Singolarissimo ingegno nelle molteplici sue manifestazioni. Sul frontespizio delle sue raccolte di versi suole egli aggiungere al proprio nome il titolo di pittore : reciprocamente, non è possibile considerare le sue tele senza chiamarlo poeta. Del poeta egli ha l'alata fantasia, la vivace immaginazione, le invenzioni originali, i lampi rivelatori.
L'arte sua non si può ascrivere a nessuna delle scuole conosciute, delle categorie definite; quando pare che egli si accosti a qualcuna, tosto con un colpo d'ala se ne dilunga, trascorre ad un genere opposto, serbando sempre un suo proprio indelebile e impareggiabile carattere.
Il simbolismo della Cucitrice eterna, della Tentazione,Vendetta di Rettile, dà luogo al realismo delle Compagne d'una volta, del Filtro d'amore, al romanticismo della Tentazione, al preraffaellismo della Maddalena e Giuda ; ma il preraffaellismo, il romanticismo, il realismo,il simbolismo, non sono voluti dall' autore, non sono da lui cercati tanto meno studiati : sono invece modi che il suo spirito ha naturalmente ed istintivamente assunti nel dar forma ai fantasmi che lo agitano.
Tanto è vero, che questi modi diversi si dànno in lui la mano, come non sarebbe possibile se egli si fosse ascritto, sia pure una volta tanto, a qualcuna di queste scuole.
Calcedonio Reina (Catania, 4 Febbraio 1842 - 10 Novembre 1911)
Avviato dal padre, lo scienziato prof. Euplio, alla medicina, studiò contemporaneamente, e da solo, pittura. Il Morelli, visti alcuni suoi lavori, lo ammise fra i suoi discepoli. Temperamento malanconico e mente versatile, si dedicò alternativamente alla pittura ed alla poesia, i suoi numerosissimi dipinti incontrarono scarsa fortuna per i motivi tristi che vi erano raffigurati. Nel 1871 ritornò a Napoli e lo stesso anno fu presente all’Esposizione di Napoli con molti quadri. Egli partecipò a parecchie esposizioni: alle mostre della Promotrice "Salvator Rosa" dal 1873 al 1904: nel 1873 con Sicut mors caecus; nel 1875 con Cuor malato; nel 1877 con Teclam, acquistato dal suo intimo amico Mario Rapisardi; nel 1880, con Dama bianca; nel 1882 con Amore, trovasi nel Museo Civico di Catania, dove pure è conservato Amore e Morte, esposto nel 1881 a Milano; nel 1888, con Il ragno del chiostro, acquistato da re Umberto I. All’Esposizione tenutasi in Napoli nel 1877 presentò: Accaduto nel corretto; Miserere; a Torino, nel 1880, Amore e morte, predetto; a Roma, nel 1883, Per Montecarlo, andato distrutto; a Berlino, nello stesso anno, alla Prima Esposizione d’Arte Italo-Spagnola, La Tentazione; a Palermo, all’Esposizione Nazionale del 1891-92: Campagne di una volta ed Espiazione; a Milano nel 1897, alla Triennale di Brera, Vendetta. Oltre che del Rapisardi, fu molto amico del Verga. Pubblicò un volume di poesie, "Canti della Patria".
Sue opere sono visibili presso Banco di Napoli e Galleria Nazionale di Capodimonte(NA) .
Per G. Barbera," la sua figura fu tra le più interessanti nel panorama artistico meridionale " .
