Francesco Paolo Frontini (Catania, 6 agosto 1860 – Catania, 26 luglio 1939) è stato un compositore, musicologo e direttore d'orchestra italiano.

«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra.
La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perchè soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo». F.P. Frontini

Dedicato al mio bisnonno F. P. Frontini, Maestro di vita. Pietro Rizzo

sabato 17 gennaio 2015

«Scapigliatura Catanese» di Gesualdo Manzella Frontini

Eravamo di quella generazione irrequieta, che aveva esercitato gli spiriti bollenti sotto il Consolato Austriaco, gridando « Viva Trento e Trieste » e cantando l'inno a Oberdan s'era fatta piattonare  dalle daghe dei questurini.

Generazione segnata dal destino per due guerre.
Fu proprio nelle vacanze che precedevano l' ingresso all' Università che il gruppetto iconoclasta sopraggiunto dalle smanie volle concretare la sua azione, confidando ad un giornale tutte le speranze e le certezze di un rinnovamento.
Tre matricole e un paio d'irregolari, e c' era un  anziano studente  di filosofia.
Vacanze torride dell'agosto siciliano, anzi catanese, così che alle scalmane letterarie dava vital nutrimento la calura del lastricato lavico del Corso Stesicoro fluido tra i vapori, e dissolvetesi lontano l' Etna.
Avevamo sulla coscienza tre o quattro giornali letterari e un mucchio di debiti con tutti i tipografi, e scantonavamo con apprensione all'odore dell'antimonio, pur avendo rifilato con dignità e cuor trepido ai genitori le note insolute del nostro primo  assalto  alla  gloria.
Tempi di preparazione e di orientamento verso una cultura più vasta, e d'insofferenza per ciò che andava deteriorandosi del tramontato ottocento. Diane vaghe, con programmi ancora in fieri, ma si attaccava la vecchia cultura e il vecchio mondo.
Le nostre aspirazioni si polarizzavano verso Firenze. Il «Leonardo», Papini, il pragmatismo, le questioni sociali : le distanze ingrandivano i fatti e gli uomini, quaggiù ci sentivamo spaesati e senza destino. I colleghi universitari che ci avevano preceduto di tre o quattro anni si erano composti e addormentati nella polemica Carducci-Rapisardi, che noi consideravamo ormai superata, e ci lasciava indifferenti. 
E infatti deposto il berretto goliardico, s'era visto che di quei propositi audaci non restava che il desiderio di collocarsi, anche a tradire, al canto del gallo.
E quando si era saputo che il Rapisardi lasciava la cattedra si direbbe che si era provato un certo chiuso compiacimento. Del resto la facoltà di lettere era in quel tempo fra le più salde e quotate : 
Carlo Pascal, Ettore Romagnoli, Paolo Savj-Lopez e poi, onore grande per noi letterali, l' assunzione di Luigi Capuana a maestro di stilistica e lessicografia. Una cattedra come un'altra, ma l'orgoglio di poter sentire la parola di uno scrittore vivo e vegeto, che la generosità di un Ministro aveva cercato di strappare alle incertezze di una vita precaria ci strinse attorno al Maestro  benigno e sorridente.
Il « Circolo Artistico » era il nostro covo. Fra gli insegnanti della vigilia liceale, colta gente compassata e tradizionalista, e noi pochi reprobi si stabilirono relazioni di generosa simpatia da quella parte e di ossequio ironico da parte nostra.
Qualcuno di noi aveva già lanciato un volumetto ribelle, fin nel titolo, dai banchi del liceo, « Novissima » semiritmi, con la certezza di far dispiacere ai professori, mentre poi aveva dovuto subire una affettuosa e commossa paternale sulla intemperanza, le imitazioni, gli echi abbondanti ch'erano  nel libro incriminato.

E intanto Giovanni Verga, al quale, arrossendo, facevamo tanto di cappello, passando davanti al « Circolo Unione » aveva propinato l' elisir delle più folli speranze al giovanetto audace, che osava dedicargli un suo volume di novelle anticipato da una prefazione che annunziava il crollo di tutte le tradizioni e di tutte le regole e la rivoluzione più interessata e inesorabile della sintassi. Vale la pena di trascrivere la lettera illuminata dal grande sorriso di quel galantuomo fine e ironico.

Egregio Sig.  Manzella, La  ringrazio del volumetto che ha voluto mandarmi  « per   un   giudizio »   ma io non  mi sento vocazione nè veste di giudice, e men che meno dopo quel po' di roba che dice avanti « ai miei critici ». Senta, per quella simpatia che mi ispira il suo ingegno di cui dà in queste prime novelle una magnifica promessa — glielo dico subito — nelle illusioni dei suoi vent'anni ci son passato anch' io — e anche per la simpatia che Ella mi dimostra dedicandomi una di queste sue novelle, lasci stare i titoli e sottotitoli violenti, le prefazioni gonfie e vuote — ne ho anch'io sulla coscienza — i propositi fatui di rinnovazione e di resurrezione, e lavori, e faccia e rifaccia con gelosa e incontentabile autocritica. Ella è giovane, beato lei, ha dell'ingegno, e può fare. Questo glielo dico un po' bruscamente forse, e forse pei intonarmi allo stile della sua prefazione, ma sinceramente, e badi che non faccio complimenti, e il lieto pronostico che faccio a lei non fo a tutti. Così la mia franchezza anche sgarbata, le si mostra più sincera e le farà piacere. 
Buon augurio a lei  G. Verga.

