Girolamo Ragusa-Moleti (1851 - 1917), nato a Palermo il 14 gennaio 1851.
Scrittore e rinomato
giornalista, collaborava per le riviste più autorevoli.
Direttore della R. Scuola
Tecnica di Palermo.
Profondo conoscitore della letteratura Francese, sostenitore
d’Emil Zola e della scuola naturalistica fin dai tempi del suo saggio sul
realismo, fu, anche nella scelta
degli autori francesi da analizzare, "ribelle dei ribelli", Percorso,
com'era, da "un soffio iconoclastico di violenta rivolta contro i mali del
mondo", fu naturale, per lui, dare tutto il proprio contributo a quel
foglio palermitano - "Il Momento" - sul cui secondo numero era
apparsa l'effigie d’Emil Zola.
Accostatosi all’opera di Baudelaire, che lo terrà
legato a se per vari anni, nel 1878, dopo uno studio approfondito della
letteratura baudelairiana, pubblica un saggio - e si tratta, molto
probabilmente, della prima monografia dedicata da un italiano al poeta francese.(...)
Qualche volta lo si vede guizzare come un pesce per le vie di Palermo, — furioso, affrettato, quasi ansante — con un mozzicone di sigaro fra i denti, col cappello a sghembo, con i capelli che gli scappano a ricci ed arruffati sulla fronte e sulle tempie, con la cravatta che ad ogni suo movimento di braccia e di spalle gira sul collare, per la semplicissima ragione che egli non vuol mai sottometterla alla tirannia d'uno spillo...
Ragusa è vano di due cose: dei suoi denti bianchi e delle sue pupille nere. Quelli occhioni neri, grandi, espressivi sono lo specchio di ogni sentimento che egli prova, ed esercitano — mi dicono — molto fascino sulle signore... Ma io non voglio entrarci... e me ne lavo le mani.
* * *
Quando Ragusa non corre e sta fermo a discorrere, è raro che non si metta a ridere. Ride spesso, ride sempre — quando non è annoiato, s'intende — ride anche quando le sue tasche sono all'asciutto. Lo si potrebbe chiamare l'uomo che ride...
Una lettrice m'interrompe per esclamare:
— Ride per farsi vedere i denti!
Ecco qua: potrebbe darsi, ma non lo credo.
Comprendo benissimo che se Ragusa avesse i denti neri non riderebbe tanto di frequente — ad ogni modo non supponga la mia signora lettrice, che l'autore delle Solite Storie difetti di cuore. I romanzieri cuore ne hanno sempre a bizzeffe. Ragusa, dopo di aver canzonato un individuo o ricamato la burletta sopra un libro, sa contemplare con occhi scintillanti un tramonto, sa inebbriarsi dei profumi di zagara e di gelsomino — sa parlare di noia, di scetticismo, di nulla — sa maledire alla vita.
Appartiene al secolo — ecco tutto.
Taluni lo chiamano il pazzo : lui lo sa e si mette a ridere.
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Giovanetto amò i piaceri e il bel tempo, mandò a carte quarantotto lo studio e gavazzò per qualche tempo nel mestiere di scapestrato. Si fece cavaliere errante delle donne... facili... molto facili — e siccome questo apostolato... galante a Palermo si sostiene a furia di sciabolate, Ragusa seppe fare onore alla sua lama e le sue sei o sette ferite che ha seminato sul corpo ne fanno una testimonianza chiara e lampante.
Un bel giorno Ragusa s'innamorò...
Ma lasciamo parlare lui stesso, nelle Solite Storie
__ giacché dovete sapere che, nei suoi romanzi, Ragusa
ha la stessa abitudine di Miirger e sotto gli abiti di Giorgio Biondini spesso s'indovina l'autore.
Ma non divaghiamo.
«— La fantastica testolina (è un brano delle Solite Storie) quella sera non si fece però vedere. Biondini credeva per la paura di pigliare un catarro, ma invece era stato il babbo, un don Leonardo qualunque, che l'avea persuasa che non c'era decoro a fare un romanzetto con un asino e un rompicollo. Aveva forse torto?... La fanciulla che era già una donnina e sapeva fare i suoi conti, fece sapere quel giudizio paterno a Giorgio, aggiungendo che una fanciulla perbene deve essere ubbidiente ai voleri dei parenti. Leggendo quella letterina scritta in un foglietto liscio, ambrato, a Giorgio erano salite in viso le vampe della collera; pensò un momento, quindi mormorò fra i denti stretti: Non sarò più né un asino né un rompicollo.
