: gli faceva scoprire che c'era il modo di imparare a leggere e scrivere anche per un contadino, come lui, poverissimo. Fu «scoperto », letterariamente, da Villaroel, che nel '28 lo invitò a Milano e lo presentò a poeti e letterati. Compose alcune migliaia di poesie, sparse in diciannove volumi (molti dei quali arrivarono a esaurirsi). Visse a Catania, portava la cravatta a fiocco; amava inneggiare, come la maggior parte dei poeti vernacoli, agli affetti familiari e ai campi. Morì il 6 aprile 1966, dodici ore dopo la morte della moglie, nel momento stesso in  cui  la  portavano   al   cimitero.

....Egli è di ben proporzionata e muscolosa statura, semplicissimo nelle maniere e negli abiti, temperamento sanguigno e bonario, il viso roseo e adusto, espressivo e luminoso pe' grandi occhi azzurri e risolenti,  copiosi capelli ricciutissimi e brizzolati.
E quand'io lo osservo, in città, fra letterati e ammiratori compiaciuti d'udirlo ripetere le sue georgiche rime, agevolmente la mia immaginazione commossa lo libera dal noioso solino, che gl'imprigiona l'ampio collo, e da tutto l'impaccio borghese, ed io me lo figuro nel negletto costume campagnolo, con la falce in mano, fra le bionde spighe, che recheranno il calore della vita e del pensiero a tante intelligenti creature; o con il cesto ricolmo d'auree o brune uve, fra i pampinosi filari delle opime viti, o nel palmento saturo di intenso odor dì mosto, di canzoni e di fumò, pigiante, calzato di pesanti scarponi, la massa del frutto inebriante; o in allegra compagnia di villani, ..... (Lorenzo Vigo Fazio).

MARI  TIMPISTUSU
Comu cascati d'acqui a miliuni 
 ca petri petri fannu la battagghia,
 grida lu mari, non senti raggiuni,  
 senza 'nimicu a se stissusi scagghia.

S'assicutunu l'unni a cavadduni,
'ntappunu scogghi scogghi e l'acqua spagghia, 
 e l'ecu comu  'rrunfu di cicluni 
 scatta, ribbumma e 'ntona la muragghia.

Lotta la varca supra e sutta l'unni, 
 ora scumpari e poi si torna a vidi, 
 e l'occhiu di guardari si cunfunni.

Chiovi di tutti banni e l'acqua scrusci, 
 li venti pazzi, forti fannu gridi 
 e lu munnu com'è non si canusci.

-Che pennellata da maestro nel sonetto  «Sira» :
'Ntantu la luna sutta rami e fogghi 
Stampa disigni, raccami, puntini, 
E quannu codda tutti si li cogghi.

E che vigore e incanto dì rappresentazione  nell'altro   «Di sira» :

Stenni  la  notti lu so brunu   mantu, 
L'ariu friscu  lu jelu salia, 
Non  ciata ventu e mentri  ca fa  via            
Lu cantaturi strogghi- lu so cantu.

Lu  cani senti rastu e abbaia tantu
A la placita luna ca talia,
La scena è bedda, ma davanti a mia
Sempri cci regna 'mprissioni e scantu, 

Supr'acqua li  larunghi festa fannu,
Forsi  li   peni mei, la mia paura
Ripetunu a lu spissu gracidannu. 

'Mmenzu li fraschi, li notturni  agriddi
Fannu lu runfu di sta vita dura,
E la me  fantasia va  pri li  stiddi.

E che immagine felice in « Notti di Giugno » :
Comu pecuri muti, fermi e 'mpaci 
Brunniunu li  gregni arristucciati.

Ma ecco un vero capolavoro, perspicuo per quell'« arcana melodia pittrice » che Vagheggiava il poeta delle Grazie : ogni nota o schiarimento che mi sembrano del resto superflui, ne sminuirebbero  la  potenza  evocatrice.
Cascata d'acqua di notti
Di 'nciancu di munti autu si ietta
N'acqua a linzolu e fa janca scumazza,
Sunanti petri petri s'ammazza,
Poi pigghia lu  so cursu e s'arrizzetta.

C'è la luna, e l'immagini perfetta
Specchia pr'unni fa lagu e pari chiazza, 
Nata, si sciacquaria, canta e svulazza 
La caccia e l'umbra tessi all'acqua netta.