Figurarsi. Il giovanetto, che slittando sulle sferzate del Maestro, si adagiava, compiaciuto, sulle parole buone, dettate certo dalla cordialità dell' artista arrivato, s'era collocato capo gruppo.
In quella lettera del Verga c'era stato indubbiamente lo zampino del Capuana, che se amava quel trio di scapestrati ribelli, fedelissimi uditori e appassionati delle sue lezioni, di tanto in tanto, se l' occasione si dava, non risparmiava qualche stretta di martinicca.  Tant'è i tempi stringevano e bisognava bruciare le tappe. Il giornale ci voleva.
E una sera, il giovane fu incaricato di redigere un manifesto ch'egli indirizzò « alla gioventù contemporanea e agli artisti giovani». Bisognava parlare chiaro e forte, rompere il sonno agli indolenti, menar le mani, lanciar sassi, non importa se taluno senza indirizzo preciso. Anche a Palermo c' era odor di battaglia. A Messina si era lavorato di lena già qualche anno prima con la rivista « Ars Nova » ove collaboravano giovani preparati solidamente, acuti e aggiornati. Fermento, ch'era in fondo, il sintomo di quella nuova Italia che si annunziava in crescenza portentosa, dopo l'equivoco torpore del passaggio inavvertito del secolo giovane sul vecchio. 
Strabiliati i professori, ch'erano stati chiamati — i nostri vecchi professori del liceo — a fiancheggiare l'opera dei giovani, ma che in realtà avrebbero dovuto, paziente milizia in borghese, impedirci audaci sconfinamenti.
Il manifesto ne uscì stroncato, mutilato, scapitozzato, roba da far pena. Noi ci vendicammo facendone stampare un'edizione ufficiale per tranquillizzare gli spiriti diffidenti di taluni amministratori del « Circolo Artistico » e risparmiare la dignità e l'onorata divisa dei nostri ex-professori; e un'edizione alla macchia che ci affrettammo a lanciare fra gli amici e i conoscenti della Penisola, mentre qualche copia riservata veniva fatta scivolare nelle tasche degli accoliti e dei novizi, che guardavano a noi come a gente di gravi propositi. Il manifesto s'infiorava di simili frasi:
« Parta dalla terra del sole, dalla città ardita sotto l'incubo del minaccioso possente ubero di fuoco, o fratelli giovani, dispersi fra le ruine d' Italia, la voce di rinnovamento»; affermava la necessità di « risvegliare le virtù della razza » e si proponeva « senza preconcetti, scuole, formalismi, di seguire l' istinto vergine da ogni tocco d'imitazione». «Noi siamo la vita e il futuro, oltre ogni teoria per un fine di rinnovamento: noi  rechiamo in noi l'avvenire».
A Luigi Capuana fu fatto leggere il manifesto stampato alla macchia, l'edizione integrale. 
Il Maestro parve perplesso. Forse in cuor suo si doleva di talune contingenze di carattere pratico, per le quali non aveva accettato la direzione del periodico «Critica ed Arte», che poi durò un anno e che nell'ordinamento e nel carattere programmatico, specie nei primi numeri, fu il giornale più aderente alla famiglia di cui era il rappresentante : disaccordo dichiarato, profondo, congenito, simpaticamente incongruente. Atteggiamenti e pezzi prefuturisti fra articoli e novelle barboge, talvolta  mattoni   eruditamente  deprimenti,  poesie di Tommaso Cannizzaro e folgorazioni  stellari del Marinetti.
Frattanto, era nata la « Voce » e con più scaltri aggiornamenti e con più diretti contatti si aggrediva da ogni parte la resistenza passiva dei detentori di quella cultura che si esauriva in sè stessa, senza mete, senza ideali. Per qualcuno di noi però tutto ciò aveva importanza fino ad un certo punto, che ritenevamo 1' arte dovesse rimorchiare o almeno aprire la via alla politica, e non farsi rimorchiare.  Il giornale era morto.
Ed ecco improvviso sul nostro cielo teso nella stanchezza, grave sui nostri spiriti (propositi di evasione scoppiavano qua e là definitivi) guizzare un giorno il fulmine futurista. Marinetti da Parigi lanciava il suo Manifesto e voleva uccidere il chiaro di luna.
Quella sera ci trovammo tutti, e l'autore dell' appello « alla gioventù contemporanea e agli artisti giovani » ebbe il suo quarto d' ora di rivincita. Sembravamo impazziti. Conoscevamo Marinetti. Egli faceva sul serio, e chiedemmo d'essere con lui e ci affidammo alla sua sapienza tattica e al suo impeto, che ci sapeva del vulcano poderoso, il quale avevamo chiamato a testimonio delle nostre intenzioni e del nostro programma distruttivo. Marinetti rispose con una lettera, che oggi ha un interesse documentario, che narra un programma realizzatosi nella storia.
« Caro Collega, ho trovato nel vostro invito agli artisti giovani e alla gioventù contemporanea un fervido e magnifico grido di riscossa, genialmente lanciato alle forze virili della letteratura, perchè esse si manifestino « senza scuole, preconcetti e formule, seguendo l'impulso vergine d' ogni tocco di imitazione » : questo è infatti uno degl'impulsi che hanno prodotto il nostro Movimento Futurista, ma non la sua essenza distruttiva e ascensionale, che non abbiamo inventata nè voi, nè io, come nessuno ha inventato — permettetemi lo scherzo — le instancabili forze vulcaniche che screpolano la vostra Isola divina. Io  mi sono accontentato di dare la formula esplosiva e incendiaria di un ammasso di sorde rivolte, di nause profonde, di disgusti feroci contro il culto del passato, l'impero dei morti, la tirannia dei professori, dei politicanti astuti, pacifisti e conservatori. Il futurismo non è altro che una parola facile e leggera da sventolate dovunque il genio creativo trionferà delle strettoie scolastiche, dovunque il sangue irruente sarà sparso prodigalmente per una idea ; dovunque si lotterà senza paura per distruggere quotidianamente tutto ciò che agonizza in noi, per meglio abbracciare l'irruente futuro. Senza paura, dico, senza guardarci alle spalle, camminare, correre velocissimamente nella polvere  dispersa dei nostri morti. Senza paura, dico, poiché l'Italia è disgraziatamente ancora un paese di vigliacchi, di uomini seduti in poltrona a sognare, o a collezionare francobolli. Disprezzo del passato, libertà assoluta a tutte le follie, a tutte le ebbrezze del sangue ; tutti i diritti alla gioventù, e, ai vecchi, soltanto quello di morire. Ecco il programma che il nostro sangue c' impone ! La guerra, presto ! Domani, speriamo; contro l'Austria, naturalmente, poichè da tempo siamo infastiditi dalle sue insolenti gomitate!... La guerra, poichè tutto infradicia, si avvilisce e si mummifica nella pace!... La guerra, con la immensa fiammata d'entusiasmo, di disinteresse e di eroismo, coi suoi crolli, con le sue rovine, con la sua congerie di prudenze calpestate, di legami infranti, di esistenze capovolte. Futurismo vuol dire ancora : liberazione dai rancidi sentimentalismi che appestano la letteratura, liberazione dalla tirannia dell'amore, che schiaccia e  falcia  le  migliori  forze  dei  popoli  latini.
Come vedete, nulla ho inventato: ho semplicemente espresso in una forma violenta le idee che ribollono nella migliore parte della gioventù italiana. In Italia, dove non si fa, ahimè, che del personalismo, disprezzando i pensieri degli uomini, per non giudicarne che le facce, gli abiti, e la borsa, il Futurismo fu accolto da un uragano di insolenze, accusato di bluf, di reclamismo ad oltranza. In Francia, invece, in Inghilterra, nell'America del Nord e nel Giappone il Futurismo fu salutato da una salve di applausi, suscitando discussioni e controversie che ne assicurano ormai il trionfo. Questo tenevo a dirvi, caro collega, per la simpatia che io nutro per il vostro ingegno novatore, e per le alte idealità che ci sono comuni. Vostro  Marinetti
Prima di questa lettera c'era stato un momento di perplessità avvilita, ma poi vinse in noi l'impetuoso temperamento siciliano. E cominciò lo scambio ininterrotto torrenziale di corrispondenza fra il giovane e l'Apostolo.
Catania   divenne   stazione collegata d'irradiazione futurista. I bombardamenti marinettiani esaltanti l'originalità l'ingegno il coraggio dell'isolano seguivano   agli   articoli   a  catena,  che  dal quotidiano della città spazzavano finalmente, lanciati a serie, l'aria morta e suscitavano curiosità; interesse, irrisione  e  perfino  un duello. Cari giorni indimenticabili in cui si viveva per mille, nella illusione di vedere crollare il vecchio mondo fra le convulsioni. 
E all'Università che cosa avveniva?
Molti  colleghi   vollero  dignitosamente  dimostrare il   disappunto,   fischiando   il   Futurista, e furono battuti dal  gruppo esiguo, e non soltanto metaforicamente. Marinetti prometteva una sua prossima visita :  bastava  questo per esaltare il collega lontano  —  che  fra  l'altro anche gli amici si dissipavano:   la   vita   diventava   impossibile.   Questo mio   vecchio popolo catanese, satrapo di tante civiltà, esperiente e ironico, quando non esalta irride. Ma era bello restar solo, disdegnoso: adorno zavorra. E finalmente scoppiò l'ultima bomba che sconvolse molte posizioni avversarie.
Il propagandista instancabile,  che attendeva la visita della pattuglia futurista nel suo paese, ov'era quasi solo a difendere,  sentinella  morta,  il movimento, osò una sortita in campo nemico con un audace mossa tattica, servendosi di un mascheramento, che proteggeva moralmente  l'avanzata.
Si era pubblicato allora allora  «l'Incendiario » del Palazzeschi,  ed ecco sulla terza pagina del quotidiano un articolo dedicato a «Luigi Capuana, sempre giovane» .  Il Maestro aveva infatti talune idee personalissime sulla funzione stimolatrice e quasi  precorritrice  della critica.
Pochi giorni dopo con grande meraviglia dello stesso autore dell'articolo, perveniva al giornale, col nulla osta per la pubblicazione, la lettera che pubblichiamo, quasi integralmente, e della quale il Marinetti fu entusiasta.