Quanto agli amici, fece brigata nuova; anzi, per meglio dire, nei primi tempi della sua conversione, non vide più nessuno. Si chiuse in casa dicendo: 'Studiamo!' Ma studiare è una bella parola; a questo mondo si può studiare cose infinite, e so che, scoperta la vocazione, indovinato se stesso, non ci vuol altro che seguitare giorno per giorno e qualche cosa spunterà. Ma il nodo sta appunto nello indovinare codesta sciarada della vocazione.
Fare una ventina di versi laidi non vuol dire essere nati con l'estro in corpo, né sciogliere un problema alla lavagna, e restar pensieroso davanti una pignatta che bolle o un fulmine che casca, vuol che si sia un Archimede, un Walt o un Volta. Pure Giorgio non era giovane da tirarsi indietro, e cominciò a studiare senza metodo, senza sistema, assai il giorno, più assai la notte, tanto per formare l'abitudine ». Questo brano delle Solite Storie che io ho riportato è una specie di autobiografia dell'autore, al quale porgo i più sentiti ringraziamenti perché m'ha risparmiato la fatica di riferire un tratto della sua vita.
* * *
Ma non è completamente vero che egli siasi messo a studiare «senza metodo, senza sistema». Non tralasciando di acquistare delle cognizioni in fisica, nelle scienze naturali e in economia, egli si diede particolarmente e con una specie di amore rabbioso agli studi letterari e filosofici — s'impegnò ad imparar bene la lingua sul vocabolario, sulle antologie, sui capolavori dell'arte — sudando a riempire risme di carta, di periodi, di modi, di frasi, di proverbi — scervellandosi per imparare a scriver bene ed in lingua italiana — avvezzando l'orecchio al ritmo dei versi per scrivere versi egli pure.
Di filosofia egli studiò principalmente quel periodo che per noi ha più importanza —' e che incomincia con Renato Cartesio e termina con Arturo Schopenhauer. Si nutrì di questi studi severi — analizzando uno per uno quei sistemi profondi — imbevendosi di quelle dottrine che hanno saputo scandagliare le ultime latebre del pensiero umano — imparando ad amare quei sommi che trascinarono dinanzi alle loro cattedre intere generazioni. Giorgio Hegel lo ammaliò sopra tutti, del suo sistema ne conobbe il sofisma, ma ne comprese la grandezza e tutt'ora se ne pasce cogli ardori d'un innamorato...
Hegel! Hegel! Quante volte insieme a Ragusa mi son messo a discutere il sistema del grande caposcuola e a un certo punto entrambi ci siamo scongiurati a vicenda di troncare la discussione se no chissà se non saremmo terminali col prenderci a 'pugni.
Per me Kant, Hegel, Schopenhauer sono grandi atleti del pensiero umano — per loro ho un culto sincero e profondo — a loro ho ricorso e ricorrerò sempre adoperandoli come ginnastica della mente. Dall'altro lato comprendo benissimo quanto piccino e tisicuzzo sia il materialismo ai nostri giorni, ma esso mi convince sebbene ancora debole e barcollante — mi convince perché lo sento in me medesimo nella mia vita, nei miei sentimenti, nelle mie aspirazioni —. mi convince perché è frutto dei risultati della scienza — mi convince per il concetto meccanico col quale considera la natura.
Ma l'autore delle Solite Storie imbevuto di Hegel fino al midollo dell'ossa, si burla del materialismo che non ha saputo varcare il Rubicone della coscienza ed interrogato a quale sistema appartenga, risponde:
— Che sistema! nessuna dottrina mi convince; io sono scettico.
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Ragusa — un avanzo dei rompicolli di Mentana __
ora s'infischia della politica e scambia tanto la destra che la sinistra per un pugno di mestieranti. Quei paroloni vuoti, altisonanti — che gli ambiziosi grandi e piccini mettono innanzi come biglietti d'ingresso che li conducano a Montecitorio — lo fanno ridere. Per lui — che ha tanto studiato il pensiero umano sulle pagine dei filosofi — la lotta per la vita non si traduce che in una lotta dell'egoismo, infarinato d'un po' d'orpello per illudere i gonzi. È per questo che egli va altero di quell'ironia che sparge a manate nei suoi versi e nelle sue prose e che — secondo lui — dev'essere uno dei meriti principalissimi dei lavori d'arte.
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Ragusa è lavoratore ma non è sgobbone.