'Ranti, 'ranti, li salici ramuti
Silinziusi attentimi,  adumbrannu 
L'acqua di sutta e li canni giummuti.

La scena è d'accussì di sta nuttata, 
Già li larunghi restanu cantannu, 
E l'acqua  sona, ccu la so cascata.

Non è facile trascegliere in questa aiuola di poesia,  che ha tutto il fresco aroma delle zolle arate e il  profumo agreste delle erbe e dei fiori in mezzo a cui vive  il poeta.   Egli lo sente, e chiude il secondo sonetto di dedica alla città natia con questi bei versi :
Catania, su di tia mi su accittati, 
Li  oduri comu zagari e violi, 
Pirchì  su ciuri di li toi cuntrati.
........ (Mario Guzzetta, dal Nuovo Giornale - Firenze - 28 - IX - 1922)

- Opere -

Catana : La siciliana, F. Di Paola, 1914
Firenze : A. Forlivesi e C., 1921
Natura e sintimentu : liriche / Giuseppe Nicolosi Scandurra ; con prefazione di Giuseppe Villaroel
Catania : V. Muglia, 1922
Catania : Casa editrice musico-letteraria L'arte sicula, 1926
Milano : f.lli Treves, 1931
Catania : Studio editoriale moderno, 1934
Catania : Studio Edit. Moderno, 1934 (Tip. F. Zingale)
Catania : Tip. Conti, 1948
Catania : Tip. F. Conti, 1951
Catania : Tip. G. Gibilisco, 1952
Catania : tip. F.lli Di Benedetto, 1955
Catania : s.n., 1957
Catania : \s.n.!, 1959 (Catania : Tip. N. Di Benedetto)
Catania : Arti grafiche Edizioni Camene, 1959
Catania : \s.n.!, 1961 (Catania : Tip. Di Benedetto)
Catania : Tip. La moderna, 1963
Catania : Tip. S. Gullotta, 1963
\S.l. : s.n.!, 1965 (Catania : Tip. "S.Agata")
Catania : Tip. S. Agata, 1965
Catania : Tip. S. Gullotta, s.d
Catania : s.n., 1965
- Bibliografia -
Enciclopedia di Catania, ed. Tringale

mercoledì 18 maggio 2011

Per Carlo Pisacane, dall'Atlantide di Mario Rapisardi

Nel 1894 Mario Rapisardi dedica dei versi (del poema l 'Atlantide a pag. 172, ed. R. Sandron.) a Pisacane, descrivendolo come l'uomo, del risorgimento italiano, che precorre il socialismo:
.........................
O Pisacane, o prima itala mente
In cui la nova Idea fiammando scese,
Ben hai tu loco in questa sfera ardente, 
Tu cui la pigra età tardi comprese. 
Generoso! Di gioghi impaziente, 
D'alti esempi bramoso e d'alte imprese, 
Pura serbando al Ver l'anima ardita, 
A men fulgida Idea dèsti la vita!

Ma l'Idea, che diè luce al tuo pensiero, 
Or più non vive dispregiata e sola, 
Anzi uno stuol magnanimo e guerriero 
L'ardue leggi ne afferma e a lei s'immola: 
Morì per essa or or Carlo Cafiero
Cor d'asceta e d'eroe ch'alto qui vola, 
E del Ver che sognò splendido in vista 
Le morte forze e la ragione racquista.
............................................



Carlo Pisacane (Napoli22 agosto 1818 – Sanza2 luglio 1857) è stato un rivoluzionario e patriota italiano. Partecipò attivamente all'impresa della Repubblica Romana ed è celebre soprattutto per il tentativo di rivolta che iniziò con lo sbarco a Sapri e che fu represso nel sangue a Sanza.



domenica 30 gennaio 2011

CANTO DEI MIETITORI, di Mario Rapisardi - 1883

Poesia tratta da Giustizia – 1883, di Mario Rapisardi, musica di Joe Fallisi  - 1993

Chitarra: Pasquale Ambrosino, Luigi Consolo, Roberto Ruberti, Ruggero Ruggeri
Pisa, 29/10/1993
La falange noi siam dei mietitori
e falciam le messi a lor signori.