« Caro Manzella Frontini. Voi lusingate gentilmente la mia vanità chiamandomi in pubblico «sempre giovane». Grazie. Mi avete fatto ricordare di quando ero giovane davvero e un po' ribelle, come e quanto poteva permettermelo la mia indole tranquilla, alquanto scettica nonostante gli entusiasmi che mi spingevano a lavorare. Se ora l'età mi consiglia di tenermi in disparte, il ribelle di di una volta si compiace però di stare a guardare e ad ascoltare quel che fanno e dicono i giovani vostri pari; e soltanto il timore di sembrare ridicolo, come tutti i vecchi che hanno la velleità di mostrarsi galanti a dispetto degli anni, m'impedisce di mescolarmi alle vostre discussioni e di manifestare quel che penso intorno alle opere, versi e prosa, che le traducano in fatto.
Ma nell'intimità di questa lettera di ringraziamento posso prendermi la libertà di dirvi che la notevole spiegabilissima esagerazione del loro programma non m'impedisce di approvare nel giusto valore i Futuristi. Se avessi cinquant'anni di  meno,   mi  dichiarerei  uno  di  loro.
E evidente che essi chiedono cento per ottenere almeno venti ! Sono giovani di grande ingegno: e se fanno un po' di chiasso, questo dimostra  che intendono il  loro  tempo.
In un certo modo il Manifesto del Futurismo mi sembra una fierissima satira al pubblico distratto e alla pedanteria che vorrebbe continuare a baloccarlo con le vecchie formule retoriche, classiche o romantiche, non significa niente. 
Che Marinetti e i suoi amici siano dei matti da legare è tale enorme sciocchezza da non potersi attribuire saviamente neppure ai loro oppositori, Marinetti è un raro poeta, un fortissimo artista. Chi ha scritto « Roi Bombance » e « La ville Charnelle » dev'essere preso molto sul serio.
Buzzi, Cavacchioli, De Maria, Palazzeschi e gli altri, chi più chi meno, han dimostrato di voler tentare nuove vie, e fan prevedere che, presto o tardi, sbarazzandosi facilmente dell'esuberanza - chiamiamola così - giovanile, daranno geniali e notevoli frutti di arte elevata e sincera.
So che Marinetti e i suoi apostoli verranno a Palermo e, forse, a Catania. Credo che da noi non avverrà la indecente gazzarra di Napoli e di altri posti. 
Chi non combatte idee e uomini per partito preso, dovrebbe cavarsi il cappello davanti a questi coraggiosi giovani che hanno cultura ed ingegno da vendere. E, dopo tutto questo, lasciatemi invidiare la vostra  reale giovinezza.
Cordialissimi  saluti dal vostro
Aff.mo  Luigi  Capuana

Lo sbaraglio fu completo fra gli universitari, la vittoria passò ingagliardendo i tiepidi e convinse perfino coloro che per temperamento non avrebbero mai piegato il capo carico di morte formole  e  di sorpassati pregiudizi. La lettera del Capuana fu riprodotta dal Marinetti in migliaia di esemplari e divulgata in tutto il mondo.
Il lievito spirituale di quel movimento già dava sul suolo di Tripoli quella prodigiosa fermentazione, che sarà più tardi evidentissima nella falange del  volontarismo futurista del  '15.
G. Manzella Frontini

* Tratto da Catania rivista del comune 1955 - articolo gentilmente offerto da Teodoro Reale.







mercoledì 7 gennaio 2015

Giornale "Il Momento" - 1883 - fenomeno di straordinaria e vitale importanza nel processo di rinnovamento della cultura siciliana.



Un gruppo di intellettuali siciliani, dopo il 1870, sul fondamento di una sorprendente conoscenza delle lingue straniere,  anche le più lontane, si dette alla infaticabile traduzione di numerosi romanzi stranieri. Ne fa ancor oggi fede una serie di opere pubblicate a Palermo da "Il Tempo"; e si tratta di romanzi tradotti dal francese, dall'inglese,  dal tedesco,  dal polacco.
Venuti sempre più a contatto , con la moderna letteratura europea,  quei giovani palermitani parteciparono con ardore al dibattito sulla nuova cultura. E così, oltre ai lavori dell'Enrico Onufrio, non trascurabili sono quelli dell'Arcoleo, del Navarro della Miraglia e, soprattutto, del Ragusa Moleti.
Questo ultimo,  specie col suo saggio Il realismo  del 1878, venne a porsi al centro del dibattito sul verismo, preannunziando in certi casi, come già l'Arcoleo, la stessa tesi desanctisiana.

Lo sbocco naturale di tale fervido, inquieto, ambiente culturale, fu la fondazione, ad opera di un cugino del Ragusa Moleti, G. Pipitone Federico,  de Il Momento,  avvenuta nel 1883. Ed è, questo, fenomeno di straordinaria,  vitale importanza nel processo di rinnovamento della cultura isolana in quegli ultimi venti anni del secolo. Il giornale, che ebbe vita breve, si costituì come vero centro propulsore di energie sotto la bandiera di un preciso programma d'avanguardia,  ch'era la strenua difesa e propagazione ad oltranza del nuovo credo positivistica in filosofia e naturalistico in letteratura. 
Desanctisiani in estetica, naturalisti in letteratura, difensori tenaci dello Zola e del verismo italiano, gli entusiasti palermitani seppero raccogliere attorno a quel foglio i migliori ingegni dell'Isola. Oltre allo stesso gruppo dei fondatori - Pietro Silvestri e Giuseppe Pipitone Federico, con Ragusa Moleti ed Enrico Onufrio -, collaborarono al giornale il Pitrè, il Rapisardi, il Capuana, il Verga, il giovanissimo G. A. Cesareo,  Eliodoro Lombardi,  Luigi Natoli, G. A. Costanzo, Ugo Fleres, E. G. Boner;  ma anche scrittori e studiosi d'ogni parte d'Italia: il Mestica, il Dossi, il Di Giacomo, lo Stecchetti, lo Scarfoglio, Vittorio Pica,  Raffaello Barbiera, Mario Giobbe, Pompeo Molmenti, Filippo Turati. E sembra che lo stesso Zola abbia inviato qualche suo scritto.  
Il ribellismo di quegli ardenti intellettuali siciliani aveva,  in fondo,  trovato la più adatta collocazione. Ed è proprio intorno al gruppo de "Il Momento" che deve incentrarsi, oggi, l'analisi dello studioso della fortuna della cultura francese in quegli anni in Sicilia.
Si prenda, ad esempio, l'opera del Ragusa Moleti. Imbevuto di una profonda conoscenza della letteratura d'Oltralpe, fervente difensore dello Zola e della scuola naturalistica fin dai tempi del suo saggio sul realismo,  egli fu davvero, anche nella scelta degli autori francesi da analizzare, "ribelle dei ribelli". Percorso, com'era,  da "un soffio iconoclastica di violenta rivolta contro i mali del mondo", fu naturale, per lui, dare tutto il proprio contributo a quel foglio palermitano - "Il Momento" - sul cui secondo numero era apparsa, a mo' di epigrafe, l'effigie dello Zola.
Mentre attende, da un lato, alla traduzione del Murger, si imbatte nell'opera del Baudelaire, che subito lo avvince, e lo terrà legato a sè per vari anni.  Nel 1878, dopo uno studio approfondito dell'arte baudelairiana intera, pubblica un saggio - e si tratta,  molto probabilmente, della prima monografia dedicata da un italiano al poeta francese -,  nel quale è evidente la conoscenza diretta del Baudelaire "minore", cosa non del tutto frequente in quel tempo, quando tutta l'attenzione,  spesso morbosa,  era appuntata quasi esclusivamente sulle Fleurs du Mal, grazie alle quali il nome del poeta francese era entrato in Italia per merito dell'ambiente scapigliato milanese, e del Praga in particolare. 