Poesia e musica
Romanze
Romanze
Destati, versi di C. Reina, musica di Francesco Paolo Frontini, Lucca, 1878 |
Abbi pietà, versi di C. Reina, musica di Francesco Paolo Frontini, Ricordi, 1885 |
Folchetto,versi di C. Reina, musica di Francesco Paolo Frontini, Ricordi, 1885 |
Orientale, versi di C. Reina, musica di Francesco Paolo Frontini, s.m.napolitana, 1898 |
Serènadè Arabe, versi di C. Reina, musica di Francesco Paolo Frontini, Carisch |
Produzione letteraria
I canti della patria — versi — Firenze 1872. |
Per la morte del padre — elegia — Napoli 1877. |
Chiaroscuri — versi — Catania 1885. |
La Fata e la Mara |
I notturni |
Leggende reali — Napoli 1894. |
Sa Kuntàla — dramma di Calidasa ridotto a scene liriche in 4 parti, messo in musica dal Maestro S, Malerba Catania 1896. |
Opsara — leggenda drammatica — Catania, 1898. |
Dio — Affermazione dell' incredulità e della Filosofia — Catania 1900 |
Vincenzo Bellini — (1801-1835) con un'ode di Mario Rapisardi, 1902. |
Caronda e le sue leggi — Catania, 1906. |
Voci dello spirito — Catania 1907 ( di Mario Rapisardi )
Mario Rapisardi - da Giustizia
La cucitrice
(per un dipinto di Calcedonio Reina)
Seduta sopra un trono d'ossa, alla scialba luce
Del tramonto, in un vasto campo la Morte cuce, Infaticabilmente cuce, avvolta in un bianco Lenzuolo, incoronata d' asfodeli: al suo fianco Una forbice acuta dal pernio adamantino, Dall'affilate lame d'acciajo; sul cuscino Di porpora, ove adagia i piedi ischelitriti, Che mostran dalla veste Candida i gialli diti, Una civetta immota dagli occhioni ritondi Di topazio; lontano per gli spazj profondi Un suon d'orgie e di fieri gemiti. Ed ella, sopra Le ginocchia piegando il teschio, affretta l'opra: Un'ampia coltre nera di velluto, che ingombra Con ricchi ondeggiamenti l'arido piano. L'ombra S'avanza, ed ella cuce : infaticabilmente Mena tra le falangi rigide il rilucente Ago d'acciaro; e l'aureo fil che mai non si spezza Tira tira con alta mano al lavoro avvezza. E più e più s'addensano, s'addensan l'ombre;ed ella Assidua sgobba al raggio d'una vermiglia stella. L'opera è presso al fine; e già fornita; scocca Un'ora; ed ella, a un ghigno dilatando la bocca, Balza, la coltre stende, gli stinchi scricchiolanti Agita al ballo, c l' aure empie di strilli e canti. -Voi che in seta ed in velluto Sbadigliando le groppe adagiate, E su lane istoriate Strascinate augusti il piè, Voi che in morbido origliere, Aspettando del sole il saluto, Vi crogiate, vi crogiate Come papi e come re; O paffuti e tondi eroi, Che dal lombo d'Anchise calate, O dall'anca d'un droghiere, E il mestiere di godere Con gran plauso esercitate, O paffuti e tondi eroi, Qui posate, qui posate : Quosta coltre e ben da voi! - Alla plebe, alla bordaglia, Che a servire ed a piangere è nata, Altra sorte ha il ciel serbata Di lei degna, oscura e vil: Per lei, viva e morta infame, C'è la forca, il baston, la mitraglia, C'è la fame, c'è la fame Che la porta al nero asil. O paffuti e tondi eroi, Che dal lombo d' Anchise calate, O dall'anca d'un droghiere, E il mestiere di godere Con gran plauso esercitate. O paffuti e tondi eroi, Qui posate, qui posate: Questa coltre è ben da voi ! — Così canta per l'alta notte.Alle voci strane Sbucano sperisierati dalle marmoree tane (Tane che sembran reggie) da' casini, odorosi Di muschio e di godute carni, da' clamorosi Teatri, dalle bische, ove in abito nero Di matrona panneggiasi la Frode, e con austero Volto di gentiluomo il Furto infila i guanti; Dalle tradite alcove sbucano i tracotanti Figli della Fortuna, sfatti dall' ozio, bianchi Dalla veglia, d'amore sazj, di danze stanchi, Tumidi e sofferenti di cibo e di piacere, (Poveretti, il destino li ha dannati a godere !); Si affrettano, si pigiano, s'abbandonano vinti Dal sonno, o dalla ferrea Necessità sospinti, La nel campo deserto, ove con man secura Li ravvolge la Morte nell' ampia coltre oscura. |
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