Ben venga il Sol cocente, il Sol di giugno
che ci arde il sangue e ci annerisce il grugno
e ci arroventa la falce nel pugno,
quando falciam le messi a lor signori.
Noi siam venuti di molto lontano,
scalzi, cenciosi, con la canna in mano,
ammalati dall'aria del pantano,
per falciare le messi a lor signori.
I nostri figlioletti non han pane
e, chi sa?, forse moriran domane,
invidiando il pranzo al vostro cane...
E noi falciam le messi a lor signori.
Ebbro di Sole, ognun di noi barcolla;
acqua ed aceto, un tozzo e una cipolla
ci disseta, ci allena, ci satolla.
Falciam, falciam le messi a lor signori.
Il sole cuoce, il sudore ci bagna,
suona la cornamusa e ci accompagna,
finché cadiamo all'aperta campagna.
Falciam, falciam le messi a lor signori.
Allegri o mietitori, o mietitrici:
noi siamo, è vero, laceri e mendici,
ma quei signori sono tanto felici!
Falciam, falciam le messi a lor signori.
Che volete? Noi siam povera plebe,
noi siamo nati a viver come zebe
ed a morir per ingrassar la glebe.
Falciam, falciam le messi a lor signori.
O benigni signori, o pingui eroi,
vengano un po' dove falciamo noi:
balleremo il trescon la ridda e poi...
poi falcerem le teste a lor signori.

Note: Si riferisce alla rivolta dei Fasci siciliani (1892-94)
Rapisardi pubblica nell'83 i versi sociali di Giustizia, che trovarono vasti consensi (suo epicentro stà nel Canto dei mietitori). Quest'opera nel 1924 sarà addirittura proibita dalla politica fascista. 

domenica 14 novembre 2010

Iginio Ugo Tarchetti - L'amor sen va - l'amor sen vien


Al sorriso dell' arte egli era nato 
ardito giovin forte; 
ora dorme laggiù l'immacolato 
cavalier dell' amore e della morte.

Povero Iginio ! a lui la croce e i rudi 
tumulti della mente, 
e i giorni macri tenebrosi ignudi, 
e morir, ahi, morir come un pezzente.

A lui nel petto le febbri d'amore 
e gli spirti gentili,
a lui quattr' anni d'ansia e di dolore 
e la freddezza vostra, anime vili.

* dal Canzoniere di Domenico Milelli



Non mi promettere
Eterno amore
Lascia che libero
Batta il tuo core:
Non ti lagnare,
Non ti crucciare
Se amore i caldi
Giuri non tiene...
L'amor sen va
L'amor sen viene


     Nulla promettimi,
Voglio i tuoi baci;
Oggi puoi darmeli?
Baciami e taci.
Non vo' giurare
Non vo' pensare
Se il cor domani
Pur tuo sarà....
L'amor sen viene
L'amor sen va.
Ed. A Tedeschi XIX, parole di Iginio U. Tarchetti, musica di Francesco Paolo Frontini.

Pochi cenni sul salotto della Contessa Maffei

mercoledì 29 settembre 2010

Ecco cos'è Frontini per gli attuali eruditi e gli amministratori di Catania

Una colonna vuota o meglio, il nulla
Nel 1939 con F. P. Frontini scompariva l'ultimo ramo di quel vecchio tronco catanese dal quale erano nati Verga, Rapisardi, Gandolfo…
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Immaginate un nobile salotto milanese del 1883, in una di quelle belle serate, in cui signore eleganti e artisti e poeti disputavano d'arte, di letteratura e d'amore, dove, il già famoso “Vate” ( Mario Rapisardi ), Luigi Capuana, Francesco Paolo Frontini, Federico De Roberto, Giovanni Alfredo Cesareo mescolati con gli altri a conversare, a scherzare e a discutere, fermarono i criteri di poesia, per i quali i Siciliani a tutt'oggi conservano quel carattere proprio, originale e potente. 

Fu allora dibattuto ed affermato l'avvenire del poema scientifico e della lirica, che, mettendo da parte il vuoto lusso delle descrizioni e le morbose efflorescenze dell'alessandrinismo, cantò dell'uomo forte, dell'uomo prudente e dell'uomo dominatore. In pochi anni i destini di questi giovani artisti si separarono, per poi ritrovarsi, in avanzata età, nella loro amata Sicilia. Moltissimi furono gli elogi che essi ricevettero dai più importanti esponenti della cultura  italiana ed europea, ma la fortuna non fu a loro propizia; anzi per M. Rapisardi e per F. P. Frontini, c'è da pensare che furono vittime di una vera e propria congiura, quella del silenzio, dell'invidia, dell'industrialismo settario, regionale e sfruttatore che hanno calpestato le migliori glorie del genio siciliano. 