Il Ragusa Moleti dà la sensazione di essere penetrato a fondo nella poesia dell'autore francese. Non disponeva, naturalmente, dei mezzi di cui oggi può disporre la critica, moderna, eppure seppe rendere tutta la magia di quella poesia, affascinando ancora oggi anch'egli, come già il Baudelaire, il lettore. E verso la conclusione del lavoro, investitosi quasi del ruolo ufficiale di difensore del grande artista francese, non riuscì a frenare una mordace frecciata contro l'incomprensione di quel genio da parte della critica italiana.  Va qui sottolineato,sia puro per inciso,  quanta all'esperienza baudelairiana sia da riallacciare, per certi versi, anche l'ultima produzione del Nostro. In Miniature e filigrane, ad esempio, testimonianza di un sincero grido di libertà e di eguaglianza sociale, Il Ragusa Moleti focalizza - in più di una occasione - la propria partecipe attenzione sulla condizione degli umili, o si rivolta con empito libertario contro le tiranniche istituzioni sociali. Su tutta la silloge spira, però, anche un senso drammatico della vita come morte, che fa molto pensare al Baudelaire.
L'analisi baudelairiana del Nostro si chiudeva,  comunque,  con queste parole:
"Ora Baudelaire, che, quando scriveva, sapeva i fatti suoi, coglie quasi sempre la forma del suo concetto. E' per questo che le sue poesie e le sue prose è impossibile tradurle bene; ci vorrebbe un altro artista dal valore presso a poco di Baudelaìre".
Evidente ammonimento, questo, a se stesso, se è vero che la prima edizione de Il Signor di Macqueda è del 1881, e che, quindi, al proprio romanzo il Ragusa Moleti pensasse già come a qualcosa più che un semplice progetto. Ma anche, singolare dimostrazione di modestia, che quelle prose, anzi quelle prose poetiche, e gli seppe mirabilmente volgere in italiano con fine gusto e notevole precisione di traduttore. Non seppe, insomma, resistere alla tentazione del l'impresa, che già dal '78, come s'è visto, sentiva nascere in se stesso, irrefrenabile. E gliene siamo grati, dal momento che la sua traduzione, scaturita dallo splendido testo baudelairiano, assurge ad autonoma forma artistica. Non va dimenticata l'importanza di questa fatica del Nostro come veicolo non secondario per la conoscenza del poeta francese in Italia, dal momento che, se non andiamo errati, la sua fu anche la prima traduzione italiana non solo di quell'opera, ma dell'opera baudelairiana in assoluto. E ci è sembrato significativo tirarla fuori dall'oblio in questa occasione, quando qui celebriamo - o cerchiamo di farlo - la vitalità della cultura siciliana in quegli anni.
E, d'altra parte, quello di Ragusa Moleti "non è un caso isolato: buona parte dei traduttori e delle traduzioni di Baudelaire - come è stato notato -, almeno fino al 1930, è meridionale (...)": fra quelle traduzioni, le "siciliane" occupano un posto non trascurabile.
Al Nostro e anche attribuibile - e ci par giusto rivendicarlo, ancora una volta, in questa sede - la prima traduzione italiana dei Paradis artificiels, sia pure in estratti: laddove, finora, quell'opera baudelairiana aveva avuto assegnato nel Chiara il sua primo traduttore.
Ma il redattore de "Il Momento" non fu interamente assorbito dalla febbre baudelairiana. Profondamente imbevuto, come s'è visto, di una buona conoscenza della letteratura francese, fu anche attratto dall'opera dello Huysmans,  cui dedicò, nel pieno della propria maturità,  un informato articolo.
Ma ancora su  Il Signor di Macqueda è  opportuno portare la nostra attenzione, come all'opera nella quale l'Autore seppe esprimersi  più compiutamente, trasferendovi il proprio bagaglio culturale e le proprie aspirazioni ideali.  
Il romanzo, troppo spesso trascurato,  risente da capo a fondo della profonda conoscenza che il Ragusa Moleti ebbe, tra gli altri, del Flaubert e dello Zola. 
Del canone realistico dell'impersonalità dell'arte, ad esempio, è pervasa tutta l'opera: tutto si svolge sul piano dei personaggi e mai è dato di rilevare, dietro di essi, la presenza del loro creatore.
Ligio a quei principi naturalistici in difesa dei quali combatteva un'aspra lotta dalle pagine de "Il Momento", Ragusa Moleti rappresenta i fatti, i personaggi, le loro passioni ed i loro sentimenti con assoluta imparzialità, con puro distacco flaubertiano. Come pure di stampo flaubertiano è lo studio minuto del particolare, il cui scopo precipuo è quello di servire,  quasi, da introduzione e da riflesso, al contempo, della introspezione psicologica dei personaggi: il lettore, attraverso la descrizione attenta di un oggetto, risale alla sensazione del personaggio, la avverte quasi, nel momento in cui questi collega il proprio stato emotivo con la realtà che lo circonda.
Nella sua opera teorica l'amico dell'Onufrio aveva puntualizzato che il compito dell'autore realista è quello di
" " (..) salire in soffitta, di scendere nei tuguri, di entrare nelle galere, nei manicomi, nelle caserme, di andare in campagna, di scendere nelle solfare, girare pei postriboli, di salire nelle barche e quindi rivelare al mondo la vita di sacrifizi, di privazioni, di dolore, che sono costretti a fare gli uomini, le donne, i bambini delle ultime classi sociali, e domanda un po' di giustizia, in nome del gran lavoro che essi fanno e che non ha compenso".
E sulla scorta di risonanze zoliane, sono numerose nel romanzo descrizioni naturalistiche dell'ambiente, fra le quali, mirabili, quella della vita del circo dietro le quinte, e quella del manicomio in cui è rinchiuso il protagonista, Gabriele Macqueda.  Nella stessa minutissima ed attenta analisi delle sensazioni fisiche che colgono i suoi personaggi e delle loro esperienze più intime, l'Autore procede con purissima tecnica naturalistica, diventando quasi un medico, uno scienziato che analizza con fredda imparzialità ciò che accade nell'organismo umano quando quest'ultimo subisce un forte impatto in presenza di certe esperienze sensoriali:  chi altri, in quel periodo,  seppe più fedelmente eppur sì originalmente far nascere in Italia un tale, piccolo gioiello di "esercitazione zoliana", che pure, nei suoi ovvi limiti,  assurge ad autonomo valore artistico? Non certamente la scuola veristica, della quale è noto il distacco dai canoni estetici del gruppo di Médan.
Il fatto è che - specie se si pensi che Giacinta è solo del  1879 e che I Malavoglia furono pubblicati nello stesso anno 1881  - l'autore de Il Signor di Macqueda s'era ispirato direttamente ai romanzieri realisti e allo Zola,   non attraverso le esperienze dei grandi conterranei. E che,  anzi, del naturalismo - assieme al Capuana e al Cameroni, al Pica e allo Zena - egli fu uno dei primi interpreti e portatori in Italia. Troppo a lungo questo merito non gli è stato riconosciuto.