Pubblicò l'anno scorso le Solite Storie — novella che piacque moltissimo e di cui scrissero con somma lode la «Perseveranza», il «Sole», l'« Illustrazione Italiana», il «Diritto», l'« Opinione», e gli altri principali periodici d'Italia, Si ammirò la sua lingua purgata, il suo stile vivace, ironico, spesso quasi nervoso — e in quelle centocinquanta pagine di romanzetto s'indovinarono lo scrittore e l'artista.
Le Solite Storie furono una buona promessa, che l'autore non ha punto l'intenzione di mandare a gambe in aria.
— e in quelle centocinquanta pagine di romanzetto s'indovinarono lo scrittore e l'artista.
Le Solite Storie furono una buona promessa, che l'autore non ha punto l'intenzione di mandare a gambe in aria.
La signora Lilli e il Mal di nervi sono infatti due romanzi che faranno un bel grido e che il Ragusa ha scritto in pochi mesi.
—- E quando si pubblicheranno?
—- Non saprei.
— Manca forse l'editore?
— Che editore! l'editore c'è anzi ce ne son due che attendono l'uno La signora Lilli e l'altro il Mal di nervi, ma l'autore non è ancora disposto...
— A che cosa?
— A correggerli, a rileggerli.
— Perché?
— Perché s'annoia.
Né più né meno. I due romanzi non attendono che la cosidetta limatura, ma Ragusa ha lo spleen degli artisti. È capace di stare un mese lavorando come un cane, e un altro mese... sbadigliando come un turco!
Ad ogni modo queste mie parole valgano almeno ad infondergli un pò di spiritaccio, e a fargli riprendere in mano i suoi manoscritti che a quest'ora sono polverosi come una cartapecora antica!
Io l'ho paragonato ad un turco — or si rammenti egli che attualmente i turchi non dormono — e prova ne siano i telegrammi che l'agenzia Stefani ci regala ad un soldo la sera.
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Ragusa è anche poeta. I suoi versi sono originali nel concetto e nella forma —. riboccanti ora d'ironia, ora di sentimento — essi non seguono la falsariga di nessun poeta, ma rammentano lo studio dei grandi poeti. Vi s'indovina l'autore che ha studiato Heine e Baudelaire — sebbene né l'uno né l'altro vi appariscano; — vi s'indovina il filosofo senza sistema; e l'uomo senza ideale determinato — vi si scorge il linguista che conosce la proprietà dei vocaboli e il poeta che ha lottato colle difficoltà del ritmo.
Delle poesie del Ragusa non se ne sono pubblicate che quattro o cinque — le altre dormono sotto la polvere che vi hanno accumulato l'ala del tempo e lo spleen... turco dell'autore.
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Ragusa ha delle caratteristiche che lo rendono originale.
Egli va altero dei suoi studi filosofici e dei suoi studi di lingua. La filosofia egli la crede un mezzo necessario per comprendere l'arte e per saperla esprimere — e vieppiù si riafferma in questa sua opinione nello scorgere la vacuità di studi di certi scrittori moderni che nei lavori badano più alla forma che alla sostanza — e almeno badassero veramente alla forma!
Ragusa ha 26 anni, è professore di storia e letteratura ed è ammogliato — una caratteristica che nella vita d'un uomo è certo la più interessante. Veste sempre di nero, non beve vino ed ama la campagna... sebbene il lusso d'una villeggiatura — ahimè! — è rimasto finora per lui un pio... desiderio; ma non importa: aggiratevi ogni dopo pranzo per le campagne della Conca d'oro e vedrete la figura di Girolamo Ragusa Moleti designarsi fra gli alberi ed il fogliame.
L'autore di Mea culpa è franco, nemico dell'ipocrisia e della posa.
Ha molti conoscenti, ma pochi amici — è generoso, riconoscente e paga puntualmente i debiti — quando ne ha.
Fra i poeti francesi preferisce Musset — tra gl'inglesi Byron — tra i tedeschi Heine — tra gl'italiani, dopo Dante, preferisce Giusti, che porta sempre in tasca — le poesie, s'intende... non il poeta...
Ha certe espressioni preferite che lo caratterizzano meglio. Quando deve parlare di qualcuno che non gli va a sangue, esclama: — Che imbecille! Un libro cattivo lo giudica a questo modo: — Che porcheria! E quando qualcuno assume la posa d'uomo serio egli dice ridendo: — Ha messo su la pancia.
* «La Farfalla», Cagliari, 3 giugno 1877. E. Onufrio