Fu così che il ”Poeta” tanto stimato sia da Victor Hugo, che a lui testualmente disse : “J'ai lu, monsieur, votre noble pòeme. Vous ètes un prècurseur…….”, sia da Garibaldi, che scrivendo al Rapisardi affermò : “ Ho divorato il vostro Lucifero. L' Opera grande! Voi avete scalzato l'idolo di tanti secoli e vi avete sostituito il vero. Se la metà degli italiani potessero leggerlo e comprenderlo, l'Italia avrebbe raggiunto il suo terzo periodo d'incivilimento umano……….”, venne attaccato senza una fondata giustificazione da Benedetto Croce e dagli amici del Carducci.

Stessa sorte spettò al Musicista Frontini, che nonostante artisti come  J. Massenet  gli scrivessero: ho letto le vostre composizioni e vi dico con gran piacere la bellezza che v' ho ritrovato. Quella musica m'ha fatto desiderare di confidarvi le mie impressioni. Invidio le vostre opere e voi scrivete in una lingua musicale che io amo!”, ancora E. Zola: “Votre mèlodie est charmante et d'un caractère èlevé” e G. Pitrè “ Tra gli artisti e compositori dell'isola, Voi siete, se non il solo, uno dei pochissimi che comprendono la bellezza e la grazia delle melodie del popolo…”. venne snobbato da quei critici del settore che peraltro furono capaci, in malafede, di mettere in cattiva luce la  Malìa”

I due artisti, niente potettero contro la camorra dei critici, dei politici, dei cattedratici , e ancor più grande fu il nocumento che ne derivò dopo la loro morte, posto che furono dimenticati anche dalla  loro amatissima Catania.

Del Rapisardi le ultime ristampe risalgono ai primi del 900, mentre del Frontini solo qualcuno ricorda vagamente la “Malìa”, rappresentata un'ultima volta nel 1957 al Teatro Massimo Bellini, per volontà del Pastura.  Significativa , a tal proposito, è una delle poche confessioni del Frontini, che vi lascio in ricordo : 

" Morirò con una spina nel cuore, chi non mi conosce crederà che io non abbia saputo scrivere altro che "Il piccolo montanaro" e la "Serenata Araba
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Ripeto questo scritto significativo per ieri ed oggi, i Due sono totalmente dimenticati, insieme al resto.
Catania è solo Vincenzo Bellini, anche la lapide stanno raschiando per trovare..?, dopo di lui il deserto. (forse per comodità?)

giovedì 9 settembre 2010

Siciliani dimenticati, Giuseppe Aurelio Costanzo l'eroe della soffitta.

« Gli Eroi della Soffitta

Chi sono? - Quanti assetano
Di vasto impero e di superba altezza,
Quanti piegar disdegnano
La groppa al basto, il collo a la cavezza.
(continua qui).

In G. A Costanzo, abbiamo, due poeti, due maniere diverse, l'una diversa dall'altra! Abbiamo il poeta dell'affetto e abbiamo il poeta della ribellione, dell'umorismo.



Frammento
..........................................
Che rimarrà di noi, di quanti assetano,
Riarsi, di giustizia e di vendetta?

Nulla! in affanno tormentoso, assiduo
Si corre tutti come acqua a la china;
Ma il nulla ci sovrasta, il nulla, l'ultima.
La gran parola de la gran ruina!

Archi, colonne, obelischi, piramidi,
Massi di bronzo, massi di granito,
Opre di cento razze e cento secoli,
Che siete voi dinanzi all' infinito ?

Tela di ragno, macerie, giocattoli
Di fanciulli, ora in pace ed ora in bizza,
Giocattoli e macerie in cui la picciola
Scintilla di Prometeo indarno guizza.

Ahi, tutto muore e tutto nasce: e, ogni attimo,
Tra vita e morte, ondeggia la natura;
Ma in questo cozzo, in questo dramma assiduo
C'è pur qualcosa che mi fa paura!

Tela di ragno! Sì, quanto t'invidio,
O vecchierella, che, de'tuo'destini
Ignara o certa, in riva al padre Tevere,
La tua tela bianchissima sciorini.