Altro appassionato difensore dello Zola, fu Giuseppe Pipitone Federico, spesso trascurato anch'egli da parte dei critici.
Fondatore de Il Momento - come s'è visto - e infaticabile organizzatore di cultura, cugino e sodale del Ragusa Moleti, in lui la passione per il naturalismo francese si lega ad una vasta e profonda conoscenza di tutto - o quasi - quella letteratura:  Rabelais,  Ronsard, Morot, Montaigne, Diderot, M.me de Stael, oltre, s'intende, alla intera letteratura francese dello Ottocento fino ai "minori", si incontrano nei suoi scritti. Fu in cordiali rapporti di amicizia con illustri poeti, scrittori, giornalisti della seconda metà dell' '800 e  del primo '900, i quali, tutti, lo stimarono. Tra di essi:  Rapisardi. Capuana,  Verga,  Mario Giobbe, Vittorio Pica, Gabriele D'Annunzio, Edouard Rod e,  naturalmente, Émile Zola e Guy de Maupassant, il quale ultimo lo invitò a trasferirsi in Francia.
Affascinato dalla poesia parnassiana francese, il giovanissimo palermitano esordì come francesista con un notevole saggio sul Coppée,  che volle dedicare ad Angelo Sommaruga, col quale era in cordiali rapporti di amicizia.  Già dal - Preludio è dichiarata l'intenzione, di là dall'occasionale interesse per il poeta francese, di dedicarsi alla letteratura straniera come "(...) sorgente a cui dobbiamo rianimarci,  sorgente sconosciuta alla massima parte degli italiani, ma fresca, inesauribile, capace di rinnovellare il sangue che ci scorre tardo per le vene;  è una terra vergine che s'offre ai nostri sguardi coi suoi incanti, le sue attrattive (...)  essa, al pari di una fata, avrà possa, di trasformare l'arte italica".
E il ventitreenne Pipitone Federico, pur impegnato nell'insegnamento della letteratura italiana,  rimarrà fedele, lungo tutto il corso della propria attività critica, a quella sua giovanile vocazione.
Partendo da una convinta difesa della teoria dell'arte per l'arte, attraverso lucide argomentazioni e dovizia di esempi tratti direttamente dalle liriche del Coppée, nelle quali "(..) è sempre. - su per giù - lo stesso sentimento di malinconica reverie che pervade l'anima del poeta, ma non ci si stanca mai - com'egli afferma — a seguirne le forme flessuose,  i concetti gentili nei quali s'incarna", lo studioso palermitano giunge, pur ponendo alcune riserve, alla esaltazione entusiastica, anche se non idolatra, dell'arte del Coppée. Fu proprio attraverso questo suo studio che i parnassiani, fino a quel momento in posizione subordinata, nei gusti dei suoi amici, rispetto agli scrittori naturalisti, furono accolti nel fervido cenacolo de Il Momento, le cui pagine diedero loro diffusione nella cultura siciliana del tempo: il che, a ben pensarci, non fu merito secondario. L'interesse per i parnassiani viene sempre più precisandosi nel corso dell'anno seguente, quando, in un lungo articolo apparso sulle colonne de La Domenica Letteraria, venivano approfonditi i rapporti fra Leopardi e Sully Prudhomme. Tale amore per gli autori del Parnassi, d'altro canto, lo avrebbe poi accompagnato - come vedremo - per un lungo, lunghissimo periodo della sua attività.

L'altro saggio che confermò la naturale propensione del Nostro per la letteratura d'Oltralpe, fu quello sul vate del romanticismo, Victor Hugo, nato anch'esso, è facile pensarlo, nella stimolante atmosfera della redazione de Il Momento. Lavoro, codesto, che non avrebbe nulla di originale, neanche nella stessa scelta del soggetto, se si pensa allo straordinario favore di cui godeva allora l'autore di Les Contemplations. (...). Il Pipitone Federico compie una scelta precisa sul piano critico. E si tratta di una scelta in cui è già operante l'adesione all'arte moderna, al credo naturalistico. Contro gli idolatri da un lato e i ciechi detrattori dall'altro, il Nostro seppe sceverare le più in time qualità dell'arte hughiana, in un lodevole sforzo di obiettività scientifica, mentre dai fogli de Il Momento era già tutto teso a combattere sotto l'insegna del positivismo in nome dello Zola. Come s'è visto, l'animatore de Il Momento aveva già compiuto la scelta naturalistica. Dopo aver pubblicato sul periodico un lungo articolo su La Joie de vivre (1884), per il quale fu ringraziato dallo Zola. 
Con le Note di letteratura contemporanea,  in definitiva,  il Pipitone Federico viene a porsi  dopo i suoi precedenti studi,  nei quali,  da Stendhal a Zola,  tutta la scuola realistica e naturalistica era stata esaminata a fondo -- viene a porsi, dicevamo, fra le più interessanti figure di critici d'avanguardia di quel declinante secolo diciannovesimo. E sì vasta è la mole dei suoi studi, sì appassionante e vario l'arco dei suoi interessi, da meritare, anche nel ristretto campo di indagine di nostra competenza, un discorso ancora più ampio. (...)

 * Tratto da Cultura Francese in Sicilia tra '800 e '900 di G. Saverio Santangelo 



STORIA E CRONOLOGIA DEL <> Il 1° numero del “momento letterario – artistico – sociale” fu pubblicato il 16 Aprile 1883. Viene presentato come rivista quindicinale. Il responsabile dei primi 2 numeri fu Antonio Tornabene, a cui subentrò Giuseppe Allella. I primi 10 numeri vennero stampati dalla tipografia Lo Casto. Non esiste presso una sola biblioteca una collezione completa della rivista. Vi sono 3 collezioni, il cui confronto ha reso possibile la ricostruzione delle vicende editoriali del periodico e la stesura degli indici. Il nome è stato associato a quell’omonimo quotidiano milanese diretto negli anni ’50 del XIX secolo, dal patriota e giornalista siciliano Benedetto Castiglia. Il nome “Il Momento” contraddistingue molte riviste tra ‘800 e ‘900. Castiglia rendeva esplicita l’attenzione che il periodico avrebbe riservato alle coeve manifestazioni artistiche nazionali ed europee. La testata voleva aprire una finestra sul momento artistico europeo di quegli anni, pronta a dar notizia di tutte le novità che venivano prodotte. Era intenzione dei redattori del “Momento” informare su tutte le discussioni che agitavano il mondo culturale italiano, diviso tra naturalisti e oppositori di quel credo. I primi due direttori furono Pipitone Federico e Silvestri Marino. Il 1883 fu un anno positivo per il giovane quindicinale palermitano. Nel novembre dello stesso anno si assiste alla fusione del periodico <> con “Il Momento”, ma più che una fusione si tratta di una vera e propria incorporazione della prima da parte del secolo. Le città sedi di rappresentanza del “Momento” passano da 3 a 6 (Roma, Firenze, Genova, Torino, Catania e Messina). Momento: rivista d’arte e letteratura. Il 1884 perde quel mordente che aveva contraddistinto il primo anno di vita. Il febbraio 1884 è associato alla direzione Ragusa Moleti, già collaboratore sin dal 1° numero del periodico. Nello stesso numero si dà notizia di un nuovo cooperatore, Pietro Lanza di Scalea, futuro condirettore del periodico. Infatti il 5 Luglio del 1884 Pietro Silv. dà notizia dell’abbandono dei 2 cugini. Non si conoscono le vere ragioni delle dimissioni. Con il numero del 16 Agosto 1884, viene data la notizia della presenza di un nuovo condirettore, Pietro Lanza di Scalea. La rivista doveva accontentare tutti i gusti: dall’articolo di critica letteraria, alle novelline sentimentali per le fanciulline. Nel numero successivo viene inaugurata una nuova rubrica “Lettere aperte alle lettrici del Momento”. Vi è così il tentativo di mondanizzare il periodico palermitano, con l’intenzione di guadagnarsi una parte appetibile di pubblico; questo tentativo è stato fatto dopo l’abbandono da parte dei 2 cugini. Altra data è il Marzo 1885, in cui viene comunicato il ritorno alla direzione di Pipitone Federico. Inizia l’ultimo periodo di vita del “Momento”, che si concluderà nel Dicembre 1885. I gusti letterari del pubblico si stavano indirizzando verso le decadenti atmosfere dannunziane. Non era facile mantenere in vita un quindicinale culturale, dovendolo finanziare con gli abbonamenti dei lettori. Nonostante le difficoltà finanziarie, il Momento era riuscito a mantenere, anche nel 1885, una sua vivacità. La situazione precipitò a causa dell’epidemia di colera che funestò tutta l’Italia a partire dal 1884. Già nel numero del 16 Settembre 1884, la direzione annunciava dei ritardi nella stampa del numero seguente a causa del colera. Infatti il numero successivo uscì il 15 Ottobre 1884, cioè un mese dopo. A partire da questa data Il Momento non sarà più pubblicato con la stessa consuetudine. La situazione sanitaria a Palermo, divenne drammatica nel Settembre del 1885. La città venne isolata dal resto dell’Italia, per il colera, e quindi le vicende editoriali del Momento seguono l’andamento dell’epidemia. L’uscita di un numero a Dicembre fu l’ultima.
                              

lunedì 22 dicembre 2014

Natale Siciliano ed. De Marchi 1904

"C'è nei canti del popolo siciliano una particolare nota, che li farebbe distinguere fra quelli
di mille altri popoli, ed è una nota di signorilità: quasi una sprezzatura per tutto ciò che è volgare e scurrile"
Gesualdo Manzella Frontini (Delta - 1923)

 8437   N. 1. Litania e Pastorale della cornamusa (Pianoforte) .
18438   » 2. Canzone di Natale (Canto e Pianoforte).    ...
18439   » 3. Zampognata (Pianoforte).    ........
18440   » 4. Pastorale (Canto e Pianoforte).      
18441   » 5. Il Natale cantato dagli orbi.    .....
18442   » 6. Canzonetta per la Novena (Pianoforte) .... 1904 (Natale Siciliano - Ed. De Marchi)


IL    NATALE
1. Litania e Pastorale della Cornamusa
2. Canzonetta Natalizia - N. 1
3. Canzonetta Natalizia - N. 2
4. La nascita del Bambino Gesù   (Catania)
5. La nascita del Bambino Gesù  (Palermo)
6. Pastorale       .......
7. Canzone di Natale        .....
8. A Gesù Bambino - N. 1
9. A Gesù Bambino - N. 2     .
10. Canzonetta di pastori   .....
11. Tantum ergo (Pastorale) ....
CANTI VARI
12. Litania (della beata Vergine Maria) .
13. Preghiera a Maria Vergine (pel mese di Maggio)
14. Un saluto a Maria SS. ....
15. Alla Regina del cielo .....
16. E viva Maria !......
17. Canzoncina dopo la Benedizione Eucaristica
18. Al SS. Sacramento .....
19. Rosario del SS. Sacramento
20. Gloria Patri ......
21. Pange lingua .....
22. Pange lingua ......

CON questi "CANTI RELIGIOSI"(1938), in cui si rispecchia l'aspetto mistico dell'anima del popolo siciliano, completo la raccolta dei Canti popolari della mia Isola, iniziata nel 1883 (Eco della Sicilia - Ed. Ricordi) e proseguita nel 1890 (Canti della Sicilia • Ed. Forlivesi) nel 1904 (Natale Siciliano - Ed. De Marchi) e nel 1936(Antiche canzoni di Sicilia -Ed. Carisch S. A.)
Il testo italiano di alcune canzoncine sacre - o per Natale o in lode della Vergine SS. - deve attribuirsi principalmente al rapido diffondersi nelle chiese, delle poesiole sacre che S. Alfonso M. De' Liguori racchiuse nel suo libretto di devozione "Massime eterne„; l'esempio del Santo non tardò di essere imitato da ignoti poeti.
E' da notarsi però, che ogni melodia - sia monodica che corale che riveste il testo italiano - rispecchia intatti i caratteri etnofonici del canto popolare siciliano.
Anche questa - come le mie precedenti raccolte - comprende canti in prevalenza della provincia di Catania, e la maggior parte di essi appartengono al secolo XIX. F. P. Frontini






sabato 13 dicembre 2014

Mario Rapisardi (Catania,1844 - 1912) - Bibliografia

"Io che tutta donai la mente al Vero,  Né più mi tocca il cuor biasimo o lode..."


  Ode a S. Agata 1859. [Foglio volante a stampa diffuse a Catania nel febbraio del 1859; (riprodotta, con il titolo «Per il di cinque Febbraio 1859 Ode», da Vincenzo Casagrandi in «Archivio Storico per la Sicilia Orientale», S. 2a, a. III-IV, 1927-28, Catania 1928, pp. 393-94 (sestine 12)].
  Fausta e Crispo Poemetto Catania, Tip. di P. Giuntini, 1861, pp. 53.
  Canti Catania, Tip. di C. Galàtola, 1863, pp. 89.
  Per i tristi avvenimenti di Torino Ode Napoli, Tip. di Carlo Zamach, 1864, pp. 8.
  A Dante Ode Per il monumento a Dante in Firenze, 1865 (aprile).
[Ne «La Gioventù», Ragguagli d'educazione ed istruzione, a. IV, vol. VII, N. 5, Firenze 1865 (vv. 152)].
  Ode a Bellini, 1867
  La Palingenesi Canti dieci [Poema]Firenze, Tip. Successor! Le Monnier, 1868, pp. XIV-309.
  Le Epistole a Francesco Dall'Ongaro , 1868
  Francesca da Rimini, fantasia drammatica, 1869
  Alla Natura Inno recitato al banchetto della Società italiana di scienze naturali
tenuto a Catania il giorno 23 agosto 1869.Catania, Stabil. tip. Caronda, s.a. [ma 1869], pp. nn. 4.
  Il Tasso di S. Anna versi di Lucio Finocchiaro (Catania, 1870), in «Gazzetta di Catania», quotidiano, a. V, n. 22, Catania, 28 gen-naio 1871, p. 2.Recensione di M. R[apisardi]
  Principii d'arte. Introduzione allo studio della Letteratura italiana Discorso letto nella R. Università degli Studi di Catania dal Prof. M.R. Venezia, Stabil. Grimaldo e C., 1871, pp. 22.
  Ricordanze Versi Pisa, Tip. Fratelli Nistri, 1872, pp. 206.
[Poi con titolo: Elegie, 5a ediz., Livorno, Tip. di F. Vigo, 1889].
  Catullo e Lesbia Studi Firenze, Successori Le Monnier, 1875, pp. 322.
  Quinto Ennio [saggio critico] in «Nuova Antologia di Scienze, Lettere ed Arti», S. 2a, vol. II, Fasc. VIII - Firenze, agosto 1876 (pp. 681-697).
  Lucifero Poema Milano, Libreria editrice G. Brigola e C., 1877, pp. 403. [Prima impressione non pubblicata: Firenze, Barbera Ed., 1876].
  Versi, Milano, ed. Brigola, 1878
  La Beatrice di Dante Studio Firenze, Tip. della Gazzetta d'Italia, 1877. (Estratto dalla «Rivista Europea - Rivista Internazionale», Firenze, 16 agosto 1877, pp. 38).
  Le ultime ore di Pio IX [versi] Roma, F. Capaccini ed., 1887, pp. 16.
  A Gaetano Ardizzoni e Giuseppina Crupi nel giorno delle nozze Versi.
Catania Tip. di C. Galatola, nel R. Ospizio di Beneficenza, s.a. [1879, aprile].
  Ode al Re. Firenze, Arte della Stampa, 1879
  Il nuovo concetto scientifico Discorso per l'inaugurazione dell'anno scolastico 1879-80 nella R. Università degli Studi di Catania. Catania, Tip. di C. Galatola, 1880, pp. 74.
  traduzione di La Natura, libro VI di Lucrezio. Milano, Brìgola, 1880, pp. 74
  An Giselda Wien (M. Salzer), 1880, pp. 8.
  Da una necrologia in: AA.VV., Catania Casamicciola Raccolta di scritti vari
Catania, N. Giannotta Ed., 1881 (pp.5-9).
  XXXI Marzo Ode Catania, N. Giannotta Ed., 1882, pp. 12.
  Il Vespro e i Comuni (Rapisardi - Bovio - Pantano) Catania, N. Giannotta Ed., 1882
[Lettera di M. Rapisardi, Catania 20 marzo 1882, pp. 11-13].
  Giustizia, versi. Catania, Giannotta, 1883 pp. 95
  Dal "Giobbe" (Parte prima) in «Nuova Antologia...», S. 2a, Vol. LXXII, Fasc. 23 - Roma, 1 dicembre 1883 (pp. 556-58; vv. 80).
  Altre poesie politiche e sociali, 1883 - 1900
  Peccati confessati in Primo passo, note autobiografiche raccolte da Ferdinando Martini, 2a ediz., Roma 1883.[Poi in Spigolature premessovi Peccati confessati, Roma, E. Perino Ed., 1884].
  traduzione di Le Odi di Orazio. Id ib. 1883
  Frecciate
  Giobbe, trilogia. Catania, Tropea, 1884 pp. 415
  Ai volontari della Carità Ode Catania, C. Galàtola, 1884, pp. 8.
  Carlo Ardizzoni Catania, Tip. C. Galàtola, 1886 [3 gennaio].
[Foglio ripiegato con fregi di lutto contenente «Iscrizioni», da 1 a 6].
  Poesie religiose Catania, F. Tropea Ed. (Firenze, Tip. dell'Arte della Stampa), 1887, pp. 174
  Versi scelti e riveduti da esso Milano, U. Lombardi e C., Editori, 1888, pp. 228.
  Epigrammi, 1888
  Traduzione integrale delle poesie di Catullo. Napoli, Pierro, 1889 pp. 143
  Per Nino Bixio Ode Catania, F. Tropea Ed., 1890, pp. 9.
  In memoria di Aurelio Saffi Versi di Algernon Charles Swinburne parafrasati da M.R. Catania, Coi tipi di C. Galàtola, MDCCCXC, p. 7
  Empedocle ed altri versi. Catania, Giannotta, 1892 pp. 193
  Traduzione del Prometeo liberato di Percy Bysshe Shelley. Palermo, Pedone, 1892 pp. 160
  Leone dialogo. Catania, Giannotta, 1894 pp. 30
  L'Atlantide poema.Catania, Giannotta, 1894 pp. 266
  Prefazione [Lett., Catania 10 febbraio '94] a: Napoleone Colajanni, Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause Palermo, R. Sandron Ed., 1894 (pp. 3-5).
  XX Settembre. Ode Catania, Giannotta, 1895 pp. 9
  Per la venuta de' Gesuiti, Versi, Catania, Giannotta 1895 pp. 8
  Foglie sparse
  Africa orrenda Versi. Catania, Giannotta, 1896 pp. 30
  Ellenia madre (versi)Catania, N. Giannotta, 1897, pp. 20.
  Horatius Flaccus Quintus Le Odi di Q. Orazio Flacco tradotte da M.R. Catania, N. Giannotta, 1897, pp. 203.
  Le due voci [versi] in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. LXXII, Fasc. 621 - Roma, 1 novembre 1897 (p. 69 e ss.).
  Amatea [versi] in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. LXXIII, Fasc. 625 - Roma, 1 gennaio 1898 (p. 81 e ss.).
  L'Asceta [versi]in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. LXXVI, Fasc. 638 - Roma, 16 luglio 1898 (pp. 253-264).
  Don Josè Frammenti in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. LXXVIII, Fasc. 647 - Roma, 1 dicembre 1898 (pp. 385-394).
  Un vinto [versi] in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. LXXX, Fasc. 653 - Roma, 1 marzo 1899 (pp. 3-13).
  Un santuario domestico. Commedia rapresentata a Roma nel 1894; stampata a Firenze nel 1897 pp. 35
  Polifemo [versi] in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. LXXXII, Fasc. 664 - Roma, 16 agosto 1899 (pp. 577-581).
  Rule Britannia! Ode Catania, Tip. N. Giannotta, 1899 (dicembre), pp. nn. 5. [Edizione di sole 50 copie numerate].
  Dopo la vittoria [versi] in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. LXXXV, Fasc. 673 - Roma, 1 gennaio 1900 (pp. 3-6).
  Metamorfosi [versi] in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. LXXXVI, Fasc. 680 - Roma, 16 aprile 1900 (pp. 613-19).
  L'impenitente [versi]in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. XC, Fasc. 696 - Roma, 16 dicembre 1900 (pp. 377-389).
  Ai giustizieri della Cina Ode 1900 (dicembre), in «La Vita Internazionale», Rassegna quindicinale, a. IV, fasc. 2° - Milano, 20 gennaio 1901
  L'avoltojo [versi] in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. XCII, Fasc. 702 - Roma, 16 marzo 1901 (pp. 211-220).
  Nel triste asilo [versi] in «Nuova Antologia...», S. 4a, Vol. XCV, Fasc. 715 - Roma, 1 ottobre 1901 (pp. 385-400).(Estratto dalla «Nuova Antologia...», Roma, Direzione della Nuova Antologia, 1901).
  L'Asceta ed altri poemetti Catania, N. Giannotta Ed., 1902, pp. 222.
  Lucio Boscarini commemorato da Rapisardi,...
per «L'Instituto di Scienze, Lettere e Arti», XVI-II-MCMVI. Catania, Tip. Monaco e Mollica, 1906 (pag. nn).
  Nozze immortali [sonetti, I-VII]
in «Nuova Antologia...», S. 5a, Vol. CXXIX - Fasc. 850 - Roma, 16 maggio 1907 (pp. 193-196).
  Ricordando Marx (versi) sta in: Marx Carlo - nel XXV anniversario della sua morte, Roma, 14 marzo 1908 [Numero Unico] Roma, Tip. Popolare, 1908, (pp. 4).
  Poemi liriche e traduzioni Remo Sandron Ed., Milano - Palermo - Napoli, s.a. [1911]. pp. XI-538.
  Poemetti (1885-1907) [3a ediz.] - Iscrizioni
R. Sandron Ed., Milano - Palermo - Napoli, s.a. [1912?], pp. is
  Scherzi - versi siciliani, a cura di A. Tomaselli - Catania, Etna 1933