Vivi sempre, così, ne la tua semplice
Fede, tra' rosei nipotini, e sia
La famigliuola tua l'ultimo palpito,
L'ultima tua parola: ave Maria!

Meno trista di me che scruto e investigo,
O vecchierella da le argentee chiome,
Se, in ansie veglie, non ti rode l'anima
L'intimo tarlo d'un perchè, d'un come.

In nove carte io più stempro e macero,
Più corro de la morte in su la traccia;
Ne la gran lotta più mi affanno a vincere,
E più sento l'eterno che mi schiaccia.
...............................................................

Quando, alcuni belli spiriti l' attaccarono, egli disse sorridendo agli amici:
Si, hanno ragione. Ma si sono dimenticati di una cosa. Non hanno ricordato che, quando essi vagivano in cuna, io ero lanciato nella rivoluzione del 1860 o davo la caccia a' briganti della Calabria.

(si riscontreranno similitudini con links esterni, fanno parte di miei contributi, fatti antecedentemente- P. R.)
* BIBLIOGRAFIA
Frammento, tratto da Album dell'Associazione della stampa periodica - Roma, 1881 ed. Forzani & c.
Giuseppe Aurelio Costanzo, di Giuseppe Cimbali, 1886.





Poeta e letterato, professore e Direttore del R. Istituto Superiore di magistero femminile di Roma.
Ebbe il primo indirizzo letterario da Emanuele Giaracà di Siracusa.
Frequentò l'Ateneo napoletano (1861-1864) sotto Francesco De Sanctis, Luigi Settembrini, Antonio Tari, Augusto Vera, Silvio Spaventa, Federico Persico ed altri.
A Napoli compose i primi versi che attirarono l'attenzione di letterati, e ispirarono al Settembrini una lunga prefazione.
Nel 1869 fu chiamato dal Ministero della P. I. all'insegnamento delle lettere italiane al Liceo di Cosenza, alla cattedra medesima lasciata dallo Zumbini, e quando nel 1878 il Ministro Francesco De Sanctis fondò a Roma l'Istituto superiore di Magistero, Costanzo fu chiamato ad insegnarvi letteratura, e più tardi, alla morte del Direttore di quell'Istituto, Giovanni Prati, Costanzo ebbe affidata la Direzione.
Partecipò insieme ad altri, ad un volume commemorativo sullo Zola, pochi mesi dopo la morte (cfr. Per Emile Zola, numero unico a cura di Salvatore Rago, Avellino, Tip, Pergola, 7 dicembre 1902).
Questo scrittore fu anche Segretario particolare dei ministri Correnti (1872) e Perez (1879), fu in contatto con Alessandro Manzoni, Ruggiero Bonghi e altri letterati italiani.

Oltre ad un immenso numero di scritti sparsi per le riviste di ogni specie, il Costanzo ha pubblicato i seguenti lavori:


  • Versi - Napoli, 1869.
  • Nuovi Versi — Napoli,1873.
  • Fragmentum Carminis epici, exametra- J.Prati(Versione)Napoli, 1873.
  • Un'anima — Napoli, 1874.; Milano 1894 e 1899.
  • I Ribelli - Napoli, 1876.
  • Berengario II — Napoli, 1876.
  • Cenni storici sul sec. X — Napoli,1876.
  • Gli Eroi della soffitta - Roma, 1880;Milano, 1894 e 1897; Messina, 1903;Roma, 1904.
  • Nuovi versi — Roma,1882.
  • Funeralia — Roma, 1886
  • Minuzzoli — Roma, 1886.
  • Nuovi Canti — Roma, 1892.
  • Fosforescenze — Messina, 1903.
  • L'Essere — Roma, 1903.
  • Dante — Poema lirico — Casa editrice Roux Viarengo, Roma-Torino, 1903.
  • Bricciche letterarie — Catania, cav. N. Giannotta editore, 1904.

Poesia - Baci - di Giuseppe Aurelio Costanzo
Musica - Confidence amoureuse - di Francesco Paolo Frontini


Baciami, baciami, baciami ancora ...
Meglio che un secolo, vale quest'ora,
Che in lungo e tenero sospir d'amore
Due cuori battono come un sol cuore.
Ah, tutta un bacio la vita sia,
Sia tutta baci l'anima mia!
CONTINUA QUI