  
Orazioni accademiche, studi critici e lezioni
  L'arte è imperitura
  La poesia filosofica
  La morale dell'arte
  Democrazia e arte
  Decadenza e rinnovazione dell'Arte
  L'ideale della Nazione
  Della Morale Epicurea
  Petronio Arbitro
  Della fama d'Orazio fino a' dì nostri, in Italia
  L'ideale politico di Vittorio Alfieri
  La religione di Vittorio Alfieri
  Idealismo e positivismo
  Dall'Elogio d'un Pazzo
  La Beatrice di Dante
  Studio su superuomo




Bibliografia - Critica -

Dopo la lettura del Lucifero - Ardizzoni G.Catania, Galatola, 1877.

Il Lucifero e i suoi critici Cipolla S., in « Rivista Europea », a. VIII, 1877, vol. II, fasc. 3 e vol. III, fasc. 1.

Satanismo, in Studi critici - Trezza G.Lipsia, Drucker e Tedeschi, 1878.

Polemica -  Federico De Roberto, fu  il suo esordio letterario con il saggio Giosuè Carducci e Mario Rapisardi. Polemica, pubblicato a Catania dall'editore Giannotta nel 1881.

Confessioni e battaglie - Carducci G., serie prima, Opere, XXIV, Bologna, Zanichelli, 1939 (gia nell'opuscolo Carducci e Rapisardi citato; e in Confessioni e battaglie di G. C., serie Ia, Roma, Sommaruga 1882).

Giobbe e la critica italiana - Natoli L., Catania, Tropea, 1884.

Satana e il satanismoCarducci e Rapisardi, in Scritti letterari e politici -
Gemelli C., Roma-Torino, Loescher, 1887.

Colajanni e Rapisardiin « Il Futuro sociale » - Albani F.,  genn. 1894.

Saggio critico sulle Religiose di M. R. - Menzo A., Catania, Giannotta, 1894.

II Satana nell'arte - Quarta D'Alberto F., 1898. Roma

Mario Rapisardi - per A. Lalia Paternostro, Napoli, ed. Anacreonte Chiurazzi 1898

Onoranze a Mario Rapisardi - Catania, Di Mattei, 1899 (Scritti di: B. Sperani, G. Crescimone, F. guardione, F. Montalto, L. Natoli, G. Grassi Bertazzi, G. A. Corrieri, S. Sottile Tomaselli, A. Menza, G. Zuppone Strani, G. Romano Catania, G. Pipitone Federico, V. La Scola, G. Crescimanno, G. Lanzalone, D. Degrazia, M. Mandalari, F. Zamboni, A. Campanozzi).

Conversazioni letterarieserie I" - Cesareo G. A.,  Catania, Giannotta, 1899.

Su per l'erta - Mastri P., Bologna, Zanichelli, 1903.

Il Poeta Etneo - Cino Accàscina, Il Secolo XX 1903

La legge della vita e un poeta moderno: « Nomos » di M. Rapisardi - Barbano 0. M., in « La nuova parola », settembre 1904.

La letteratura della nuova Italia - Croce B., vol. II, Bari, Laterza, 1921 (il saggio sul R. e del 1904).
                                                                                                          
Il Moderno Bettinelli M. R. giudicato da B.Croce di S. Sottile Tomaselli - F. Andò 1905

Polemica carducciana - Romagnoli E.Firenze, 1911.

Mario Rapisardi - Guardione F., Palermo, Sicania, 1912

Mario Rapisardi di  A. De Gubernatis  - R. Sandron 1912

Mario Rapisardi di V. G. Gualtieri - G. Maltese 1912

Feticisti Carduccini con lettere di M. R. - di Fr. Enotrio Ladenarda - G. P. Lauriel 1912

Mario Rapisardi epico - Garoglio D., in « La voce », 9 maggio 1912.

// Poeta dell'uman genio - Di Rosa G., Palermo, Sandron, 1912.
Primulae - di V. Cammareri - G. Principato 1912

Per M. R  - Guzzetta M., Trapani, Gervasi-Modica, 1912.

Mario Rapisardi - Anselmo A., Messina, Off. grafiche « La Sicilian 1912.

Mario Rapisardi Giudici P. E.,Firenze, Nerbini, 1912.

Mario Rapisardi - Saccheri A., Genova, Pelagi, 1912.

Mario Rapisardi nell'arte e nella letteratura - Vincenzo Rapisardi, Catania, Regi Uffici 1912

Mario Rapisardi - Domenico Maggiore, Napoli, La luce del pensiero 1912

Mario Rapisardi, in « Corriere di Catania »Momigliano A.,  5 maggio 1913. (Commemorazione tenuta a Catania nell'anniversario della morte del poeta. L'ultima parte e riportata in « Lettere Italiane », a. IX, n. 2, aprile-giugno 1957, pagg. 127-135).

Spiriti e forme del divino nella poesia di M. R- Calogero Vitanza, Nicosia, Ed. del lavoro 1913

L'OPERA di Mario Rapisardi - di G. Perticone - Sandron 1913

La vita e il libro - Borgese G. A., serie III, Torino, Bocca, 1913.

Care ombre - Farina S., Torino, Sten, 1913.

Onoranze a M. R. nel primo anniversario della sua morteCatania, Giannotta, 1913.

L'opera poetica di M. R.di C. Pascal - F. Battiato 1914

Lettere a C. Reina di A. Tomaselli - P. Lauriel 1914

Nuove foglie sparse di A. Tomaselli - P. Lauriel 1914

Un ingegno solitario - Dognazzi Rinaldi G., Catania, Monaco e Mollica, 1914.

M. R, et les raisons de sa vogue - Dejob ch., in « Bullettin Italien», XV, 1, 1915.

M. Rapisardi lettera aperta a B. Croce - di FR. E. Ladenarda - G. P. Lauriel 1915

Pensieri e giudizi di A. Tomaselli - P. Lauriel 1915

Le Ricordanze di Mario Rapisardi - Eugenio Alberti , Palermo, Paravia, 1915.

La fantasia -M. Rapisardi e la guerra - di M. De Greco Chiaramonte - Catania,
La Siciliana 1915

L'arte e il pensiero di Mario Rapisardi - Tauro De Tintis F., Recanati, Stab. Tip. R. Simboli, 1920.

L’ode alla Martire di Delaroche  di Mario Rapisardi: studio critico di Eugenio AlbertiAntonino Trimarchi - Palermo 1920

Mario Rapisardi - Russomanno U., Reggio Calabria, Surace, 1921.

La poesia di Mario Rapisardi - Samperisi G., Palermo, Tri-marchi, 1922.

Epistolario di A. Tomaselli - F. Battiato 1922

M. R. uomo-pensatore-poeta - Sottile Tomaselli S., Palermo, Corselli, 1922.

M. R. nelle sue opere postume - Personne M. A.,  in « Nuova Antologia », 1 luglio 1924.

La polemica Rapisardi-Carducci nella luce dei documenti rapisardiani - De Maria U., in « La fiera letteraria », 16 gennaio 1927.

Saggi sulle liriche di M. R. di A. Stazzone Russo - G. La Badessa 1928

Raccolte di poesie scelte dai poemetti e dalle liriche - di Nunzio Vaccalluzzo, Palermo,  R. Sandron 1930
Prose Poesie e lettere postume di L. Vigo-Fazio -  A. Formica 1930

Mario Rapisardi - di Nino Cappellani - S. E. Moderno 1931

primi passi di Mario Rapisardi e le sue relazioni con Pietro Fanfani - Jannone G., in « Civiltà Moderna», 15 febbraio, 15 aprile e 15 giugno 1931

Commentario Rapisardiano di A. Tomaselli - Etna 1932

Rapisardiana - Trompeo P. P., in « Cultura », 1932, pagg. 137-144; ora nel vol. Carducci e D'Annunzio, Roma, Tumminelli, 1943.

Rapisardiana - Bevilacqua E., in « Catania », rivista del Comune, marzo-aprile 1932.

Scherzi, versi siciliani - Alfio Tomaselli - Etna 1933

La poesia di Mario Rapisardi - Losavio F., in « Rassegna nazionale », agosto-settembre 1933.

/ libri di Mario Rapisardi nella Biblioteca civica di Catania - Viola O., in « Catania », VI, 3, 1934.

in « Nuova Antologia »Borgese G. A.,  16 novembre, 1 dicembre e 16 dicembre 1937.

Breviario Rapisardiano - di A. Tomaselli - Catania Fratelli Viaggio-Campo 1938

L'arte poetica e il pensiero politico religioso di M. R.-
di G. Cammarata - La Celere 1944

Sicilia amorosa - Tatané G., Milano, 1946.

11 nucleo lirico nella poesia di Mario Rapisardi - Guglielmino F., in « Siculorum Gymnasium », gennaio-giugno 1949.

Le ideologie socialistiche in Italia nell'eta del positivismo evoluzionistico (1870-1892)BULFERETTi L., , Firenze, 1951.

De Felice Giuffrida capo del movimento popolare catanese - Renda F., G. in « Movimento Operaio », novembre-dicembre 1954; ora nel vol. il movimento contadino nella società siciliana, Palermo, 1956, pagg. 103-106.

Su una lirica inedita di Mario Rapisardi, in « Ausonia »,V. P. V.,  marzo-aprile 1955 (a proposito della lirica « Madre », rinvenuta da Francesco Acerbo e pubblicata sul « Giornale d'ltalia » del 1 gennaio 1955).

Mario Rapisardi pittore - di Francesco Granata 1956

La poesia di Mario Rapisardi nel movimento intellettuale e sociale della fine del sec. XIX -Romano S. F., in « Quaderni del Meridione », a. I, fasc. 3 e 4, 1958.

Radicalismo e Socialismo in Sicilia (1860-1882) - Cerrito G.,  Firenze-Messina, D'Anna, 1958 (sul R. cfr: le pagg. 366-367).

Mario Rapisardi - Pappalardo vigliar V., in « L'ora » di Palermo, venerdi 5 - sabato 6 gennaio 1962.

Mario Rapisardi (Nel cinquantenario della morte),VIGO-FAZIO L., Catania, 1962 (I saggi raccolti risalgono agli anni 1922, 1924, 1933).

Mario Rapisardi Pasquale Tuscano ed. Maia- Siena 1963.

Volume in onore di F. De Roberto e di M. Rapisardi Società di storia patria 1963

M. R. Antologia poetica di E. Scuderi - Giannotta 1968

Apologia di M. Rapisardi di L. Vigo-Fazio - Giannotta  1983

L'odio di Francesco Petrarca e altre lezioni di poetica e di critica - di Paolo Mario Sipala - Del Prisma, 1990

M. R. L'uomo e le sue passioni di V. Casagrandi - Bonanno, 1991

Una vita tormentata - di Sebastiano Catalano - La Tecnica della scuola, 1991

''Petrolio e assenzio'' - La ribellione in versi (1870/1900), a cura di Giuseppe Iannaccone,  ed. Salerno editrice Roma, 2010